Ho conosciuto ieri in un bar di
Palermo, dove ci eravamo dati appuntamento, il mio amico di FB Pippo Carrubba e
la gentile sorella che lo ha accompagnato. Pippo Carrubba mi è quasi coetaneo,
originario di Riesi e poi vissuto nel genovese per via del suo lavoro di
operaio alla Fincantieri. Si trova a Palermo dove vive la sorella e dove viene
una volta l'anno per rivederla e stare un po' con lei e la sua famiglia. Mi ha portato in dono i tre libri che ha
scritto per raccontare la Sicilia, la storia della sua vita, le lotte alla
Fincantieri.
Ieri sera ne ho preso in mano uno ed ho cominciato a leggerlo. Non
riuscivo a staccare gli occhi dallo scritto e ben presto sono stato preso dalla
necessità di leggerlo tutto il più presto possibile, magari sommariamente, per
poi ritornarvi con più calma.
E' un libro che riguarda soprattutto
la sua infanzia di bambino poverissimo, spesso ospite di orfanotrofi e narra la
Sicilia nella sua durezza spaventosa. Quanto può essere dura la Sicilia con i
poveri può essere raccontato da chi l'ha vissuta.
La Sicilia raccontata da Verga è
la stessa Sicilia raccontata da Pippo Carrubba ma mentre qualche volta quella
di Verga è verista, quella di Pippo è soltanto vera. Leggendo "Tempi di cicoria amara nel XX
secolo", che è il titolo del libro di Pippo, ho provato una forte emozione come soltanto
la visione di una grande opera d'arte o il recupero di sentimenti già provati e
sedimentati nel fondo della nostra anima possono dare.
Ho letto per esteso la
descrizione dello stupro, ad opera di soldati americani, di otto bambine che
accompagnate dal carrettiere don Ciccio si recavano da Delia a Caltanissetta. Straordinaria la
figura di Don Ciccio che, per difendere le bambine, viene colpito ed ucciso dai soldati dopo averne accoltellato uno che stava
addosso al corpicino di una. Il capitolo riguardante "lo stupro" è di
una verità e di una forza straordinaria e mi ha ricordato molto la Ciociaria di
Moravia e poi di Sofia Loren, ma qui lo scenario e i tratti della tragedia sono
certamente più grandi ed intensi e popolate da tante figure, come quella del
cane Dix ucciso mentre tentava di
difendere il suo padrone.
Altro capitolo straordinario è
quello dedicato al mafioso la cui abitazione è tempestata dalle pietrate di una
madre a cui aveva maltrattato il figlio: "Don Liborio dei miei cabasisi!”.
Anche questa storia raccontata con una vivezza straordinaria!
Il libro è un pozzo inesauribile
di verità storiche e nello stesso tempo un romanzo straordinario sulla Sicilia.
Un romanzo fatto di verità, di una verità che raccontata diventa essa stessa
arte. Ritornerò a parlarvene perchè ne vale davvero la pena. I soli capitoli
dedicati alla invasione americana che lasciò, come abbiamo saputo soltanto
molti decenni dopo, una lunga scia di sangue, di orrore e di dolore, valgono la
pena di procurarsi lo scritto. Ma il libro è molto di più. E' la storia di una
povertà vista dalla zona più profonda della sofferenza e della privazione.
Pietro Ancona
Ho letto questo libro di Pippo Carrubba. Molto bello; struggente a tratti commovente
RispondiEliminaOggi nel pomeriggio andrò a caccia di questo libro, la curiosità, ma soprattutto la certezza che sarà un piacere leggerlo mi spinge ad averlo al più presto. Chissà quante storie come quella raccontata dallo scrittore Pippo Carrubba ci sono nelle menti di tanti siciliani, voglio invitarli tutti a scriverle, magari chiedendo aiuto a Pietro che sono sicuro si presterebbe con molto piacere. Roberto Salvo
RispondiEliminaMi piace sottolineare che l'autore, Pippo Carrubba, devolve il 50% del ricavato dalla vendita del libro, a un'associazione oncologica. Questo fa onore a un vero siciliano!
RispondiEliminaNon ci sono parole per commentare questa triste testimonianza. Più leggo la storia della Sicilia e più mi convinco, sempre più, che la nostra terra è stata da sempre stuprata. Spero che un giorno noi tutti potremo essere orgogliosi di essere, finalmente, SICILIANI LIBERI
RispondiEliminaL'amore per una terra tanto dura ma mai dimenticata. Anche io vivo lontano dalla mia Sicilia. Porto dentro gli odori, i colori. Ogni volta che i miei figli, ahimè "polentoni", mi invitano a parlare della mia terra, dopo un po' devo interrompere; un nodo alla gola mi impedisce di continuare.
RispondiEliminaTotò B.
Mi raccontava mio nonno che gli americani furono visti come salvatori, liberatori dall'oppressione. In verità si macchiarono anche di orrendi crimini. Mio nonno aveva gli occhi lucidi quando mi raccontava queste cose
RispondiEliminaMi sono chiesto sempre perchè si rimane legati ad una terra che ci ha tolto tanto e dato molto meno. Cosa ci tiene così saldati alla Sicilia tanto da provarne nostalgia per tutta una vita, buona parte della quale trascorsa in altra terra?
RispondiEliminaAl carissimo Anonimo delle 11,58:
RispondiEliminaLa Sicilia non ti ha dato poco e non ti ha tolto nulla. Sono stati tutti gli invasori, fin dall'antichità, a toglierci tutto ed è per questo che amiamo la nostra isola, perchè non è mai stata veramente e solo nostra. Ciò significa che quando viene a mancarci qualcosa di bello, di buono, ne apprezziamo il valore perduto.