Saper guidare è una
predisposizione, forse insita nel nostro DNA. Ci sono persone che pur non
avendo mai condotto un’autovettura, la prima volta che lo fanno, risultano
disinvolte e così brave che sembra non avessero fatto altro nella vita. Altre,
invece, pur avendo guidato per svariati anni, dimostrano di essere impacciate,
goffe, insicure e…..pericolose.
A questa ultima categoria
appartiene – meglio è appartenuta – mia zia. Rispettata e amata dai carrozzieri
racalmutesi, in quanto, un giorno sì e uno no, accoglievano la sua auto nella
loro autofficina. Tanto “familiare” era la visita di mia zia a queste attività
che i titolari le davano la precedenza su tutti, riservandole un trattamento di
favore.
Mia zia possedeva un’auto color
“grigio topo”; mai nome fu più sbagliato dalla FIAT per indicare un colore.
Quando guidava - sedile molto avanti, sterzo che le penetrava quasi nello
sterno, mani così strette al volante che le nocche risultavano prive di
circolazione – usava mormorare sempre, ripetendole più volte, due parole: “Maria, Maria, Maria, Maria………Muoru, muoru,
muoru, muoru………. Se poi,
all’orizzonte vedeva le forze dell’ordine, intercalava tra le due parole “ i carebinieri” (con la e forse perché pensava più italiano), in modo
che la frase completa risultasse: “Maria,
Maria, Maria, Maria, i carebinieri, muoru, muoru, muoru, muoru….”
Nocche ancor più pallide e
cianotiche, rallentava così tanto la macchina che la Benemerita, non poteva
fare a meno di tirare fuori la paletta e mostrarla alla sprovveduta guidatrice.
Mia zia accostava e dopo, molto
dopo, metteva la freccia. Il suo viso era inclinato leggermente da un lato, con
un sorriso beato stampato sulle labbra, quasi da Maria Goretti, pronta al
sacrificio. Al buongiorno dei carabinieri, lei esclamava: “siemmu cuomu li picciliddri”…..Non so bene cosa intendesse con
questa frase, se incolpevoli, incoscienti o senza nessuna colpa se non il
peccato originale. Una volta, dovendo spingere la macchina di un parente con la
sua, cominciò a muovere, spingendo l’altra auto, con la prima marcia, sentendo
il motore gridare come se chiedesse aiuto, impietosita, pensò di concedergli la
seconda marcia; nel fare le manovre
necessarie, la sua auto si staccò da quella spinta e, nel tentativo di annullare
la distanza che si era creata, le piombò violentemente addosso, tanto da farle
rientrare il posteriore. Un’altra volta, sulla strada di Fanara, terra battuta, animata da velleità da Ascari o Fangio, si
lanciò all’inseguimento di una “lapa”.
Raggiunta, sterzò a sinistra, “buttandosi” sulla corsia di sorpasso. Non
calcolò la larghezza della carreggiata…..La macchina presentava uno squarcio
sulla fiancata destra a mo’ di scatoletta simmenthal aperta, come si usava una
volta, con la chiavetta.
Nella constatazione dei danni, i
due conducenti, scendendo dal proprio mezzo, presentavano colorito terreo, come
se, da un momento all’altro, dovessero cadere a terra privi di sensi. Rimanemmo
sotto il sole cocente di agosto per parecchie ore prima che qualcuno venisse in
soccorso.
Adesso, fortunatamente, mia zia
non guida più. So che a Racalmuto è stata fatta una petizione da parte dell’A.C.R.
(Associazione Carrozzieri Racalmutesi); vorrebbero che tornasse a guidare e
sperano di poterla ospitare presto nei loro locali.
Racalmutese Fiero
Aveva ragione Freud! Ad una provocazione, il cervello, come una CPU fa una scansione di tutte le celle di memoria, aprendo quelle che contengono informazioni associabili alla provocazione.
RispondiEliminaLa cella di memoria che mi si è aperta con la sua lettera, contiene il ricordo di due ” DONNE AL VOLANTE “ .
La prima è l’allora signorina Cardillo; guidava la sua SPIDER BLU, come un pilota di rally. Quando passava, a volte a gran velocità, gli uomini la guardavano a bocca aperta, i più cretini arroganti e maschilisti, mal sopportavano e la denigravano definendola una pazza; un vero MITO, invece, per noi ragazzi.
La seconda è la zia Santina. Seicento bianca, sportelli contro vento, appena ritirata da Accardo. Decide di andare a trovare i suoi parenti a Sciacca, partenza da via Roma, innesta la prima e via, direzione Grotte con le sue tremende curve “a babbaluci”, poi finalmente il rettilineo di Agrigento e, poi verso Siculiana, Eraclea Minoa, sino a giungere finalmente, nessuno ha mai saputo in quante ore, Sciacca. Tutto questo tortuoso percorso naturalmente senza mai cambiare la marcia inserita alla partenza in via Roma. La leggenda racconta che la povera seicento, una volta giunta a Sciacca, abbia chiesto di essere immediatamente ROTTAMATA.
Una persona che guidava come la zia Santina era Padre Gaetano Chiarelli, chiesa Madonna della Rocca.Una volta, iniziò un sorpasso, dalle scuole elementari Gen. Macaluso per finirlo, sempre con la stessa marcia, in piena curva vicino la scala che porta alla stazione. Immaginate lo spavento.
RispondiEliminaSei proprio terribile!!!
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