La domenica mattina è l’unica
giornata in cui posso bighellonare per casa, tralasciando ogni impegno
lavorativo e organizzativo della normale conduzione casalinga. Mi diletto,
soprattutto, a leggere o a pensare a fatti o persone a me gradevoli. Ieri, la
mia attenzione era concentrata, come spesso mi accade, su Racalmuto e, più
precisamente, sulla casa di mia nonna, nel quartiere sant’ Anna. La costruzione
si sviluppava in tre livelli, al piano terra il magazzino, al primo la zona giorno
e la camera dei miei nonni, al secondo un locale con un terrazzino, che dopo
molti sforzi, riesco a trovare il vocabolo che lo definiva: “l’àstracu”. Nell’anticamera, che
precedeva l’alcova, dove trovava alloggiamento il letto dei miei nonni, in una parete,
era ricavata una rientranza con delle mensole, chiusa con due sportelli in
legno; poteva confondersi con una porta. Pensandoci, sapevo per certo che
quella struttura avesse un nome ben definito nel dialetto racalmutese. Ma,
benché mi sforzassi di ricordare, non riuscivo a farlo affiorare alla mia
mente. Quale migliore occasione per chiamare l’amico Enzo, sempre gentile e disponibile, dalla spiccata appartenenza racalmutese e chiedere lumi? Questi,
dopo vari tentativi e descrizioni con nomi di tutto l’arredo antico, azzarda un
termine: “la stipa”. Non convinto,
lo saluto, sempre più certo che Enzo si
intenda più di fatti, preghiere e miracoli “di
la Beddamatri di lu Munti”, che di suppellettili e arredi vari. Penso di
fare un altro tentativo e chiamo Totuccio,
lui sì, dovrebbe saperlo! Niente da fare, lo sento disorientato e impreparato.
Ma la telefonata non è stata vana, Totuccio mi suggerisce di chiamare Piero. Idea illuminante! Chi meglio di
un fine studioso, profondo poeta dialettale, conoscitore delle tradizioni e dei vocaboli racalmutesi, potrebbe sapere ciò che arrovella il mio cervello?. L’ora è
già quella del pranzo, rischio di disturbare, ma la voglia di sapere subito mi
fa vincere la ritrosia. Risponde Piero, in effetti è seduto a tavola, davanti a
lui un piatto di cavati fumante….. suscita la mia invidia. Faccio la mia
domanda e Piero, con voce pacata risponde: “la
gazzana”. Ringrazio velocemente, mi scuso per l’ora e chiudo. Rifaccio il
numero di Totuccio per comunicargli il termine. Soddisfatta la mia curiosità,
pensavo fosse finita qui. Il pomeriggio, squilla il mio cellulare, dall’altra
parte, sempre Totuccio mi dice: “mi
trovo sotto un pino”…Non fa in tempo a finire la frase che io esclamo: “sei allo Zaccanello, a casa di Piero!” In
effetti è così, stanno sorseggiando un caffè, due amici, la gentilezza, l’ospitalità e la saggezza di
Piero, l’allegria e la simpatia di Totuccio, il profumo della mia terra. Ci
salutiamo, promettendo di ritrovarci l’estate, sotto quel pino. Poggio il capo
sul cuscino del divano, chiudo gli occhi, rivedo i luoghi, sento il profumo di
un pomeriggio di primavera inoltrata che sale su per le narici. Un tenero,
nostalgico sorriso affiora sulle mie labbra. Tutta colpa della gazzana.
Racalmutese Fiero
Sutta lu pignu di lu Zzaccanieddru
RispondiEliminatutti l’amici mi viennu a truvari.
Ci offru ficu, ci offru piruna,
grapiemmu un libbru,
nni guarda la luna.
Anche il blog Castrum Racalmuto Domani, per me, è altrettanto riposante e rilassante.
Caro Racalmutese Fiero, hai ben ragione di essere nostalgico.Vivere a Racalmuto
RispondiEliminaal di là di quel che si dica o quanto meno di tutto cio' che si scriva o si propini via etere a livello globale, è infinitamente bello.Il Racalmutese è un animale sociale che ha assolutamente bisogno del proprio simile, giulivo e soprattutto riflessivo, ospitale e generoso anche nelle piccole cose di cui dispone, ti spettiamo al più presto.
Totuccio
La gazzana e lu stipu; due cose in una, una gazzana chiusa da una porta può essere " LU Stipu a muru"
RispondiEliminaCome ben dice l'amico Carmelo Mulè, "lu stipu" veniva costruito con delle mensole, poste in un incavo che si trovava nel muro, con due sportelli che invece dei vetri avevano una rete,per non far entrare le mosche.
RispondiEliminaInfatti dentro venivano conservati i prodotti come formaggi,carne ecc. poi sotto il letto si trovava la "carriola" dove venivano conservati pane e pasta.
"la gazzana" era sempre costruita in un incavo, senza sportelli, dove venivano messi barattoli piene di pomidoro,melanzane e di "astrattu" ecc.
come mi piacerebbe ricordare come fate voi, ma la mia età non me lo consente...
