alla tua lettera e, soprattutto alla storia contenuta in essa: “la rana e
lo scorpione”, riflettendo, tendo a dare altre spiegazioni oltre a quelle da te
riferite. Il mio ragionamento parte da semplici presupposti;
non è ragionevole credere che solo perché ci capita di avere la presunzione
di sapere una cosa, anche tutti gli altri debbano saperla e accettarla. Credo
che il concetto da te espresso debba spaziare applicandolo agli aspetti
“oscuri” del comportamento umano.
Tanto si può dire sulle circostanze
in cui qualcuno si colloca nel ruolo dello scorpione o della rana. Il fatto è
che in questa irritante fiaba c’è una fastidiosa verità: accade davvero che
qualcuno si comporti in modo incomprensibile senza alcuna identificabile
ragione se non che, chissà perché, “quella è la sua natura”. Azzardando una
morale personale che attribuisco alla
favola, credo che il significato più
forte sia proprio la sua inspiegabilità. Un agire con danno per sé e per altri
senza alcun comprensibile motivo. Una follia che si annida nella natura umana, di cui si vedono molti esempi. Alcuni, per fortuna, più comici che
preoccupanti, ma altri, purtroppo, dolorosamente tragici.
Ci sono molti comportamenti in cui la conseguenza di un errore o di un
inganno è sconfitta o vendetta, gratitudine o tradimento, crudeltà o
compassione, immeritata sofferenza o inaspettato lieto fine.
Dalle più remote origini fino alle
cronache dei nostri giorni, rimane fra le più insidiose forme di stupidità il
fatto che un essere umano – o nella fattispecie, un essere vivente - possa
nuocere a sé e ad altri senza alcun comprensibile motivo, solo perché “è nella sua natura”.
Quando seguiamo il nostro modo di essere, la nostra strada, possiamo non
piacere a chi ci sta vicino, ma in fondo se seguiamo veramente la nostra vera
natura non possiamo sbagliare e non siamo giudicabili - nel bene e nel male - siamo semplicemente così come siamo. Questo non vuole dire che la semplice
accettazione del proprio modo di essere debba autorizzare nostri comportamenti
a danno del singolo o della comunità e non debba seguire il tentativo di
migliorarsi.
Adattando la favola alla realtà dei nostri giorni, penso si possa affermare
che ci sono due tipi di scorpione e francamente non so qual è peggio.
Quello che ammazza arrivati alla fine della strada, fregandosene altamente
del rapporto che si costruisce tra lui e la rana che lo porta in spalla e
per rapporto intendo un rapporto di
qualsiasi genere; parlo del fatto che l'opportunista, il nostro scorpione, per
farsi portare in spalla fino alla fine, fa in modo che la rana non senta il
peso quindi ne manipola la fiducia ed i sentimenti come vuole. Poi, finito il
percorso, raggiunto il suo scopo, prende la rana e l'ammazza a suo piacere.
E poi c'è l’altro scorpione, che secondo me è il peggiore tra i due,
quello che ti fa credere di voler soffocare il proprio istinto di
ammazzarti quando non gli servi più, tu quindi pur sapendo in principio chi hai
davanti credi nel cambiamento, nella redenzione che possa operarsi anche per
merito tuo e provi a dare fiducia.
Poi, però, arrivato a metà, ti rendi conto dell'imprevisto: tra te che
l'aiuti e lui, si sta sviluppando un rapporto di fiducia vera che rappresenta
un andare contro la propria natura, quindi ti “uccide”.
Spesso, troppo spesso, caro Roberto, non riusciamo a vedere oltre il nostro
naso, ma ci fermiamo alla superficialità, non solo perseguendo ambìti traguardi
personali, non avendo rispetto delle
persone che sfruttiamo e, a volte, calunniamo per ottenere ciò che ci
serve, pronti a mollarle quando abbiamo
ottenuto quello che desideriamo, calpestando ogni basilare principio di lealtà.
Racalmutese Fiero
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