domenica 10 giugno 2012

GIUGNO: “LI GREGNI NNI L’ARIA”

Un sincero ringraziamento a Enzo Matrona per la consulenza gentilmente offerta.


Giugno, mese di mietitura. E’ bello osservare come muta il colore dei nostri campi; dal marrone intenso invernale, di una fertile terra, al verde acceso del grano primaverile,  al giallo  caldo delle spighe che racchiudono i chicchi di grano.Le nostre campagne si preparano all’imminente raccolto. Adesso tutto è semplice e freddo: un mezzo gigante, la trebbia, taglia le spighe, separa i chicchi e riempie i camion che portano il grano all’ammasso. Quasi nessuna partecipazione emotiva. Una volta si vedevano i nostri contadini curvi, piegati con la falce in mano, avanzare allineati a tagliare spighe e a “ammazzunari li gregni”. Il lavoro era duro, pagato “a jurnata”, si sudava e ci si spezzava la schiena. Col passare dei giorni, i contadini, bruciati dal sole, assumevano un colorito scuro, tanto da sembrare africani. “Li gregni” venivano ammassate “nni l’aria” e , quando si finiva di “metiri”, con passo cadenzato, girando sulle spighe, con movimento circolare, l’asino o il mulo, “pisavanu” separando i chicchi dalla spiga. Nel mentre, alcuni contadini, con un forcone, "spagliavanu"  lanciando in aria la parte più leggera per  permettere al vento di portarla via. Era un lavoro lungo ed  estenuante, si dormiva “nni l’aria” all’interno “di lu pagliaru”, a guardia del raccolto e la sera si cantava e si raccontavano storie, bevendo qualche bicchiere di vino di troppo. Alla fine, se il raccolto era stato buono, si accatastava una gran quantità di paglia e si faceva un grande fuoco per ringraziare il Signore. Si beveva vino, semplicemente, si socializzava e si dimenticava la fatica del duro lavoro appena fatto. Terminato il lavoro, a seconda degli accordi, si dividevano i sacchi pieni di grano:  “a mità.... du parti cu na parti….”. Il raccolto veniva caricato sui muli o sugli asini, che si incamminavano verso la casina, dove il grano, scaricato, veniva ammassato in depositi, locali chiusi da “lu purtieddru”. Rimanevano i campi di “ristuccia”, dove miseramente si sfamavano greggi di pecore e dove, a luglio, si andavano a  “cogliri li babbalucieddri”, lumachine attaccate agli steli della ristoppia. La sera, tutti felici,  davanti  a  “na pignata di babbalucieddri”.

Racalmutese Fiero
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3 commenti:

  1. Caro Salvatore, ti conosco da poco ma sembra di conoscerti da sempre.
    Ti ringrazio per i "bei" ricordi dei tempi passati che con i tuoi racconti ci fai rivivere.

    P.S. scriveva Gabriel Garcia Màrquez: "La vita non è quella che si è vissuta,ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla).

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  2. ....e poi,dopo la mietitura,i poveri, uomini e donne, andavano a spighe sotto il sole cocente per racimolare almeno un 'tumminu'di frumento .
    Lu mulinu di Sbalanca malvolentieri accettava di macinare una così piccola quantità di grano.Cosi questi poveri cristi dovevano aspettare che tutti'i burgisi'avessero finito,anche quello venuto all'ultimo momento,di macinare.
    Già allora,piccola bimba, mi rendevo conto quanto'lontana sia questa vita dalla
    giustizia' Maria

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  3. Non posso non ricordare mio padre, trasportava la paglia con i panciuti rutùna strapieni e l'ammassava dentro la paglialora, quando la paglia arrivava fin quasi al tetto tutti i ragazzini compagni di gioco vi saltavamo sopra, ruzzolavamo, ci tuffavamo, guizzavamo come pesci impazziti in quel mare di paglia, e intanto la conica montagna di paglia diminuiva di volume fino a compattarsi: alla fine era questo lo scopo di tanta felice agitazione.

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