Nel mese di giugno, è buona abitudine dei racalmutesi “acchianarisinni n’campagna”; è la
villeggiatura di tanti che non amano il mare e preferiscono la frescura e la
serenità di un soggiorno nel verde. Durante tale periodo, una volta, venivano
svolte tante attività: si faceva “l’astrattu”, “li chiappi di pumadoru”, “li ficu curati”, “li buttigli di sarsa”.
Anche i miei nonni avevano l’abitudine, d’estate, di
recarsi nella loro casa in campagna, alla
Noce.
Si stabiliva un giorno nel quale veniva il carretto per
il trasporto delle masserizie.
Mia nonna cominciava col raccogliere tutto quanto potesse
servire per il lungo soggiorno.
Le ultime cose che venivano caricate erano gli animali. I
gatti venivano catturati e infilati in un sacco. Bambino, vedevo quei sacchi
che sprizzavano protuberanze da tutte le parti. Le galline venivano legate per
i piedi e, a testa in giù, caricate. Il cane non aveva diritto a viaggiare in
cabina e, quindi, veniva legato con una corda
all’asse del carretto, dove pendeva un lume a petrolio usato di notte,
per segnalare la presenza del mezzo .
Caricato tutto, il carrettiere dava il via al mulo e
partiva. Noi si andava con la macchina presa in affitto da Di Marco, che
stazionava in piazzetta in attesa dei pochi clienti. Si arrivava alla Noce,
varcando “la grada”, dove era
posizionata “la figuredda di lu Cori di
Gesù” e trovavamo mio nonno, partito
di buon ora, “gninucchiuni” che “scippava” erba “di lu chianu”, facendo
innervosire mia nonna, preoccupata del fatto che “Cicciu” -così si chiamava-
in quella posizione, potesse consumare i pantaloni.
La casa era una costruzione dal tetto spiovente, senza
pretese e senza luce, con una piccola porzione,
stalla e pollaio, attaccata alla parte più bassa. Si entrava, varcando
una porta di legno spesso,chiusa la sera “cu
lu monacu” (un pezzo di legno grosso infilato nel muro che bloccava la
porta), in una stanza che serviva da soggiorno e, all’occorrenza, come stanza
degli ospiti, per lo più zii che
venivano per qualche giorno. Superando un gradino, si accedeva alla camera da
letto vera e propria, intasata di “tavuli
e trispa” che formavano dei letti, tanti eravamo i nipoti. Allo stesso
livello del soggiorno, oltre un’apertura senza porta, stava “lu cufulari”, “la bileddra” e, più in
alto, “lu parmientu cu lu tuorchiu”.
Per noi bambini era una vera grande festa, potevamo fare quello che volevamo,
senza controllo alcuno di genitori rigorosi. Dopo il primo giorno, dedicato
all’organizzazione e alle pulizie, tutto prendeva un ritmo regolare, con pranzi
a base di “minestri a vuddru apiertu”,
cavati e “nzalati di pumadoru, sardi
salati, spicuna di chiappari, cipuddri e ova”. Si andava a prendere l’acqua
alle fontane di “Ficamara” o “a la
Menta”. Si usava di solito la cortesia di qualcuno o, in alternativa, si
chiedeva in prestito “la scecca”,
già sellata “cu lu pannieddru”, sopra
il quale stavano “li cancieddri” ,
dove venivano inserite “li lanceddri”.
Noi bambini trascorrevamo il tempo esplorando varie zone nelle vicinanze,
cacciando grilli e lucertole o, muniti di fionde, speranzosi di acchiappare
qualche sfortunato passero. Arrivava il periodo della raccolta delle mandorle.
Veniva “lu mitatieri” Totu e la
moglie Luvigina. Il marito, con degli scarponi così pesanti e rigidi, che non
permettevano, camminando, di piegare il piede e la moglie con un fazzoletto in
testa a mo’ di bandana. Noi bambini aiutavamo, scartando “li burduna” e
raccogliendo mandorle sfuggite alla loro attenzione.
Il pomeriggio il raccolto veniva pesato “cu lu tumminu” e si stendeva all’aria
ad asciugare.
