L’adolescenza
è un periodo di grandi sconvolgimenti ormonali, fisici ed emotivi, di passaggio
dall’essere bambini al mondo degli adulti, e proprio in questo periodo della
vita per ragazzi e ragazze è fondamentale essere parte di un gruppo e dunque
sposare tutte le scelte e le mode che “il gruppo” impone, anche quelle che poi
così corrette o così sane non sono. E tra le mode, o meglio cattive abitudini,
diffuse tra i nostri adolescenti vi è l’eccessivo consumo di alcol, il cui
potenziale pericolo viene valutato solo, purtroppo con rammarico, nel corso di
un evento drammatico o degli anni quando ci si rende conto dei danni che questa
sostanza ha creato al proprio corpo.
L’etanolo
è una sostanza che induce dipendenza e pur essendo un nutriente capace di
fornire energia il suo abuso può indurre malnutrizione perché interferisce con
l’assunzione e la biodisponibilità di altri nutrienti importanti. Quando
assunto viene assorbito nel tratto gastroenterico e viene poi metabolizzato nel
fegato in acetaldeide, sostanza molto tossica per il nostro organismo.
L’eccessivo
consumo di alcol ha effetti dannosi su molti organi e tessuti, primo tra tutti
lo stesso fegato, dove si manifesta in forma di “steatosi alcolica”, cioè
fegato grasso causato dall’alcol; ma anche esofago e stomaco sono coinvolti,
con la comparsa di esofagite e gastrite, sia acute che croniche. L’alcol
determina inoltre una sensazione di calore, e di conseguenza una
vasodilatazione; in ambienti freddi può perciò avvenire una perdita di calore
da parte del corpo, che, non essendo avvertita, può portare ad ipotermia, cioè
al raffreddamento eccessivo: questa è la ragione per cui spesso avviene che,
d’inverno, degli ubriachi, resi incoscienti dall’ebbrezza alcolica, finiscano
per morire di freddo per strada, poiché non avvertono la perdita di calore.
Sul
sistema cardiovascolare, poi, una cronica assunzione di alcol può indurre
ipertensione arteriosa e cardiomiopatia congestizia. Ancora, meno
frequentemente della steatosi epatica, ma pur presente, può insorgere una
pancreatite, malattia spesso mortale e comunque sempre gravissima. Tra gli
effetti sul sistema nervoso centrale, oltre quelli acuti, vi sono la sindrome
di Wernicke-Korsakoff, una forma di demenza, l’atrofia cerebellare, che causa
instabilità e imprecisione nei movimenti, e la polineuropatia. Perfino a carico
dell’osso è stata descritta una malattia da alcol, in forma di osteoporosi.
Se
fino a qualche anno fa queste patologie riguardavano il povero emarginato che
vive per strada o il depresso cronico, oggi esse sono presenti – al pari
dell’abuso di alcol – in tutti i ceti sociali e purtroppo iniziano a vedersi
anche tra quei piccoli uomini e donne in divenire che sono gli adolescenti, e
che sono ancor più vulnerabili degli adulti agli effetti psichici ed organici
dell’alcol.
Una
indagine del 2011 dell’ISTAT ha verificato che è cresciuto fortemente il
consumo di alcolici fuori pasto da parte dei giovani, passando da un 15,5% nel
2001 al 18,8% nel 2011 nella fascia d’età compresa tra 14 e 17 anni, il che
tradotto in numeri significa che circa 14 milioni di individui di 11 anni e più
consumano giornalmente bevande alcoliche.
Non
bastasse questo, ormai non solo più all’estero ma anche in Italia si è andata
diffondendo l’abitudine – “moda” la chiamano spesso i giornali, ma è mortale! –
tra i giovani e giovanissimi di bere per sballarsi o ubriacarsi.
Quest’abitudine, presente sia tra i ragazzi che tra le ragazze, si associa
spesso al binge drinking (analogo al Disturbo di condotta alimentare noto come
binge eating, o alimentazione compulsiva), cioè il bere compulsivamente dai sei
o più bicchieri di alcolici e/o superalcolici in meno di due ore, spesso senza
mangiare nulla.
Questa
disturbo è stato sicuramente favorito dalla moda dilagante dell’happy hour,
un’ora intera, o a volte più tempo, durante la quale i giovani si incontrano e
possono bere alcolici spesso ad un prezzo scontato.
Occorre
ricordare che, benché in alcune regioni sia la famiglia stessa ad abituare precocemente
al consumo di alcol, l’alcol non è un nutriente essenziale e l’OMS raccomanda
l’astensione totale da esso fino a 15 anni.
Sicuramente
in questi comportamenti di gruppo l’emulazione gioca un ruolo fondamentale,
come ha dimostrato una ricerca che ha valutato la maggior assunzione di
alcolici tra gli abituali fruitori di film nei quali nelle più svariate
occasioni di vita gli attori consumavano bevande alcoliche o come la già citata
ricerca ISTAT che dimostra una maggiore diffusione del binge drinking tra gli
assidui frequentatori delle discoteche.
Si
può pensare che il fenomeno interessi soprattutto i ragazzi, ma anche una buona
percentuale di ragazze ha iniziato a bere in compagnia, spesso aumentandosi
l’età, e la cui motivazione è la ricerca di un rapporto migliore con gli altri,
rapporto che a quanto pare senza l’annullamento dei freni inibitori dato
dall’alcol non riescono ad avere, sia per insicurezza che per incapacità di
mostrarsi simpatici e “all’altezza”, ma che iniziano a bere anche per essere
più disinibite (ma lo stesso vale per i maschi) nell’approccio con un eventuale
partner, approccio che evidentemente attrae e terrorizza allo stesso tempo.
È
dunque indispensabile scoraggiare lo”sballo” dei nostri ragazzi, e questo va
fatto anche spiegando loro a quali conseguenze a breve e a lungo termine vanno
incontro, ma è altrettanto indispensabile cercare di prevenirlo: in tal senso
occorre evitare sia l’incoraggiamento ai bambini da parte di genitori, nonni
ecc. ad assumere bevande alcoliche se non a partire da una certa età, in
quantità minima ed esclusivamente in occasione di eventi di particolare
importanza, che un atteggiamento troppo rigido da parte dei genitori nei
confronti dell’alcol in genere, atteggiamento che può diventare per l’adolescente
un invito al consumo per quella ribellione e voglia di sovvertire le regole
propria dell’età.
Dott.ssa Assunta Martina Caiazzo
Medico Specialista in Scienza
dell’Alimentazione
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