così lo chiama Giuseppe Carlo Marino
Mi
piace pensare al popolo siciliano del dopoguerra composto prevalentemente di
contadini come un popolo saggio e non certo pervaso in larga parte di cultura
mafiosa come qualcuno sostiene. A tale proposito ci viene in soccorso Giuseppe
Carlo Marino precisando che non si tratta di una sua colpa o di “una qualche
originaria affinità antropologica tra la cultura popolare siciliana e la
mafiosità”. La cultura mafiosa del popolo siciliano è effetto di “EGEMONIA”.
Cosi scrive infatti Giuseppe Carlo Marino nel suo ultimo libro GLOBALMAFIA:
<<In
qualsiasi sistema organico di egemonia, ha ben spiegato Antonio Gramsci, si
crea una situazione nella quale le forze egemoni conseguono un’autorevolezza
che in genere gli egemonizzati accettano senza obiezioni, tendendo addirittura
ad avvalersene e a nutrirsene essi stessi, comunque avvertendo il dominio che
li sovrasta come l’espressione di un ordine necessario assimilabile all’ordine
naturale del vivere e del pensare. [……]. Di qui, tramite il comune registro
delle tradizioni, si è realizzato un costante travaso al popolo dei valori
elaborati e presidiati dai ceti dominanti. [……]. E furono loro (i baroni e i
gabellotti n.d.r.) – pervadendo dall’alto del loro conseguito potere, come si è
già ricordato, e giova ripetere, il mondo culturale tradizionalista di una
società di poveracci analfabeti – ad “istruire” il popolo, mostrando come
l’illegalismo possa generare ricchezza, come dalla ricchezza comunque conseguita,
e tenacemente preservata dal poco al molto, scaturiscano le condizioni sociali
della “valentia” e del “rispetto” e, quindi, dell’onorabilità e dell’”onore”; e
chiamando tutto questo, con enfasi e passione, “Sicilia”.
Per
fortuna, ci ricorda Marino, con Gramsci, esiste la CONTROEGEMONIA e quindi
abbiamo
i Fasci siciliani e le lotte contadine del dopoguerra.
Scrive
ancora Marino: <<In seguito, l’aprirsi della democrazia alla storia del
socialismo avrebbe esercitato un ruolo determinante nel liberare dalla
passività ampie masse popolari (dalle lotte dei Fasci dei lavoratori di fine
Ottocento a quelle ancor più drammatiche contro i latifondisti e i gabelloti
nel primo e nel secondo dopoguerra) generando una sempre più ampia e capillare
consapevolezza sociale dell’oppressione e inducendo contestuali tentativi di
riscatto e di liberazione mediante organizzate azioni “antimafia” interne al
conflitto tra le classi.>>
Ed
ecco il punto del discorso di Marino che più mi interessa focalizzare e cioè
quello che egli chiama “lo scandalo della Sicilia” . Scrive Marino
<<Resta comunque da rilevare (purtroppo) che UN’EGEMONIA ANTAGONISTICA
non è mai riuscita in Sicilia a prevalere nettamente e, meno che mai, a
stabilizzarsi. Il fronte cultura politica progressista+democrazia popolare, nei
fatti, è risultato sempre sconfitto. Drammaticamente, spesso tragicamente,
sconfitto; lasciando sul terreno centinaia di vittime e di martiri. Ed è questo
il più inquietante dei retaggi che la storia siciliana continua a lasciare all’Italia
e al mondo, un retaggio tenace che, in altro opera [Marino, 1993] si è già
indicato come “lo scandalo della Sicilia” : uno scandalo da non riferire ad
un’antimodernità e a un’arretratezza cronicamente tutelate e addirittura
rivendicate in nome di speciali “valori” e tradizioni, ma che consiste,
piuttosto “nel costante riassorbimento delle spinte innovatrici, e persino dei
loro parziali esiti positivi, da parte dell’egemonia politico-culturale della
società mafiosa”.
Sintetizzando
possiamo dire che i tre punti della questione sono:
1)
c’è un popolo siciliano pervaso di cultura mafiosa per effetto di EGEMONIA
2)
C’è stata una CONTROEGEMONIA.
3)
lo scandalo della Sicilia”, cioè il “costante riassorbimento delle spinte
innovatrici, e persino dei loro parziali esiti positivi, da parte dell’egemonia
politico-culturale della società mafiosa”
Si
tratterebbe di un concatenarsi di “verità”, l’una non separabile dall’altra,
l’una non spiegabile senza l’altra. Ma se delle tre verità sopra evidenziate
una non “funziona” allora potrebbe essere possibile dubitare delle altre?
Ecco
cosa secondo il mio modestissimo parere non funziona. Non è vero che il grande
movimento dei Fasci e l’altro grande movimento delle lotte contadine sono stati
RIASSORBITI da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa. I
contadini siciliani sconfitti non sono stati risucchiati passivamente dalla
cultura mafiosa della classe dominante; sono semplicemente EMIGRATI, hanno
SCELTO di emigrare. Di questo non trovo traccia in Marino.
Un
MILIONE di siciliani sono emigrati dopo la sconfitta dei Fasci, un MILIONE E
MEZZO nel dopoguerra, una vera ferita nel corpo della Sicilia, la cui “onda
lunga” come la chiama Umberto Santino, ancora si fa sentire.
Giuseppina Ficarra
Chi emigra non perde. Perde chi l'ha costretto a farlo
RispondiEliminaFederica
COME LA GERMANIA CHE HA PERSO "ROMA"
RispondiEliminaSe in quel circolo vizioso, sottolineato dal prof Marino, egemonia -antiegemonia , tutte le spinte innovative venissero riassorbite nel sistema egemone, dovremmo parlare di una realta' siciliana,condannata all'immobilismo e alla dimensione mafiosa. Vero e' che i grandi movimenti dei fasci e delle lotte contadine ,in Sicilia sono stati sempre sconfitti , ma e' altrettanto vero che nella dimensione dello scontro si matura una nuova coscienza dei propri diritti, una nuova consapevolezza, grazie alle quali oggi, non si puo' piu' assimilare tout-cout la Sicilia alla sola dimensione mafiosa. Rosa Casano Del Puglia
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