Il latte materno è senza alcun dubbio l’alimento più adatto a
soddisfare le esigenze del piccolo di uomo,
ma a volte capita che la mamma, per ragioni varie, non possa fornire questo
prezioso alimento al suo bambino.
L’istinto e i cattivi consiglieri
spesso spingono, in questi casi, a dare al lattante il latte vaccino, forse
inconsciamente pensando che, poiché fa crescere bene il vitellino, altrettanto
farà coi bambini; ma in molti casi si ha anche l’idea che esso sia più
“genuino” di quello dell’industria. In realtà niente è più lontano dal vero:
infatti, malgrado spesso il latte vaccino venga introdotto nell’alimentazione
del neonato sin dai primi mesi, esso non è assolutamente indicato fino all’anno
di età.
Tante e diverse le motivazioni,
alcune ormai accertate e provate, altre ancora sotto studio: innanzitutto il
latte vaccino porta sempre ad una carente assunzione di ferro, e la conseguente
inevitabile anemia viene anche peggiorata dal fatto che lo stesso latte vaccino
determina perdite di sangue con le feci (minime, e perciò invisibili ad occhio
nudo, ma continue!). Inoltre esso è troppo ricco di proteine, oltretutto in
proporzioni “sbagliate” per l’intestino del neonato e del lattantino, ma anche
di sodio, potassio e cloro che vanno a sovraccaricare il rene, mentre anche le
proporzioni di altri minerali fondamentali per il bambino (calcio e fosforo)
non sono giuste.
La necessità di trovare un
alternativa al latte materno per nutrire i neonati non è moderna: probabilmente
risale alla notte dei tempi, quando l’uomo cominciò ad addomesticare ed
allevare gli animali da latte (circa 10-15.000 anni fa), e sono stati trovati
recipienti in terracotta vecchi di 4000 anni, che venivano utilizzati per dare
il latte ai neonati.
Il latte vaccino veniva diluito,
oppure si usava il latte di altri animali che i bambini sembravano digerire
meglio, come quello di pecora, o di capra, o di asina, o anche di cammello. Poi
però, quasi due secoli fa, iniziarono i tentativi di modificare il latte,
soprattutto vaccino, aggiungendo acqua, zucchero, farine, sali minerali.
Solo un secolo fa però si
cominciarono a modificare le concentrazioni di zucchero, grassi e proteine del
latte vaccino cercando di renderlo più adatto ad alimentare il piccolo d’uomo,
creando così le prime formule per l’infanzia.
Da allora l’industria, seguendo
le raccomandazioni dei comitati di esperti, ha lavorato avendo ben presente,
nella preparazione di latti formulati per l’infanzia, un criterio fondamentale:
cercare di ottenere prima dei latti con una composizione il più vicino
possibile a quella del latte materno, poi, nelle tendenze più attuali, dei
latti con effetti funzionali simili a quelli del latte umano.
Per ottenere ciò il latte vaccino
viene modificato nelle quantità e qualità delle proteine, dei grassi e degli
zuccheri e gli vengono aggiunte sostanze
che hanno effetti benefici sulla
crescita e lo sviluppo del lattante, e che sono presenti naturalmente
nel latte materno, tenendo anche conto delle diverse esigenze di tanti tipi
diversi di lattante: ad esempio la taurina, la lattoferrina, la carnitina, i
nucleotidi, i prebiotici, minerali e tutte le vitamine oggi note.
È così che attualmente in
commercio troviamo formule di tanti tipi diversi:
- Formule per neonati dismaturi, per nati pretermine, e per ex-pretermine, per le differenti esigenze che neonati fragili come questi possono avere
- Formule di partenza o latti tipo 1 che soddisfano le esigenze nutrizionali del lattante sano dalla nascita fino almeno ai sei mesi di vita
- Formule di proseguimento o tipo 2, per nutrire il neonato dai sei mesi almeno fino ai dodici mesi
- Latti di crescita, cioè latti liquidi e sterilizzati per l’alimentazione del bambino dai dodici mesi e fino ai tre anni (precedentemente si è detto che all’anno di età è possibile introdurre il latte vaccino, ma i latti di crescita sono già integrati con ferro, acidi grassi essenziali e vitamine, e sono dunque considerati da molti come più adatti a favorire una corretta crescita dei nostri bambini)
Quando il latte materno non è
disponibile, e si è costretti ad alimentare il nostro bambino con un latte
formulato, occorre in ogni caso rispettare per la preparazione le indicazioni
d’uso corrette, generalmente fornite dal pediatra, e rispettare un livello di
igiene atto a prevenire eventuali infezioni. Dunque: se si utilizza acqua del
rubinetto, sebbene essa sia potabile per noi adulti occorre bollirla, mentre
questa misura non è necessaria se si utilizzano acque imbottigliate (su quale
acqua utilizzare il pediatra saprà fornire i consigli più adeguati); è bene
lavarsi accuratamente le mani prima di preparare il biberon, e sterilizzare
quest’ultimo, a caldo o a freddo; il biberon deve essere preparato subito prima
della poppata, e se proprio è inevitabile doverlo preparare prima, occorre allora
conservarlo in frigorifero, per poi
scaldarlo a bagnomaria. Se si decide di utilizzare il microonde occorre
porre molta attenzione perché il latte potrebbe raggiungere temperature molto
diverse sulle pareti e all’interno, e il bambino potrebbe scottarsi il palato.
Occorre quindi agitare bene il biberon per rendere omogenea la temperatura del
latte che, comunque, va provata sul dorso della mano per sicurezza.
Dott.ssa Assunta Martina Caiazzo
Medico Specialista in Scienza
dell’Alimentazione
Sono mamma per la prima volta di una splendida bambina, Chiara.I vostri consigli sono molto utili, soprattutto per chi, come me, è alle prime armi.
RispondiEliminaMaria