venerdì 25 gennaio 2013

LO SCATTO POSSIBILE


Non c’ero e quindi, non potendo “annusare” l’aria che si respirava, non posso esprimere giudizi sulla serata di ieri al teatro Regina Margherita di Racalmuto. Per  farmi solamente un’idea, mi affido all’articolo di Salvatore Picone su Malgrado Tutto. Una serata e un teatro definiti “freddi”. Nessuna colpa da attribuire ad alcuno. I Commissari hanno fatto gli onori di casa, gli spettatori, eterogenei hanno assistito alla rappresentazione del “Giorno della civetta”, regia di Fabrizio Catalano, tratta dal racconto di Leonardo Sciascia. Le Autorità presenti hanno visitato i luoghi dello scrittore di Racalmuto, manifestando l’intenzione di collegare questi ad altri luoghi siciliani di interesse artistico culturale. I vertici militari presenti. Le forze dell’ordine  rimaste inoperose. Ma su questo non avevamo dubbi. 

Alla fine della serata  il “Capitano Bellodi” , nella vita l’attore Sebastiano Somma, ringrazia i racalmutesi per l’accoglienza riservata alla compagnia di artisti, ed  esprimendo un pensiero comune, si dice vicino alla cittadinanza, pressata da un periodo difficile, concludendo con parole di vicinanza , di solidarietà e di incoraggiamento per Racalmuto. Tutto quello che di positivo si pensa di fare  per il paese deve essere considerato apprezzabile, quanto meno nelle intenzioni. 

Forse abbiamo “vissuto” ieri un’occasione mancata: la visita del Ministro Anna Maria Cancellieri e del Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta. Reputo che personalità di tale importanza possano ulteriormente testimoniare la voglia che tutti abbiamo di risollevare le sorti di Racalmuto e garantire la vicinanza delle Istituzioni, dello Stato. 

La mia sensazione è che tanto si voglia fare per aiutare questa comunità e forse manca la coesione giusta, quel legame o collante che saldi assieme persone e idee, un’organizzazione appropriata che sappia indirizzare e tradurre buoni propositi in azioni tangibili. “Il più grande peccato della Sicilia è quello di non credere nelle idee”, queste le parole di Sciascia. 

Che non accada proprio qui, in questo nostro paese. Che siano idee vive, condivise e si insista nel seguirle e nel metterle in atto. Mi riferisco  a tutti i racalmutesi, ovunque siano e qualunque attività o professione svolgano. Questo è un momento particolarmente difficile, delicato dove nulla deve infrangersi in pretestuosi ragionamenti o distorte interpretazioni. Gli attuali amministratori, che ripetiamo, hanno il compito di traghettare la comunità verso la legalità, appianando negatività  che insistevano sull’ente, lasceranno una comunità pronta, si spera, a muovere sulle proprie gambe. La direzione deve essere unica, scevra da pregiudizi e pronta al libero e leale confronto. Ma proprio da ciò deve scoccare quella scintilla di orgoglio  che possa produrre quello scatto possibile.

Racalmutese Fiero
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3 commenti:

  1. Sciascia, svelato l' ultimo enigma
    Perché si fece scolpire l' epitaffio: «Ce ne ricorderemo, di questo pianeta»

    «Mi ci romperò la testa», dice, alla fine del Giorno della civetta, il capitano Bellodi. Intendendo che tornerà in Sicilia per tentare cocciutamente di capire, di afferrare il senso di quella terra «incredibile» che lo ha giocato, al pari di tanti altri benintenzionati funzionari dello Stato calati dal Nord, ma che lo ha anche svezzato, reso più maturo e corazzato contro le insidie delle sirene meridionali. «Mi ci romperò la testa»: qualcosa di simile, anche se con motivazioni del tutto diverse, mi viene da pensare a proposito dell' epitaffio inciso sulla tomba di Leonardo Sciascia: «Ce ne ricorderemo, di questo pianeta». Passati tanti anni dalla sua morte, possiamo dire ormai con chiarezza che un epitaffio sulla tomba di Sciascia (qualunque epitaffio) appare non in sintonia con il personaggio, così sobrio, riservato, così discreto da avere voluto i funerali in chiesa per non creare scandalo (così, credenti e non credenti, si moriva a Racalmuto, il suo paese; così, secondo tradizione, volle fare lui).
    A.M.

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  2. Giornale L’Ora il 9 maggio 1979,
    “l’eresia è di per sé una grande cosa, e colui che difende la propria eresia è sempre un uomo che tiene alta la dignità dell’uomo. Bisogna essere eretici, rischiare di essere eretici, se no è finita. Voi avete visto che non è stata soltanto la Chiesa cattolica ad avere paura delle eresie. E’ stato anche il Partito Comunista dell’Urss ad avere paura dell’eresia, e c’è sempre nel potere che si costituisce in fanatismo questa paura dell’eresia. Allora ogni uomo, ognuno di noi, per essere libero, per essere fedele alla propria dignità, deve essere sempre un eretico”.
    Ed allora usare pensieri del Maestro per conformarsi a condotte adulatrici e senza idee mi sembra semplicemente abnorme. Sciascia non tralasciò mai nelle sue opere l’impegno civile contro le ingiustizie : “Mi guidano la ragione, l’illuministico sentire dell’intelligenza, l’umano e cristiano sentimento della vita, la ricerca della verità e la lotta alle ingiustizie, alle imposture e alle mistificazioni ”.
    Io studio da anni per poter copiare qualche frase da Sciascia, sperando di non offendere il suo pensiero riporto qualche frase non solo per il suo stile asciutto, efficace, essenziale, ritmato, ironico, colto – ma per il suo impegno politico e civile. Le idee camminano con le gambe degli uomini e non cambiando il colore delle parole,
    Ignazio Scimè

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  3. Da "sono tornate le lucciole"; una normalissima passeggiata in campagna ognuno può trarre personalissime sensazioni. Le lucciole si possono o non si possono vedere. Si può o non si può,oltre che sentire, leggere il messaggio del profumo
    della terra, si può vedere un pino e la storia che gli è cresciuta attorno; può, anche vedersi soltanto il pino.E se uno scrittore scrive di mafia e di politica, e vede anche le lucciole, e chiede i funerali nel Santuario del suo paese e' sicuramente un uomo che va oltre i suoi scritti, tanto oltre da pensare al pianeta e non avendo tempo e mezzi, lascia un epitaffio; ricordatevi voi di questo pianeta: salvatelo perchè ve lo stanno avvelenando.

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