A Racalmuto, giorni fa, discutevo con un amico, si
dibatteva su quello che si può fare per
migliorare alcuni aspetti e quello che non è opportuno ripetere perché non
porta a nulla. L’amico era convinto che tutti i mali rappresentano
l’espressione di carenti sistemi, io ero e sono sempre più convinto che una
buona fetta dell’agire da parte nostra è sempre mancata e che siamo anche
parzialmente responsabili di determinate sfiducie e alcuni malcontenti.
Spesso,
troppo spesso ascoltiamo frasi del tipo: “ la colpa è di chi dovrebbe occuparsi
di questo e non lo fa…” Siamo sempre convinti che le incombenze siano sempre
degli altri e mai nostre e che tutto ciò che accade potrebbe essere evitato se
solo chi deve sovrintendere lo facesse con opportuna attenzione e
responsabilità. Siamo sempre più convinti che se le cose accadono è perché
qualcuno si è sottratto a oneri che avrebbe dovuto assumersi.
E noi cosa
abbiamo fatto? Noi abbiamo solo aspettato che le cose ci venissero propinate
dall’alto e che ogni problema, ogni difficoltà fosse risolta dagli altri. Noi
abbiamo atteso immobili, convinti che la nostra attesa fosse un diritto
sacrosanto e che la nostra critica fosse legittima espressione di malcontento e
non di pretesa ma di qualcosa che indebitamente ci è stato sottratto. E tutti
concentrati in questo, nella convinzione di perdita nella nostra società
dell’autorità, abbiamo dimenticato quanto a questo concetto fosse fortemente
connesso il senso della responsabilità personale.
Il male sta nelle radici.
Così se convinti che tutto ci è dovuto, senza partecipazione alcuna da parte
nostra, senza responsabilità propria, convinti che una costante critica serva a
migliorare e non ad accrescere il malcontento, continuiamo a vivere immersi in
una beata irresponsabilità che ci fa credere quanto inefficace e inefficiente
sia l’azione di chi potrebbe potenzialmente agire, a volte a nostro vantaggio,
se solo riuscissimo a stabilire un clima idoneo e collaborativo.. Mai convinti
e mai contenti, sempre e solo ipercritici anche quando evidentemente le
responsabilità dell’attendere e del non fare e del pretendere sono solo nostre.
Questo nostro comportamento, oltre a non darci crescita, nè senso della
società, ci porta a cercare sempre un colpevole al di fuori delle nostre
competenze sociali e ci impedisce l’acquisizione seria e costante del senso di
responsabilità personale. La coscienza dei propri limiti e, soprattutto, la
convinzione delle proprie capacità messe in atto, rappresentano la via migliore
di una raggiunta maturità.
Racalmutese Fiero
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