martedì 5 giugno 2012

LE PASSIONI DEI RACALMUTESI, NEL 1924


Mai forse un paese si è immedesimato così radicatamente con una  festa.
Festa-emblema a tal punto da fare identificare un paese, l’appartenere a un paese, con la Madonna in onore della quale la festa si celebra, anche al di là delle stesse ideologie personali, al di qua di  ragionevoli dubbi, al di qua e al di là dell’Oceano.
           
            Nicolò Tinebra Martorana, pubblicando nel 1897 Racalmuto. Memorie e tradizioni, si dichiara scettico nei confronti della “tradizione” ma poi a pagina 120, nel descrivere la Festa, si abbandona e scrive: “Oh! perché, dico, perché non torna per te il buon tempo antico, tutto entusiasmo religioso? Allora tu saresti il prediletto della Beddamatri del Monte...”.
   
In pieno clima di guerra fredda, nel secolo scorso, il granitico vescovo di Agrigento, mons. Giovan Battista Peruzzo, venne a scuotere i fedeli racalmutesi, che rischiavano di tralignare verso il comunismo, avvalendosi di un argomento irrefutabile.  – Volete, - disse, - il comunismo? E allora vedrete la vostra Madonna del Monte ruzzolare con una corda al collo, strascinata per la scalinata del vostro santuario.
  “Le donne” riferisce Eugenio Napoleone Messana nel suo Racalmuto nella storia della Sicilia, pubblicato nel 1969, “levarono alte grida, gli uomini rabbrividirono”. 

Nei primi Anni Settanta, sempre del secolo scorso, lo stesso Eugenio Napoleone Messana, convertitosi al comunismo per ripicca, scendeva quando poteva dall’Emilia Romagna, dove si era trasferito, e veniva a comiziare nella sua Racalmuto. Esordiva portando col pugno chiuso  “il saluto dei compagni dell’Emilia rossa”, dopodiché, nel bel mezzo del comizio, per alcuni anni si è lasciato andare all’immancabile confessione:  “Ogni anno a luglio, quando penso alla Festa del Monte e sono  lontano dalla mia Racalmuto mi rivuddri lu sangu di li vini (mi ribolle il sangue nelle vene) –  e si premeva significativamente il polso della mano sinistra stringendolo fra il pollice e l’indice della mano destra, tra gli applausi liberatori, naturalmente,  del pubblico, rosso.
Nel 1978, poco prima di morire,  il Messana scriverà la prima versione del testo della Recita in dialetto siciliano La vinuta di la Madonna di lu Munti.

Lo stesso Sciascia nelle Parrocchie del 1956  metteva in dubbio la provenienza della statua della Madonna del Monte dall’Africa, ma quando è il gesuita Monreale a sostenerlo invoca il ghigno di Voltaire, in un racconto del 1987,  per osservare che un gesuita aveva smontato quanto un francescano aveva cercato di dimostrare, vede consumarsi divertito l’assonante detto Chi di ragione ferisce, di ragione perisce; per i racalmutesi però,  e da racalmutese,  avoca la prassi dei napoletani che restano attaccati al loro santo anche se ne è stata messa in dubbio la storicità, e approva quell’anonimo napoletano che “esortava, in una scritta murale, san Gennaro ad infischiarsene del decreto che lo dà per inesistente”.
Quando mai egli stesso, che solitamente rifuggiva la calca, si lasciava sfuggire anno dopo anno la presa della bandiera del “cero” dei borgesi?

            A testimonianza di questo attaccamento, nonostante tutto, alla Madonna e alla Festa del Monte, sono significative alcune lettere di emigrati inviate nel 1924 da New York.
“Since the Madonna del Monte serves a major symbol of cultural and community identification”, ha scritto Sam Migliore, nel saggio del 1988 Religious Symbols and Cultural Identiy: A Sicilian-CanadianExample, dedicato alla comunità racalmutese di Hamilton. “La Madonna del Monte – sostiene l’antropologo di origini racalmutesi,- funge da importante simbolo religioso per l’identità culturale e comunitaria”. Specialmente in terra straniera dove è stato costruito un “pezzo” di paese con il “santuario” e la passiàta: “Alcuni degli anziani passeggiano su e giù per James St. North, visitando occasionalmente i bar o i circoli siciliani allo stesso modo come facevano nella Piazza di Racalmuto”.