RispondiEliminavoi altri avete vissuto una racalmuto più bella, forse perchè fa parte del vostro passato o forse perchè lo era davvero...
continuate a scrivere, è bello leggere e provare a immergersi nei vostri ricordi.
grazie
Giusi
"l'astracu" dovrebbe stare allora per "lastrico" (solare)
RispondiEliminaCara Giusi,ogni epoca ha i suoi risvolti sia positivi che negativi.
RispondiEliminaHai pienamente ragione,bellissimo è ricordare e mettere a confronto il vivere quotidiano di generazioni diverse.
Oggi, i giovani trascorrono la maggior parte della giornata,dopo la scuola, al computer,al telefono o vedendo film.
In epoca non lontana il vivere quotidiano dei ragazzi, si svolgeva in strada o nei cortili (curtiglia), molto popolati, dove tutti insieme ci inventavamo i vari giuochi e ci costruivamo i giocattoli.
Sicuramente ti farà sorridere, i nostri giuochi erano:
-il giuoco della "tuortula" cioè trottola, con vere e proprie gare di abilità;
-il giuoco dell'arco, costruito con fusi di ombrello "paracchu" vecchi;
-il giuoco di la "carrella",consisteva nel costruire con pezzi di legno un carrello,dove mettavamo,come ruote vecchi cuscinetti di macchine, facendo delle vere competizioni di velocità.
Allora noi ragazzi potevamo "vivere" nelle strade e nei cortili, perchè non c'era altra possibilità, anche economica, di dove riunirsi, non esisteva,fortunatamente la droga di qualsiasi genere.L'unico vizio che potevi avere era la normalissima sigaretta,ma dovevi premurarti di non farti vedere dai genitori o da amici, altrimenti erano guai.
Caro Antonio, se non ricordo male, "l'astracu" è il terrazzo.
RispondiElimina"astracu" viene dal greco "astracon". Era una tavoletta di marmo che i Greci usavano nelle votazioni scrivendoci sopra i nomi.
RispondiEliminaè bello ricordare! ma sono sicuro che se improvvisamente ci trovassimo per magia proiettati in quegli anni, cadremmo tutti in profonda depressione: sopratutto noi che li abbiamo vissuti. Quindi dico ai giovani: è bello solo ricordare! oggi parliamo di droga per esempio, ed è una grossa piaga sociale. Ma quanta gente una volta si distruggeva in quelle "putie di vino" che l'amico Piero tempo addietro con grande grazia e poesia ha ricordato. Mi ricordo che dalla finestra di casa mia se ne vedeva una; quanti uomini adulti vedevo uscire barcollando o cadere a terra; in particolare mi ricordo di due bambini che quasi ogni sera venivano a prendere il loro padre che aveva buttato nel vino quei pochi soldi che guadagnava e che non volendo tornare a casa spesso ubriaco li picchiava per strada. Poi arrivando a casa ce n'era anche per le mogli, le quali riportando in viso i visibili segni della violenza, raccontavano alle curiose vicine che di notte avevano ricevuto in sogno li "signureddri", che qualche volta quando non avevano marenghi d'oru da regalarti, picchiavano. Anche queste e tante altre cose vanno ricordate, ma meno nostalgicamente.
RispondiEliminaGentile Candido Munafò,
Eliminaapprezzo i suoi commenti, sempre in tema e mai stonati nei contenuti e nella forma. Mi piacerebbe se il blog potesse avvalersi della sua collaborazione.
Grazie, saluti
Salvatore Alfano (Racalmutese Fiero)
Gentile Racalmutese Fiero
Eliminail suo invito mi onora, perchè ammiro tantissimo la pulizia, la poesia e sopratutto la pacatezza del suo blog e le confesso che mi recherebbe un grande piacere poter collaborare, magari non in forma anonima; ma la mia professione purtroppo non mi concede grandi spazi di tempo e sopratutto mentali, per dedicarmi in modo organico e costruttivo a queste piacevoli cose. Io vivo in un mondo in cui oggi domina una frase spietata "Publish or Perish", ed io per non morire oltre a pubblicare ogni tanto guardo "Castrum Racalmuto Domani", che mi riporta in un mondo che anche se scomparso, ancora sopravvive dentro di me.
Grazie tante, a lei ed ai suoi collaboratori per quello che state facendo.
In vino veritas, Caro Candido; vero quanto affermi sulla gente barcollante e sulle percosse alle mogli ed ai figli propri, altra cosa mi sembra la droga di oggi.
RispondiEliminaSi usava aprir bottega, quando si possedeva un pezzo di vigna e si usava che, in famiglia, anche i più piccoli si rendevano utili e talvolta vendevano anche il vino. Parlo di botteghe stagionali, come quella che apriva mio padre, ogni anno per la festa del monte, nella scinnuta di san Pasquale. Ho visto gente bestemmiare senza motivo; piangere a dirotto, per improvviso ricordo dei genitori morti; cantare e suonare meravigliosamente chitarre, benci e mandolini. Ho visto spartire in quattro un minuscolo pezzo di formaggio e berci sopra con infinita soddisfazione; strusciare mezzo foglio di carta oleata e mettere in bella mostra tre sarde fritte come fosse caviale e giù un bel bicchiere di vino, a sorsi corti e accompagnar la chiacchierata. Io ho un bel ricordo della mia bottega, a parte quello che tu dici, che è vero; quella, però, era gente che le botte alle mogli ed ai figli le avrebbe date ugualmente.