Nel
2007, tranne lo spettacolo di chiusura del corso di recitazione tenuto da Enzo
Toto ancora sotto la gestione Di Pasquale, non c’è stata stagione teatrale al “Regina
Margherita” di Racalmuto, inoltre per visitarlo si doveva anche pagare. Cosicché la nuova giunta comunale, con il
nuovo assessore alla cultura nonché membro di diritto del consiglio
d’amministrazione della Fondazione Teatro “ Regina Margherita” che poi Fondazione in senso tecnico non è mai
stata, pensò bene di riaprire il grande
portone di ferro del teatro in occasione della festa del Monte i cui
festeggiamenti sarebbero iniziati con il “Trionfo” del venerdì 6 luglio. Ad
arricchire l’evento ha contribuito l’architetto di Villabate Enzo Di salvo, che
ha messo a disposizione gratuitamente due pezzi delle sue collezioni.
La
sera del 5 luglio 2007, dopo avere seguito per le strade del paese il festoso
corteo degli artisti di strada preceduti da un’auto d’epoca, una Fiat Ardita
nera con frecce e clacson manuali del 1934,
la gente entrò nel Teatro a
frotte, come testimonia il registro delle firme appositamente predisposto,
alcuni non l’avevano mai visto da quando
nel 2003, dopo quarant’anni di chiusura,
era stato inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica.
Residenti,
emigrati, forestieri, entravano con gli occhi alzati per ammirare i palchi, le
luci, la scena dei Vespri siciliani dipinta dall’ottocentesco maestro Giuseppe
Carta. Per l’occasione sul proscenio è stato esposto uno storico grammofono o
“macchina parlante” dei primissimi del Novecento, di fattura francese,
collocato originariamente negli ambienti di svago parigini, funzionante a
gettone e con la caratteristica carica a manovella, vero antesignano del
jukebox.
In
sottofondo si udivano arie e melodie di tre tenori: Giuseppe Infantino,
Salvatore Puma, Carmelo Scimè. I primi due conosciutissimi e con un curriculum di tutto
rispetto, il terzo meno conosciuto e la cui produzione in circolazione era ed è molto esigua.
Il maestro Domenico Mannella, per l’occasione, ha tratteggiato
magistralmente le diverse individualità
artistiche dei tre tenori in una nota critico-biografica distribuita in sala ai
visitatori.
Nella speranza di reperire ulteriore documentazione,
sempre con l’intento di valorizzare le nostrane personalità artistiche, si è
cercato di contattare allora la famiglia del tenore Carmelo Scimè, tramite
parenti racalmutesi, ma senza molta fortuna.
Sollecitato in questi giorni dalla rilettura della nota
di Domenico Mannella, mi sono ricordato di possedere alcune registrazioni di
musica classica e ho ritrovato una vecchia audiocassetta a nastro il cui
contenuto così è descritto: “Canzone e Pezzi d’opera cantati da Gino Scimè” (che Carmelo venisse familiarmente chiamato
Gino?). Me l’aveva prestata molti anni fa un mio zio e l’avevo ascoltata tante
volte ma poi messa da parte e pressoché dimenticata con il sopraggiungere dei
cd e della musica digitale. Ascoltandola, sempre ne avevo ricavato piacevole
sensazione per la tenorile voce e quasi un nodo alla gola per le struggenti
parole di melodie molto sentimentali più o meno note. Una sensazione globale e
indistinta, se si vuole, ma ora, riascoltando di seguito i due lati di trenta
minuti ciascuno della cassetta Philips standard quality C-60 miracolosamente
sopravvissuta e funzionante, quella
stessa voce mi si è rivelata in tutta la sua estensione e tonalità attraverso
una vasta gamma di melodie popolari e brani d’opera.
Sul
lato A la voce femminile di un programma radiofonico annuncia in italiano e in
francese la canzone “Ti voglio tanto bene, di Gino Scimè”,
vincitrice del concorso Canzoni senza frontiere, su richiesta di un certo Franco per dedicarla
alla propria madre, signora Jole Menin. Alla fine dell’esibizione si sente un tripudio
di appalusi.
