martedì 15 gennaio 2013

“CI SONO PERSONE CHE SANNO TUTTO E PURTROPPO E’ TUTTO QUELLO CHE SANNO” (Oscar Wilde)


Due citazioni che trovano un collegamento univoco; “l’attimo fuggente”, il film da cui è tratta la frase “oh capitano mio capitano”. Un carpe diem comune. Ma cosa vuol dire : “cogli l’attimo?” A prima vista si tende a dare un significato che mira a cogliere tutto quello che possiamo, ad approfittare di ogni istante, ogni situazione anche fuori dalle regole, dagli schemi prestabiliti, dai conformismi.

Se scendiamo ancor più nel dettaglio, non solo del “carpe diem” ma anche “dell’attimo fuggente” e del “oh capitano mio capitano”, ci accorgiamo che stiamo parlando di unione di intenti, collaborazione, scardinamento di vecchi sistemi. L’avanzare collettivo contro le ingiustizie, le avversità, le storture, gli approfittatori di situazioni facilmente carpibili in contesti non efficienti. L’individuazione, prima, di un percorso unico che miri a raggiungere l’obiettivo. Un percorso di crescita, insomma, che dovrebbe portare alla percezione di ciò che scandisce la vita di ogni individuo.

Quel carpe diem che insegna a cogliere in tempo quanto la vita ha da offrire in modo concreto, senza bruciarla in effimere azioni o illusorie promesse. L’affermazione di una libertà conquistata e mai messa al servizio di oscuri progetti. Un’indipendenza intellettiva, culturale che affermi la vittoria morale sull’ipocrisia, sull’oscurantismo della sensibilità. Indipendenza che non scaturisce, a tutti i costi, dall’essere colti, “intellettuali”, come ormai spesso leggo e sento un po’ dappertutto, quando si parla di Racalmuto e di uomini.

E, per dirla con Oscar Wilde: “Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno.” Una frase che relega, quanti vogliono farci credere di essere condottieri esclusivi, in più terrene condizioni, che dovrebbe essere da stimolo e che possa portare tutti a balzare in piedi e affermare il diritto alla libertà, all’indipendenza, alla condivisione non di un attimo fuggente ma di tutta un’esistenza, per un futuro prossimo e, ancor più avanti, dei nostri figli. Figli di una terra che ha bisogno di ritrovare i valori, l’identità e la fiducia.

Così da poter reagire, senza timore alcuno, alle parole di Orazio che precedono il carpe diem: “mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già passato”. Ponendo, quindi, in primo piano la libertà nel gestire la nostra vita ed essere responsabili del nostro tempo, del nostro destino.

Racalmutese Fiero
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2 commenti:

  1. Il fine comune? cerchiamo di raggiungerlo !!!.
    Ma prima bisogna individuarlo, discuterlo, accettarlo, e, infine, proporlo.
    Ci sono le condizioni perchè tutto ciò si possa verificare?
    Attualmente proviamo piacere a criticare, demolire, demonizzare l'altro. Con quale effetto? Il cortile!!! E il Cortile può perseguire il fine comune? Certamente No! Il cortile è foriero solo di sterilità. Se è questo quello che vogliamo, continuiamo tranquillamente a farlo.
    I risultati sono indubbi: sarà un buon motivo per crogiolarci nel nulla.
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    1. Somme considerazioni! Ma per alcuni, purtroppo, i luoghi all'aperto, come i cortili appunto, ma non solo; sono posti ideali per dare sfogo ai propri convincimenti a prescindere. Bisognerebbe che tutti ci sforzassimo di essere coerenti e obbiettivi almeno con noi stessi e poi con gli altri, mutando anche le proprie convinzioni se è giusto e necessario.

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