lunedì 16 luglio 2012

“Lo scandalo della Sicilia”

così lo chiama Giuseppe Carlo Marino

Mi piace pensare al popolo siciliano del dopoguerra composto prevalentemente di contadini come un popolo saggio e non certo pervaso in larga parte di cultura mafiosa come qualcuno sostiene. A tale proposito ci viene in soccorso Giuseppe Carlo Marino precisando che non si tratta di una sua colpa o di “una qualche originaria affinità antropologica tra la cultura popolare siciliana e la mafiosità”. La cultura mafiosa del popolo siciliano è effetto di “EGEMONIA”. Cosi scrive infatti Giuseppe Carlo Marino nel suo ultimo libro GLOBALMAFIA:

<<In qualsiasi sistema organico di egemonia, ha ben spiegato Antonio Gramsci, si crea una situazione nella quale le forze egemoni conseguono un’autorevolezza che in genere gli egemonizzati accettano senza obiezioni, tendendo addirittura ad avvalersene e a nutrirsene essi stessi, comunque avvertendo il dominio che li sovrasta come l’espressione di un ordine necessario assimilabile all’ordine naturale del vivere e del pensare. [……]. Di qui, tramite il comune registro delle tradizioni, si è realizzato un costante travaso al popolo dei valori elaborati e presidiati dai ceti dominanti. [……]. E furono loro (i baroni e i gabellotti n.d.r.) – pervadendo dall’alto del loro conseguito potere, come si è già ricordato, e giova ripetere, il mondo culturale tradizionalista di una società di poveracci analfabeti – ad “istruire” il popolo, mostrando come l’illegalismo possa generare ricchezza, come dalla ricchezza comunque conseguita, e tenacemente preservata dal poco al molto, scaturiscano le condizioni sociali della “valentia” e del “rispetto” e, quindi, dell’onorabilità e dell’”onore”; e chiamando tutto questo, con enfasi e passione, “Sicilia”.

Per fortuna, ci ricorda Marino, con Gramsci, esiste la CONTROEGEMONIA e quindi
abbiamo i Fasci siciliani e le lotte contadine del dopoguerra.

Scrive ancora Marino: <<In seguito, l’aprirsi della democrazia alla storia del socialismo avrebbe esercitato un ruolo determinante nel liberare dalla passività ampie masse popolari (dalle lotte dei Fasci dei lavoratori di fine Ottocento a quelle ancor più drammatiche contro i latifondisti e i gabelloti nel primo e nel secondo dopoguerra) generando una sempre più ampia e capillare consapevolezza sociale dell’oppressione e inducendo contestuali tentativi di riscatto e di liberazione mediante organizzate azioni “antimafia” interne al conflitto tra le classi.>>

Ed ecco il punto del discorso di Marino che più mi interessa focalizzare e cioè quello che egli chiama “lo scandalo della Sicilia” . Scrive Marino <<Resta comunque da rilevare (purtroppo) che UN’EGEMONIA ANTAGONISTICA non è mai riuscita in Sicilia a prevalere nettamente e, meno che mai, a stabilizzarsi. Il fronte cultura politica progressista+democrazia popolare, nei fatti, è risultato sempre sconfitto. Drammaticamente, spesso tragicamente, sconfitto; lasciando sul terreno centinaia di vittime e di martiri. Ed è questo il più inquietante dei retaggi che la storia siciliana continua a lasciare all’Italia e al mondo, un retaggio tenace che, in altro opera [Marino, 1993] si è già indicato come “lo scandalo della Sicilia” : uno scandalo da non riferire ad un’antimodernità e a un’arretratezza cronicamente tutelate e addirittura rivendicate in nome di speciali “valori” e tradizioni, ma che consiste, piuttosto “nel costante riassorbimento delle spinte innovatrici, e persino dei loro parziali esiti positivi, da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa”.

Sintetizzando possiamo dire che i tre punti della questione sono:

1) c’è un popolo siciliano pervaso di cultura mafiosa per effetto di EGEMONIA

2) C’è stata una CONTROEGEMONIA.

3) lo scandalo della Sicilia”, cioè il “costante riassorbimento delle spinte innovatrici, e persino dei loro parziali esiti positivi, da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa”

Si tratterebbe di un concatenarsi di “verità”, l’una non separabile dall’altra, l’una non spiegabile senza l’altra. Ma se delle tre verità sopra evidenziate una non “funziona” allora potrebbe essere possibile dubitare delle altre?

Ecco cosa secondo il mio modestissimo parere non funziona. Non è vero che il grande movimento dei Fasci e l’altro grande movimento delle lotte contadine sono stati RIASSORBITI da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa. I contadini siciliani sconfitti non sono stati risucchiati passivamente dalla cultura mafiosa della classe dominante; sono semplicemente EMIGRATI, hanno SCELTO di emigrare. Di questo non trovo traccia in Marino. 

Un MILIONE di siciliani sono emigrati dopo la sconfitta dei Fasci, un MILIONE E MEZZO nel dopoguerra, una vera ferita nel corpo della Sicilia, la cui “onda lunga” come la chiama Umberto Santino, ancora si fa sentire.

Giuseppina Ficarra
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3 commenti:

  1. Chi emigra non perde. Perde chi l'ha costretto a farlo
    Federica

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  2. COME LA GERMANIA CHE HA PERSO "ROMA"

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  3. Se in quel circolo vizioso, sottolineato dal prof Marino, egemonia -antiegemonia , tutte le spinte innovative venissero riassorbite nel sistema egemone, dovremmo parlare di una realta' siciliana,condannata all'immobilismo e alla dimensione mafiosa. Vero e' che i grandi movimenti dei fasci e delle lotte contadine ,in Sicilia sono stati sempre sconfitti , ma e' altrettanto vero che nella dimensione dello scontro si matura una nuova coscienza dei propri diritti, una nuova consapevolezza, grazie alle quali oggi, non si puo' piu' assimilare tout-cout la Sicilia alla sola dimensione mafiosa. Rosa Casano Del Puglia

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