Proseguendo
nell’ascolto, seguono altri undici brani: in francese, in dialetto napoletano,
in dialetto siciliano, in italiano, canzoni, arie d’opera: ah, che tiempe felice… oh Marì, oh Marì… tanta perfidia! un’alma sì nera! sì mendace… quando
le sere al placido chiaror d’un ciel stellato… ah! mi tradìa!… recondita
armonia… l’ora è fuggita… anema e core… cara piccina mia torna dal tuo papà…
Alcuni
brani erano accompagnati dal semplice ritmo cadenzato della chitarra, altri da
un compitante pianoforte, altri da mandolino e orchestra. Sul lato B altri
dodici brani accompagnati dalla solita chitarra e dal pianoforte toccato da
mani più esperte: dammillo nu vasillo… dicitencello a
'sta cumpagna vosta… è
la solita storia del pastore… et la nuit dans nos montagnes / nous chantons
autour du feu /et le vent qui vient d’Espagne / porte au loin cet air
jouex… airetun chikitun airetun läirè…
non ti scordar di me… me vuogliu scurdà e Napule… pecché mm’e ddice sti pparole
amare? Core, core ‘ngrato… o sole mio…
Un
vasto repertorio che spazia dal genere classico a quello leggero, con ritmi
gravi seri giocosi, una voce che s’innalza e plana sulle ali di nostalgie
lontane, rabbie amorose, abbandoni sentimentali: dalla Luisa Miller di Verdi
all’Arlesiana di Cilea passando per il massiccio corpus del repertorio
popolare.
Già
ero contento di poter comunicare al maestro Mannella il prezioso ritrovamento
per integrare i materiali già in suo possesso da attribuire al tenore Carmelo
Scimè, invece, facendo ascoltare, prima di restituirgliela, l’audiocassetta a mio zio Matteo che me
l’aveva prestata, un’inattesa rivelazione: non della voce di Carmelo Scimè si
trattava, il tenore orafo di Roma, ma di quella del quasi omonimo Gino Scimè, emigrato
in Belgio nel dopoguerra, e quindi di un quarto tenore racalmutese.
Fino
a qualche tempo fa Gino, ora settantenne, ritornava dal Belgio in paese per
risiedervi un paio di mesi, puntualmente ogni anno; scendeva al Raffo e, dopo
una bevuta d’acqua fresca con le labbra accostate agli scroscianti “cannola”,
un spaghettata alla carrettiera e un bel
bicchiere di vino rosso con gli amici, cantava. La voce si diffondeva per la
vallata, racchiusa e delimitata tutt’intorno da un anfiteatro di verdi colline
disseminate dalle case di villeggiatura.
“Gli
piaceva cantare”, dice mio zio riandando ai ricordi di quegli amichevoli
incontri canori in cui lui suonava la chitarra. Non smentendo così la passione
dei racalmutesi per la musica e il bel canto.
E’
suggestivo immaginare che mentre uno
storico grammofono diffonde nel teatro
cittadino la tornita voce di ben tre tenori, tripartiti in “tenore di grazia”
“lirico” “di mezzo carattere”, anche la vallata del Raffo risuoni delle melodie
di un quarto tenore racalmutese la specificità della cui voce verrà classificata
dagli intenditori: è la solita storia del
pastore… recondita armonia di bellezze diverse… Ah,
che tiempe felice! Ah, che belli mumente! Mo mme vènono a mente. Ma nun tòrnano
cchiù!
Ma non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo ignorare
che la passione antica si manifesta ancora oggi in forme diverse:
E mo ca só' turnato, core mio,
mé', viene a la fatica â terra 'e tato. Pruvammo n'ata vota a stà affiatate, scuntàmmoce 'o pperduto, core mio. |
E ora che sono tornato, cuore mio,
dai, vieni a lavorare nella terra di tuo padre. Proviamo un'altra volta queste complicità, recuperiamo quello che abbiamo perso, cuore mio. |
Piero Carbone
Non c'è mai una sbavatura, una "nota stonata", per restare in tema, nei racconti di Piero Carbone.
RispondiEliminaAngelo
Ed ecco che il grande Piero, tira fuori sempre qualcosa dal cilindro.