La sera, dopo cena, era usanza fare le passeggiate al
chiaro di luna (non ricordo più un chiarore lunare così intenso, sicuramente
dovuto al fatto che c’erano poche luci); si cantava e si
chiacchierava di tante cose. Prima di rientrare, veniva acceso un lumino “a lu Cori di Gesù” e ci si sedeva “nni
lu limmitu” a pregare. Le mattine,
noi bambini, le dedicavamo a “fari
sulami” ( le mandorle dimenticate a terra).
Tutto scorreva serenamente. Di solito, si metteva qualche chilo e poco si sentiva la mancanza
dei genitori, che ci avrebbero vietato tante cose. C’era un giorno di luglio
nel quale i grandi decidevano di portarci dal barbiere. Tutti nella macchina di
Di Marco, andavamo da “Mastru Bilasi, a
lu Carminu”. Un simpatico personaggio che, alternando il lavoro di
contadino e di barbiere, a volte dimenticava che, in quel momento, stava
facendo il barbiere e non il contadino. Dopo la….potatura, si tornava “a la Nuci”, con l’aria di bambini
scappati da un riformatorio.
Alcuni giorni, mia nonna faceva il pane e “li fuazzi”, impastava con le mie zie, “famiava” e infornava prima “li fuazzi” e dopo il pane che,
immancabilmente risultava eccessivamente abbronzato. Ma non si doveva dire.
Arrivava così settembre e le prime piogge. Era quello che
aspettavamo : “quannu scampava”, stivali ai piedi e tutti a
raccogliere “babbaluci”, classificati
in “babbaluci, judisca e muntuna”. Il divertimento stava nel contarli e vantarsi
con i vicini: “nni cuglivu quattrucientucinquanta!” e l’altro: “iu e ma muglieri setticientu ntre du uri!”
La stagione, per noi bambini, si concludeva con la
vendemmia e con l’uva pestata rigorosamente con i piedi e con l’odore del mosto
“nni la bileddra”. Sempre Totu e
Luvigina per la raccolta, Totu sulu pi
pistari.
Racalmutese Fiero
Questo articolo, ricco di sentimenti e di ricordi, attiva in me una profonda nostalgia di determinati momenti del passato, della mia infanzia.
RispondiEliminaAssunta
E' bello ricordare: saperlo fare, aggiunge piacere alla bellezza. Sulla villeggiatura Goldoni vi ha ricamanto addirittura una commedia: fa parte della vita, Salvatore ha bene caratterizzato quella dei racalmutesi.
EliminaLe famiglie benestanti una volta "salite" in campagna comunicavano con i parenti rimasti in paese tramite posta ovvero lettere consegnate dai messi di fiducia.
Anch'io, da bambina, trascorrevo come Racalmutese Fiero, tutto il periodo estivo in campagna a Garamoli. Ci andavamo a giugno, per ritornare ad ottobre, all'apertura delle scuole. Si stava tutto il giorno all'aria aperta, in compagnia di cugini, parenti, amici.
RispondiEliminaPur non avendo le comodità di oggi, si stava così bene! Giornate spensierate, indimenticabili, tra le affettuosità dei nonni.
Tutto era un vero piacere!
sono ricordi che non si dimenticano per chi ci e passato e li ha vissuti che ti fanno commuevere, se a i giovani di oggi li racconti neanche ti credeno che ci fossero questi momenti
RispondiEliminacomplimenti per questi ricordi che ci ai fatto rivivere
Sono ricordi o è nostalgia?
RispondiEliminaRicordi tanti. Nostalgia pure; per un tempo passato che ricordo sereno, per le persone care che non ci sono più.
RispondiEliminaSaluti
Salvatore Alfano
Io non so se questo mondo, da Te descritto, oggi potrebbe essere possibile.
RispondiEliminaIo non so se, veramente, come scrive Sergio Scimè,a Racalmuto i vecchi stiano soffocando i giovani e non viceversa.
Io non so se l'oggi è migliore di ieri o viceversa!
Se tutte le invasioni delle quali parla Roberto siano alla fonte dei nostri mali, se poi pensiamo che gli invasori siamo noi; parlano i nostri cognomi arabi, spagnoli, francesi ecc .