Nel V centenario della venuta della Madonna del Monte a Racalmuto, nell’ambito dell’apposito convegno che è stato anche una festa della memoria, avvalorato dalla presenza di autorevoli studiosi, dell’arcivescovo di Agrigento mons. Carmelo Ferraro, dell’arcivescovo di Monreale mons. Cataldo Naro storico del movimento cattolico in Sicilia, sono state lette per la prima volta le parole di uno dei corrispondenti dall’America rivolte all’ingiustamente dimenticato Padre Cipolla, esponente significativo ancorché ignorato del Movimento cattolico siciliano.
A proposito di memoria: gli Atti di quel convegno non sono stati ancora pubblicati, speriamo non dover attendere la ricorrenza del prossimo centenario. I frammenti di lettere che seguono intanto ne rappresentano una pallida anticipazione.

      Il “segretario Archivista della grande Società di Mutuo Soccorso Maria S.S. del Monte fra i cittadini di Racalmuto in New York” -  Ferdinando Ippolito -  a nome  della Società, che  “conta 315 fratelli tutti Racalmutesi”  tempesta Padre Giuseppe Cipolla con una semplice ed esplicita richiesta: l’invio del Dramma-Sacro  pubblicato dal Padre Bonaventura Caruselli nel 1856, ormai introvabile.
     Causa indiretta di una tale richiesta era stato lo stesso Padre Giuseppe Cipolla che aveva chiesto offerte ai racalmutesi d’oltre Oceano in sostegno delle sue iniziative benefiche. Costoro non si limitano a inviare semplicemente qualche dollaro di fraterna carità ma affittano un teatro e allestiscono un cartellone  per due mesi di rappresentazioni ripromettendosi di devolvere generosamente i ricavi:

“New York, 4 Agosto 1924. Al Comitato Pro Istituto – Racalmuto. La Società di N. S. Maria S.S. del Monte ha portato in semblea (sic!) la circolare per formare l’Istituto nel vecchio Castello del Carretto e tutta la Colonia e entusiasmata per tale concetto indi la Società si propone di contrattare un Teatro per dare delle recite e il beneficio andare al detto Istituto. Dunque la Società prega il Comitato di essere tanto cortese di mandarmi il libro della Istoria di Racalmuto ho pure qualche Manoscritto (con l’obligo (sic!) che finite le Recite di sostituirlo di  nuovo) essendo la Colonia Racalmutese entusiasmata vuole recitare qualche Episodio della Istoria di Racalmuto, come per esempio la Venuta della Madonna ed altri Episodi. Il Comitato resta pregato di farci questa Cortesia...”

“New York, 7 agosto 1924. Reverendissimo Padre [...] abbiamo contrattato un Teatro per due mesi (Ottobre e Novembre) per recitare drammi e il beneficio andare per l’istituto a Racalmuto. [...]
        Dunque tutta la Colonia Racalmutese in New York per fare maggiore Concorrenza vuole recitare qualche Episodio che si trova scritto nella Storia di Racalmuto. [..] Ferdinando Ippolito”

     “New York, 15 settembre 1924. Padre Reverendissimo [...] ci facciamo sapere che giorno 4 di Ottobre Sabato sera, daremo la prima rappresentazione il quale si darà il Dramma di Alessandro Dumas “Una notte a Firenze” inoltre a questo ci facciamo sapere che abbiamo scritto alle colonie Racalmutese di Buffalo e di Hamilton Canadà e ci hanno risposto che anche loro lavorano per ricavare qualche sommetta di denaro ed aiutare la nobile iniziativa da lei sviluppata intanto abbiamo deciso di rappresentare La venuta della Madonna il 1 Novembre (giorno di tutti i Santi).
          Dunque Padre Giuseppe Cipolla, alcuni nostri paesani uomini vecchi ci hanno informato che esiste un libro di Padre Bonaventura Caruselli di Lucca, il quale in detto libro si trova scritto il Dramma della Venuta della Madonna completo uso per il teatro. [...] Lei Padre resta pregato di fare il mezzo possibile di procurarci questo libro con questo termino chiedento la sua S.B. da parte da tutta la società. Devotissimo Ferdinando Ippolito”

     “New York, 6 novembre 1924. Pregiatissimo Sacerdote Giuseppe Cipolla, con la presente vengo a dirci che abbiamo ricevuto la sua lettera ed il suo prezioso manoscritto e si figuri la gioia che abbiamo provato tutti [...] l’abbiamo ricevuto il Giovedì sera e tutto il Venerdì e Sabato hanno fatto le prove che hanno riuscite magnifiche, si figuri che il popolo vuole che si recita di nuovo a Richiesta generale la quale noi per appagarli la dobbiamo fare di nuovo. [...] Con questo termino chiedo la Sua S.B. Ferdinando Ippolito”.