RispondiEliminaMolto bello
Giuseppe
state calmi
RispondiEliminail teatro a breve riaprirà con un nuovo direttore artistico, segnalato dagli amici della commissione.
nome?
fabrizio Catalano
Entrare in quel teatro quella sera, è stato come giustamente descrive Piero nel suo post. Sembrava di trovarsi in una'ltra parte del mondo.Noi racalmutesi tutti, ci sentivamo orgogliosi e chiunque avesse memoria di quel teatro, chiuso da anni, faceva da cicerone con i suoi cari, i suoi amici. Un bellissimo regalo Piero
RispondiEliminaAntonio
Ai Sigg Commissari:
RispondiEliminaRIAPRITE IL TEATRO! NEL NOME DELLA LEGALITA' E DELLO SCAMBIO CULTURALE.
NON LASCIATE CHE ANCHE QUESTA PARTE SANA DI RACALMUTO ABBIA A SOFFRIRE
PERIODI LUNGHISSIMI DI INATTIVITA'.
DATE UNA SPERANZA AI RACALMUTESI.
Completezza di informazioni e descrizioni.
RispondiEliminaBravi Carbone/Mannella
Lillo
Sono contenta che, in questo articolo, il prof. Piero Carbone parli anche del Teatro Regina Margherita. Per noi racalmuteri è un vero vanto.
RispondiEliminaMi auguro possa esserci, a breve, una bella stagione teatrale per il piacere di tutti. Entrare in un teatro è sempre una grande emozione.
Siamo al racconto ad alti livelli e alla descrizione poetica meravigliosa e insuperabile: "scendeva al Raffo e, dopo la bevuta d'acqua fresca con le labbra accostate agli scroscianti "cannola", una spaghettata alla carrettiera e un bel bicchiere di vino rosso con gli amici, cantava. La voce si diffondeva per la vallata, racchiusa e delimitata tutt'intorno da un anfiteatro di verdi colline disseminate dalle case di villeggiatura". Una sequenza cinematografica felliniana. Richiamata alla memoria di chi, come me, partecipava a quelle serate di vita vissuta insieme all'insegna dell'amicizia vera, della ricercata semplicità , e della buona musica. Detto questo, quando scrissi quelle brevi note critico-biografiche sui tenori racalmutesi non avevo tra le mani documenti sonori a cui riferirmi per un commento, un'impressione, una nota musicale per Gino Scimè, solo ricordi personali. Anche se conoscevo e apprezzavo anche io la sua bella voce, giustamente da te richiamata e valorizzata. Mi auguro che Gino possa ritornare ancora a Racalmuto e insieme a lui potere "scendere al Raffo........." e rivivere insieme la sequenza della tua descrizione poetica, perfetta. Zio Matteo permettendo. Domenico Mannella
RispondiEliminaQuesto è ciò che a me piace pubblicare sul NOSTRO blog. Espressioni di fine cultura e padronanza dei propri campi.
EliminaRacalmutese...sempre più Fiero
Tre Tenori: Infantino - Puma - Scimè.
RispondiEliminaDue Cantori: Carbone - Mannella.
Applausi per tutti e cinque!
grande Piero,qualcuno allora e'stato al tuo fianco ed e' riuscito a godere di quel momento sublime delle note vibrate a modo di prova in un pomeriggio afoso di luglio.Con affetto ti saluto Totuccio.
RispondiEliminaAd onor del vero, caro Totuccio, va sostituito il pronome indefinito "qualcuno" con il tuo nome perché hai contribuito con entusiasmo, e disinteressatamente, alla riuscita dell'evento.
EliminaChe un paese così piccolo, come Racalmuto, abbia un teatro, è un fiore all'occhiello di cui andare orgogliosi. Che il teatro, per lungaggini burocratiche, sprovvedutezza e indolenza, sia tenuto chiuso, è una vergogna intollerabile per tutti i racalmutesi. Un'altra risorsa non sfruttata.
RispondiEliminaGrazie al prof Carbone per aver parlato, in maniera precisa del nostro teatro. Speriamo.....
La descrizione è così piacevole, così precisa, che si ha la sensazione di sentire la musica, il canto.
RispondiEliminaMaria
Ormai il mio, è un appuntamento quotidiano con Castrum Racalmuto Domani e una piacevole attesa dei post di Piero Carbone.
RispondiEliminaGiuseppe