venerdì 6 luglio 2012

Parole di ieri per la festa della Madonna del Monte


                        La ‘vesta pi la festa’

C’era un gran da fare ogni anno, nelle famiglie, all’avvicinarsi della festa! Negli anni  ’60 non c’erano, in paese grandi magazzini di moda, mercatini, negozi di abbigliamento. I vestiti si facevano confezionare: si compravano le stoffe e si andava dalla sarta. C’era da parte delle mamme un andirivieni da ‘ lu  pannieri’ a casa per far vedere la ‘mustra’ delle stoffe alle figlie. Se piaceva loro e davano l’assenso, si acquistava la stoffa. La “mustra” (campione)  era un piccolo ritaglio , tanto più piccolo quanto più costoso  era il metraggio .
Lu “panniere” era riluttante soprattutto con chi era povera e non poteva permettersi l’acquisto.  -Facissi viniri a so figlia  cca  accussì  la vidi di prisenza-  Cercava pretesti per non fornire la “mustra”.  Lu “panniere “ era il rivenditore di stoffe, gli scaffali del suo negozio  ne erano pieni di ogni colore e qualità : seta, cotone, chiffon, pizzo, satin facevano bella mostra e stuzzicavano la  curiosità delle clienti. Ne ricordo uno in particolare. Una volta  ho rischiato, da ragazzina, di rivolgermi  a lui con un  “signor Angadoro”.  Fu la nonna a fermarmi  in tempo e a spiegarmi che era il soprannome derivante da alcuni  suoi molari rivestiti d’oro (anga=dente d’oro). Poi c’era la sarta. Bisognava sceglierla e prenotare in tempo la confezione dell’abito. Il vestito più nuovo s’indossava la domenica, quando la festa raggiungeva l’acme e il capofamiglia portava tutti a prendere il ”pezzo duro”, il gelato a pezzi, in uno dei bar della piazza. Tutti seduti come si conveniva!  Le scarpe nuove, in genere, venivano acquistate  presso il negozio di “mastru Masi” oppure si andava ad Agrigento.  La “cubaita”, il torrone era di due tipi:bianco e marrone.  A me piaceva il secondo.  Mio padre evitava di comprare la “cubaita” preparata con mandorle vecchie, delle annate precedenti. Aveva un ottimo occhio clinico. Era veramente bravo! “Li bumbuluna” erano grosse caramelle di zucchero colorato che attiravano l’attenzione  dei bambini.  La pasta di zucchero veniva lavorata da un artigiano che si serviva di un gancio di ferro appeso ad un asse della sua bancarella. Quando la pasta incominciava a divenire elastica e morbida,ancor calda, la riversava su una lastra di marmo e incominciava a tagliare li “bumbuluna” “Li ciciri “, i ceci, si mangiavano abbrustoliti. Durante il ”passìo” ne venivano consumati a chili.  La “cicirara” era una signora/ina bassina e grassottella, sempre vestita in nero. Aveva, in piazza, un  piccolissimo negozio dove vendeva” ciciri “crudi o cotti al forno, ”simenza” e “nuciddri”. Anche d’inverno vendeva questa mercanzia! Che nostalgia!  E se andassi a Racalmuto  a  “vedere”  la festa della Madonna del Monte?


Maria Di Naro
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7 commenti:

  1. Quanti ricordi, leggendo questo articolo... e c'è di più... il panniere "Anga d'oro" è stato mio padrino di battesimo insieme alla figlia "Bellina" (Isabella), la quale vive a Palermo. Grazie x questi e altri ricordi ancora!
    Rosa Selvatica

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  2. Il ricordo mio di bambina sono: "li vesti luciusi". Orrende! Come era possibile scegliere simili stoffe?
    Dina

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  3. Vivere attraverso i vostri racconti, per me, che sono lontana da Racalmuto da anni, rappresenta una struggente nostalgia.
    Lina C.

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  4. Nessuno ha ancora parlato dei profumi. Gli odori di bummuluna, cubbaita, zucchero filato e tante altre cose. Non credo che in tutti i paesi la festa venga vissuta con tale intensità.
    Domenico

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  5. Ma si chiamava Anga d'oru o Denti d'oru?

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  6. Quando la famiglia era la famiglia e si godeva anche delle piccole cose. L'euforia dell'attesa della festa.
    Lilla

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  7. Eravamo poveri, belli e felici.
    Antonio

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