Le immagini di quei
piccoli corpi straziati da violente esplosioni vengono rapidamente diffuse sui
social network, meno sulle televisioni. Un uomo porta in braccio una bimba
esanime. Il suo viso è color cenere, bruciato e sfigurato dalla violenza delle
armi. Una seconda immagine mostra altri quattro bambini all'obitorio. Gli occhi
sono leggermente socchiusi, ma è un'illusione.
Chi è nato a Gaza nel
2000 ed ora ne conta dodici ha subito i durissimi giorni dell'Intifada al-Aqsa,
è scampato ai missili e ai proiettili di Piombo Fuso.
Oggi a Gaza non ci
sono più bambini, ma sopravvissuti. Sopravvissuti che hanno nomi e storie, così
come nomi e storie hanno tutti i loro coetanei che sono morti fino ad oggi. Una
realtà dei fatti che stride pesantemente con le recenti dichiarazioni del
portavoce del primo ministro israeliano, Alex Selsky, secondo:“There are no
children hurt by the IDF” (“Non ci sono bambini feriti dall’esercito
israeliano”).
Save The Children ha
provato in questi giorni a lanciare l'allarme in merito ai danni psicologici
che i bambini possono aver subito nel corso degli attacchi. Quello
dell'organizzazione internazionale è però solo l'ultimo appello teso a
sottolineare le drammatiche condizioni in cui si trovano a vivere i bambini di
Gaza, quelli che non muoiono durante i conflitti a fuoco, quelli che scampano
alle bombe e che schivano i proiettili.
Il 2 giugno, Amnesty
International rilasciava un comunicato dall'eloquente titolo "Gaza’s lost
children" (“I bambini perduti di Gaza”). Secondo il dottore Fadil Abu
Hayan, circa il 50% dei bambini di Gaza soffre di insonnia a causa dei traumi
subiti. Moltissimi hanno paura del buio, così come hanno attacchi di panico e
vivono con un continuo senso di paura che non li abbandona mai. Sono tempi
difficilissimi persino per chi deve ancora nascere. Nel 2016, afferma l'Onu,
l'acqua di Gaza non sarà più potabile. Del resto già oggi il 90% dell'oro blu
che scorre nei rubinetti delle case dei palestinesi della Striscia non rispetta
gli standard della World Health Organisation (Organizzazione Mondiale della
Sanità).
Chi vede la luce
quest'anno si ritroverà nel 2025 a vivere insieme ad altre 2 milioni e 700 mila
persone che affolleranno i 365 chilometri quadrati di terra che compongono
l'enclave palestinese. In un rapporto sempre di quest'estate, Save The Children
analizzava anche l'impatto dell'embargo imposto da Israele sulla salute dei
bambini. L'assenza di cibo fresco e la scarsa qualità (nonché in molti casi
quantità) degli alimenti ha reso malnutrito il 10% dei bambini sotto i cinque
anni. Il 58,6% dei bambini in età scolastica soffre di anemia per mancanza di
ferro ed addirittura la medesima problematica riguarda il 68% dei minori di età
compresa fra i nove ed i dodici mesi.
Il rapporto osservava
infine quanto i risultati dell'operazione Cast Lead (Piombo Fuso) avessero
influito sulla salute mentale dei più piccoli. Ci sembra interessante riportare
alcuni dati in merito, perché se i metodi del Pillar of Defense (Pilastro della
Difesa) sono gli stessi del Cast Lead, lo saranno probabilmente anche le sue conseguenze
sui bambini di Gaza. Circa la metà delle 3.017 famiglie intervistate ha
riferito che almeno un membro della famiglia ha mostrato segni di irritabilità,
attacchi di pianto, incubi, insonnia e paura del buio. Oltre un terzo ha
riferito di aver sperimentato con sempre maggiore frequenza ripetuti pensieri
di morte.
I bambini di Gaza sono
in gran parte malnutriti, spaventati e psicologicamente instabili. Hanno visto
la morte di parenti, genitori, fratelli o sorelle. Hanno paura del buio, perché
ricordano il frastuono delle esplosioni, e poi le grida e il sangue. Secondo
Aida Kassab, del Gaza Community Mental Health Program, moltissimi bambini
soffrono del post traumatic stress disorder (disturbo post-traumatico da
stress), esattamente lo stesso disturbo di cui soffrono i
militari americani tornati dall'Iraq o dall'Afghanistan. Se un bambino soffre
delle medesime problematiche di un soldato addestrato e pronto per la guerra,
si può facilmente immaginare quali saranno le ripercussioni sulla sua vita
futura.
Questo è un altro dato
che non si può ignorare. Questi bambini, maltrattati, violentati nella loro
infanzia, prigionieri di un vortice di violenze inspiegabile ai loro occhi,
rappresentano il futuro della Palestina.
Marco Di Donato
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