Sabato dopo pranzo: io e mio
figlio scomposti sul divano, guardiamo svogliatamente la tv. Io sono più
loquace, lui più taciturno. Ma a me piace stuzzicarlo, così tanto da non
permettergli il mutismo. Non so se sono stato un buon genitore, sicuramente
sono stato un padre diverso da i dettami che collocano tale figura in uno
stereotipo ben definito. Forse ho una visione più amichevole nel rapporto con
mio figlio, pur capendo che, quello del padre, non è mai un ruolo facile. Io “ho
scoperto” mio padre da grande, quando ho capito di quanta comprensione e
tenerezza avesse bisogno lui che mi appariva forte, duro. Lui che era stato
privato, bambino, di quella fondamentale figura paterna, troppo presto
scomparsa, vittima di un incidente in miniera. Mi rammarico, tutt’oggi, di non
essere stato un figlio sempre attento e sempre affettuoso. Ma , forse, è per
tutti i figli, futuri padri, così. Tornando al pomeriggio di sabato, stimolavo
Gabriele – questo è il suo nome – sulle tradizioni, l’appartenenza e su
Racalmuto, cercando di inculcare in lui, quell’amore che così improbabilmente
gli potrà nascere, visto che non ha mai vissuto in paese e che i suoi unici
legami sono i miei racconti e la sua mamma, che riposa lì. Intestardendomi nel
voler far nascere in lui l’attaccamento e l’interesse, viste vane le mie lotte, esplodendo
ho sbottato: “ La colpa è di voi giovani, che state facendo morire Racalmuto!”
Gabriele, tra l’allibito e
l’insofferente ha esclamato: “ La colpa è di Racalmuto, che sta facendo morire
tanti giovani….”
La sua risposta mi è arrivata
come uno schiaffo. Al di là del significato che lui volesse dare a quelle
parole e cioè che a Racalmuto non c’è niente e che i ragazzi, per non morire di
noia o per avere un futuro, una famiglia, un lavoro devono andare via dal
paese, mi ha fatto riflettere che bisogna ascoltare i giovani e cercare di
risolvere i loro problemi nell’immediato. Per non far morire loro di noia, per
non far morire le loro speranze. Per non far morire Racalmuto. Una società
senza giovani è una società destinata a non avere futuro.
Racalmutese Fiero
Quanta dolcezza, sensibilità e tenerezza in questo articolo. Come, del resto, in tutti gli scritti di Racalmutese Fiero.
RispondiEliminaI giovani non hanno colpe, si organizzano al meglio la loro vita: nello studio, con gli amici, su facebook, con i genitori. I giovani pensano il presente (un pokino il futuro). Il passato non trova spazio nei loro pensieri: forse è giusto così. Vivono alla giornata, un sette in matematica, un impreparato di storia, ottimo in informatica. I giovani sono primi in tecnologia, spesso si trovano davanti docenti/adulti arrugginiti. I giovani sono brillanti, stanno bene, con un equilibro psicofisico ottimale, La nuova generazione di giovani non fuma, non beve, ha un ragazzo o una ragazza, disponibile a fare tutti i lavori purkè vengano pagati. Meno formali. Più vivi. Gli adulti sono preoccupati, i giovani sono rilassati, sereni, non hanno di ke lagnarsi. Se ci riflettiamo un po' quelli che hanno creato i problemi sono gli adulti poco disponibile ad aprire le porte ai giovani. I giovani sono più collaborativi, lavorano in gruppo, non vivono lo schema dei ruoli nelle relazioni umane, non fanno distinzione tra il gruppo lavoro, il gruppo amici, il gruppo famiglia. Vivono tutto in parallelo. Nessuna congettura, per Platone forma inferiore della conoscenza. Scusami Salvatore ma devo chiudere il commento, devo andare, alla prossima. Un saluto a Gabriele.
RispondiEliminaNon ho il tempo di rivedere, mi scuso con i lettori per gli eventuali errori. Bello il post.
Il post accarezza tutte le corde con estrema delicatezza.
RispondiEliminaComplimenti
Concetta
Non è come dice il sig Scimè. I giovani si vorrebbero organizzare ma non possono perchè mancano le strutture. I giovani vorrebbero lavorare ma non possono perchè manca il lavoro. I giovani che hanno un ragazzo o una ragazza vorrebbero costruire una famiglia ma non hanno i soldi. I giovani a Racalmuto, come giustamente dice il figlio di racalmutese, muoiono perchè nessuno li ascolta e perchè tutti sono concentrati in altre cose e non sui problemi dei giovani. I giovani vorrebbero partecipare attivamente alla vita sociale del paese ma nessuno glielo permette. Allora i giovani scelgono l'anonimato di altre città, dove non importa essere giovani di Racalmuto. Complimenti per il post
RispondiEliminaUn giovane, disoccupato, laureato, fidanzato, che non riesce a sposarsi
Caro racalmutese fiero,
RispondiEliminase tutti capissero e la pensassero come scrivi giustamente tu e non da ora, forse il paese si coalizzerebbe per creare un futuro migliore e, facendo contento Sergio Scimè, per scacciare definitivamente la vecchia politica. Ma ognuno, a Racalmuto, suona in solitaria un solo strumento. L'orchestra, come concerto di tutto il positivo che si può esprimere in paese, non è amata.
Angelo
Oltre che del suo paese, credo che può essere soprattutto fiero di suo figlio.
RispondiEliminaQuesta sua lettera mi ha molto colpito non solo per l’argomento che tratta, ma soprattutto perché quello che è successo a suo figlio è successo anche a me quando avevo quattordici anni, anche se il mio cervello ha impiegato circa cinque anni prima di metabolizzare cosa mi era successo e cosa avevo perso.
Sono impressionato con quale lucidità e sintesi questo ragazzo ha dimostrato di avere capito che Racalmuto non è un paese per giovani, ha diagnosticato con precisione il problema, pur non abitando a Racalmuto. Ha ribaltato l’accusa, indicando i veri responsabili . Schiapò alla sua intelligenza. Mi chiedo se anche i papà racalmutesi fanno di questi discorsi con i loro figli, o si preoccupano solo di non fare mancare loro qualche biglietto da dieci euro, in attesa che qualcosa o qualcuno compia il miracolo. Soprattutto sarebbe interessante sapere se i giovani che vivono a Racalmuto danno le stesse risposte o, se come i loro padri, aspettano.
La ringraziamo per il commento che ci ha commosso.
RispondiEliminaSalvatore e Gabriele Alfano