martedì 10 luglio 2012

PERCHE’ NON SI PERDA LA MEMORIA

La festa del Monte è già alle spalle. Tra  discussioni, dibattiti, confronti, le tradizioni sono state conservate. Qualcuno mi riferisce: “non è più la stessa festa, tutto è cambiato….” Anche le tradizioni, quindi, si adeguano ai tempi. Una volta era impensabile che  “l’acchianata cu lu cavaddu”, venisse fatta  da bambini o donne. Le appartenenti al sesso femminile portavano, di solito, “li prummisioni”  in perfetto equilibrio sulla testa. E qui non c’entra il femminismo o la parità dei diritti tra uomo e donna. La tradizione era così, così veniva  tramandata. Il carrello che ha trasportato   “lu ciliu di li burgisi” è stato messo  a norma, perfettamente omologato per circolare su strada. Una volta “lu ciliu” veniva portato dai “facchini”; lu ciliu davanti e un carro che trasportava una botte di vino, dietro. Si comprende benissimo che la stabilità, dopo un po’, veniva compromessa. Allora si decise di metterlo in sicurezza e disporlo su un carrello. Della costruzione, a proprie spese, se ne occupò “lu zi Tanu Sferrazza”. Di recente, si è pensato di deporre il cilio dal carrello di “lu zi Tanu” già in sicurezza, per disporlo su un altro carrello omologato per circolare su strada, ma non omologato per il trasporto del cilio. Questo aspetto così poco  chiaro e complicato ha impegnato, non poco, il sottoscritto e l’amico Ignazio Scimè, cercando di sciogliere l’arcano.  Qualcosa è stata cancellata dalla Festa, non c’erano abbastanza fondi, il Comitato festeggiamenti ha dovuto fare delle scelte. Però, tutto sommato, poche cose sono state sacrificate o  poche persone se ne sono accorte. Sì, perché per tutti quelli che non sanno, le cose non sono state fatte senza regole. C’è stato, come ogni anno, del resto, un Comitato che si è assunto l’onere e l’onore di organizzare i festeggiamenti in onore di Maria SS. Del Monte, Regina di Racalmuto. Tutto, alla fine, è andato bene. Finita la Festa, si torna alla normale vita di tutti i giorni e ci si confronta con i problemi quotidiani, accantonati per l’occasione. Ieri  avete letto un toccante articolo di Roberto Salvo: “LU DEBITU BABBU”. Tratta aspetti sconcertanti di quello che fu lo sfruttamento e il maltrattamento dei minori in un recente passato. Sono fatti che non tutti conoscono o chi ne ha memoria, probabilmente non ne parla, per non far affiorare alla mente ricordi orribili o per timore di venire scambiato per millantatore. Resta, innegabilmente  il fatto che poco o niente si è fatto. Racalmuto è stato un paese che ha fondato la sua economia sull’estrazione del sale e dello zolfo. Un paese di agricoltori ma anche di salinai e zolfatai. Quasi ogni famiglia ha dato un amaro tributo all’economia del paese. Un padre, un marito, un fratello, un figlio, sono state vittime in quelle oscure gallerie illuminate, solamente, dalla fioca luce delle citalene. Ma ancor più raccapricciante è il fatto che a perdere la vita in quegli angusti cunicoli, siano stati tanti “carusi”, morti anche, per i maltrattamenti subiti. La nostra coscienza ci impone di fare qualcosa. Non possiamo rimanere inermi e non dobbiamo dimenticare quello che è accaduto anche nelle nostre miniere. Bisogna portare a conoscenza nelle scuole, con testimonianze,  non solo la vita dei minatori, ma anche la barbarie che si è perpetrata in quei luoghi. Sarebbe opportuno organizzare delle conferenze, la Fondazione potrebbe ospitarle.  Occorre dare un giusto spazio a quella che è stata la vita di questi nostri fratelli, figli, dedicando loro un museo che possa raccogliere reperti e quant’altro serva a testimoniare un passato. Il Castello Chiaramontano, o altra sede che le Autorità competenti potranno individuare, siano uno spazio idoneo dove custodire tutto il materiale che attesti una “memoria”. La voce del Dr Galeani, in occasione dei festeggiamenti, si è fatta sentire, parlando ai cittadini ha detto: “venite a trovarci, siamo aperti al dialogo, alle vostre proposte” Che tutto ciò sia di stimolo per tutti i cittadini racalmutesi e che li spinga a sostenere la nascita del museo e che li convinca  a donare  testimonianze  concrete di una vita dura e,  a volte,  prematuramente spezzata, materiale già in possesso di tanti racalmutesi, che potrebbe trovare il giusto risalto. Racalmuto non può rimanere insensibile verso questi figli. Sia data  la dignità che purtroppo è stata loro negata e il rispetto di uomini che non hanno avuto tempo di guadagnarsi. Anche per  loro può essere usato l’appellativo: “EROI”.

Racalmutese Fiero
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4 commenti:

  1. Questa insieme al museo archeologico, sarebbe una iniziativa che dovrebbe seriamente coinvolgere tutti i racalmutesi.
    Paolo

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  2. Una cosa si può fare: costituiamo un gruppo di volontari a titolo gratuito e proponiamo ai commissari di rinnovare il protocollo d'intesa con la Sovrintendenza.
    Penso ad esempio a tutti quelli che finora si sono interessati all'archeologia a Racalmuto e a coloro che hanno tentato in qualche modo di valorizzarla.
    Piero Carbone.

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  3. Continuo a pensare che Racalmuto riuscirà a dare ai suoi “EROI”, morti nel buio di quelle gallerie estranee alla normale vita dell’uomo, ciò che loro spetta: rispetto e riconoscenza. Altrimenti che, “paese veramente straordinario”, sarebbe?

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  4. E' doveroso ricordare e dare dignità a tutte le persone che hanno lavorato e anche sacrificato la loro vita nelle miniere.
    Molto interessante l'idea di far nascere un museo a Racalmuto.

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