I miei ricordi di
bambina sono legati a Racalmuto e alle domeniche trascorse coi miei nonni,
libera di girare e rovistare ovunque nella casa posta al primo piano, al
“Purgatorio”. Mi sembrava di scoprire dei tesori e toccavo oggetti che non
erano, per me, usuali.Girare per le stanze aveva un sapore indescrivibile che
faceva venir fuori tutto l’entusiasmo di bambina.Aspettavamo i cugini che
arrivavano più tardi e l’euforia era irrefrenabile.Mia nonna, col suo grembiule
nero, stava in cucina, preparava li cavati.Non permetteva a nessuno di
avvicinarsi a “lu scanaturi”, dove lei, con mani esperte e agili,impastava e
formava poi quei piccoli tozzetti di pasta rigirata.Noi bambini, in religioso
silenzio, stavamo a guardare quelle dita ossute che con velocità incavavano
rettangolini di impasto.Alla fine, messi al sicuro li cavati, la nonna ci
permetteva di giocare con un po’ di farina.Sul fornello borbottava, in una
pentola smaltata, il sugo che spandeva, per tutta la casa, un profumo di
pomodoro aspro e denso.Per la stanza, speranzosa di ricevere qualcosa,
gironzolava la solita gatta che, avvicinandosi troppo, veniva scacciata
ricevendo l’immancabile “iiiisssiiii”.Mentre noi bambini giocavamo, i grandi si
raccontavano le ultime novità del paese, più che altro pettegolezzi.Alla fine
si finiva sempre con le notizie su chi era morto, quando e come.Nel mentre, in
un’altra stanza, dove in un braciere ardeva “lu ginisi”, si preparava la
tavola, una tovaglia bianca che le zie facevano volteggiare in aria per poi
farla ricadere sul tavolo di legno spesso.Mia madre disponeva piatti, bicchieri
e posate.La nonna, in una profonda pentola con acqua bollente, faceva scivolare
la pasta che emanava odore di farina.Quando era ora di scolarla, noi bambini
venivamo allontanati perché potevamo scottarci.Finalmente i piatti venivano
riempiti e tutti sedevamo attorno al tavolo per gustare li cavati.L’allegria,
dovuta alla felicità di essere assieme, arricchita da un buo piatto era
tanta.La nonna, premurosa, più che mangiare, stava a controllare che i nostri
piatti fossero sufficientemente pieni o che volessimo un’altra porzione.Allora
la festa era rappresentata dal fatto che la famiglia si riunisse.Le poche cose
ci rendevano felici anche se molte cose mancavano. Ma ancora ricordo un piatto
di cavati, la serenità di mia nonna, l’allegria di tutti.
Rurù
DA OGGI PRENDE IL VIA LA NUOVA RUBRICA DI ANTICHE RICETTE CURATA DALLA
NOSTRA AMICA RURU’. CHIUNQUE VOLESSE SEGNALARE ANTICHE O ATTUALI PIETANZE,
PUO’ FARLO SCRIVENDO A: castrumracalmutodomani@gmail.com
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