Di certo so che la risorsa di una società, qualsiasi essa sia, sono i giovani:
quelli che studiano e fanno carriera, quelli che lavorano in mestieri e lo fanno con passione, quelli che con la loro goliardia allietano i paesi, che non cercano pretesti e che prendono il loro spazio senza aspettare che gli altri glielo cedano; A Racalmuto, gli anziani sono stati mollati, caricati di responsabilità che non hanno. La piazza divisa, quella dei giovani e quella dei vecchi.
Io non so, qual è la verità!
Ciao Salvatore.
Potrei firmare, questa sua lettera, con il mio nome e cognome perché era questo il modo in cui trascorrevo le mie vacanze estive, persino i particolari coincidono.
RispondiEliminaPer ricambiare i ricordi che mi ha suscitato la sua lettera, pubblicherò su facebook Castrum Racalmuto Domani, una foto che, sicuramente la emozionerà.
complimenti direttore,voli alla grande.Totuccio
RispondiEliminaCaro “COMPARONE”, non ho mai parlato di (fonte dei nostri mali).
RispondiEliminaSe non ricordo male, si parlava di IDENTITA’. Nessuno mi ha avvisato, ma da quando noi SICILIANI ci identifichiamo con lo stato? Io ero fermo al vecchio concetto che lo stato è un’identità astratta che bisogna in tutti i modi di cercare di “FOTTERE”. Una pensione falsa, un’invalidità inesistente, un contributo non dovuto ecc. ecc.
Scusami, ma oggi la borsa và bene e mi andava di scherzare.
Un abbraccio.
Quanta Nostalgia, è quanti ricordi Alla Nocè,Totuccio mi hai fatto risentire il mio nome ANGELINO Quando tutti voi mi chiamavate io ero il più della Contrada NOCè.Ci vorrebbe un settima o forse un anno per raccontare le nostre giornate alla Nocè.Vedi il destino circa un mese fà ho avuto modo d'incotrare una nostra AMICA lei la sua acchianata fori era GARAMOLI,APPUNTO LE RACCONTAVO LE NOSTRE AVVENTURE alla Nocè ,le esplorazione alla VILLA MATRONA,piena di PINI,tante Gebbie con granchi e rane,grazie TOTUCCIO mi hai fatto dimenticare per un momento quando la VITA avvolte è crudele . UN FORTE ABBRACCIO ANGELO MARCHESE
RispondiEliminaAuguri per la borsa, ma guardati sempre, quelli sono in agguato! Comunque mi piace incontrarTi qui oltre che in corso Garibaldi, quello stesso Garibaldi che per ultimo fregò alla Sicilia tutto senza lasciare niente, e donò ai piemontesi ed agli inglesi tutta l'isola da cima a fondo.
RispondiEliminaCiao 'npare
A Racalmuto esiste una gradinata che tutti conoscono, dove i giovani da circa 30 anni amano sedere, chiamata "li scaluna di lu Blob". Seduti nei gradini antistanti il Blob, i giovani fanno le stesse cose da circa 30 anni. Intanto qualche volta si sente qualche quarantenne dire: una volta si che ci si divertiva a Racalmuto standosene al Blob o ancora prima al "Garden Rouge". Se c'è qualcosa di veramente magico non sono i tempi passati, ma la giovinezza ..CHE SI FUGGE TUTTAVIA...
RispondiEliminaPuò darsi che abbia ragione. Ma "l'anzianità" è come il pane eccessivamente abbronzato: è così ma non si deve dire...
EliminaCordialità
Salvatore Alfano
Eh sì! ci è piaciuta la fuazza? e ora ci mangiamo il pane bruciato!
EliminaComplimenti sempre per il soave suono che riesce a far emettere alle corde della memoria.
lu beddru pani di casa fatto cu lu cruscenti ni lu furnu famiato e li fuazzi cu li sardi salati uogli e tumazzo viecchiu e agli
RispondiEliminae lu primu pani cunzatu cu lu sali spiezie e uogli
ricordi passati
Complimenti Salvatore, bellissimi ricordi dei tempi di allora.
RispondiEliminaMi hai fatto ricordare, quando si terminava la mietitura del grano e l'annata era stata buona,con un certo quantitativo di paglia si faceva un gran falò per ringraziare il Signore e bere insieme un bel bicchiere di vino per asciugare il sudore di quei giorni di duro lavoro.