“New York, 9 Dicembre 1924. Reverendissimo Padre [...] noi lo ringraziamo di cuore su il suo gentile pensiero di fare ristampare il Padre Bonaventura Carusello (intento il libro) [...] se lei vede che per stampare il libro di Padre Carusello ci vuole troppa moneta noi ci lo sconsigliamo perché non vale la pena di spendere tanta moneta per poche copie – noi ci contentiamo quando ne manda una sola copia quando lo copiamo e subito ci lo spediremo indietro – intanto ci facciamo sapere che la recite al teatro sono finite e speriamo a Gennaio mandarci la moneta intanto finisco il mio dire baciandogli la mano – suo umilissimo servo Ferdinando Ippolito – 267 Elizabeth st. – New York”.
                                                                      
            Come si vede, la grammatica libresca lascia a desiderare, ma quella del cuore e delle predilezioni è di grande valore. La corrispondenza corre lungo diverse lettere tra solleciti e precisazioni ed è una miniera di informazioni non solo sui racalmutesi emigrati, ma anche su quelli rimasti nella madre patria, tutti tra loro in ideale collegamento.
            Questo collegamento arriva fino a noi, fino ai nostri giorni, rendendo attuale la lontana corrispondenza del 1924.



                                                                                             Piero Carbone

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14 commenti:

  1. Facendosi scudo di la Beddramatri di lu Munti, sono state commesse tante sciocchezze da parte di tutti.
    Domenico

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  2. Quante cose apprendo a me sconosciute. Il prof carbone ci allieta con i suoi post.
    Mimmo

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  3. Leggo quello scambio di corrispondenza e non posso fare a meno di pensare agli emigrati, alle loro sofferenze di una vita vissuta lontani dalla propria terra.
    Daniela

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  4. La Madonna del Monte rappresenta il paese e i racalmutesi. Per tutti è così, per chi crede e per chi non crede.
    Lilla

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  5. Appuntamento settimanale con Piero Carbone. Un vero piacere atteso.
    Angelo

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  6. Leggere gli articoli di Piero Carbone emoziona. Pennellate di tempi passati, balzano alla mente le situazioni, le scene, i momenti.
    Grazie Piero
    Salvatore Alfano (Racalmutese Fiero)

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  7. Leggendo gli scritti di Piero Carbone, peraltro bravissimo, la sensazione che se ne ricava è che prima, in paese, si faceva di più. Tutti erano animati dalla buona volontà.
    Luigi

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  8. Noi racalmutesi siamo intrisi di la Beddramatri du lu Munti. Come se la nostra vita ruotasse attorno a quel santuario, la cui campana, le funzioni scandiscono i ritmi di una vita che si trascina giorno dopo giorno. Nel nostro parlare quotidiano c'è la Madonna. Usiamo dire sempre: Beddramatri! n'capu la Beddramatri!
    ti lu giuru n'capu la Beddramatri di lu Munti. Devoti o affezionati?
    Lillo

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  9. Caro Piero,
    una curiosità tra il serio e il faceto, senza volontà alcuna di essere irriverente.
    Visto che hai parlato, nel tuo articolo di Padre Cipolla, volevo sapere da dove nasce la frase: "Nun c'è scuru e fuddra si nun c'è Patri Cipuddra" ?
    Grazie, saluti
    Totuccio

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  10. Perchè non ristabilire veri contatti con gli emigrati e avviare scambi culturali?
    Donatella

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  11. Il solito grande Piero
    Carmelo

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  12. Entrare nel blog e trovare un articolo di Carbone è sempre una bella emozione.
    Alessandra

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  13. Ho avuto modo di leggere le belle poesie del prof. Piero Carbone, uomo di vera sensibilità. Aumenta la stima per la persona e l'apprezzamento per i suoi scritti.
    Lidia

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  14. Chiedo scusa se capita che non risponda tempestivamente a domande e a sollecitazioni scaturite dai vari, come si dice in gergo, post. Non sempre ne ho il tempo a disposizione. In particolare, l'idea di Donatella è interessante, ci vorrebbe un sostegno istituzionale che assicuri la continuità dei rapporti con le varie comunità di racalmutesi nel mondo. Nel passato tutto si è risolto con qualche visita ufficiale di sindaci e arcipreti o in qualche esibizione in trasferta di gruppi folkloristici. Ma l'idea andrebbe ulteriormente caldeggiata. A Totuccio che vuole sapere da dove nasce la frase: "Nun c'è scuru e fuddra si nun c'è Patri Cipuddra", rimando a Sciascia che ne parla in "Occhio di capra" anche se quella spiegazione di uno che si agita per darsi da fare, di "maneggione" insomma, merita ulteriori approfondimenti e integrazioni. Un grazie sempre a tutti gli amici lettori per l'attenzione e gli attestati di stima. Alla prossima.

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