Sì,
un felice ritorno è quello che mi augurano i miei amici racalmutesi. Il Paese è
vuoto, poche persone nel “salotto”. Non si sente più il chiacchiericcio, i
pettegolezzi, le congetture. La sera si ha l’impressione di trovarsi in un
paese fantasma, domina l’umido. I racalmutesi, tappati al caldo delle case,
aspettano eventi risolutori di ultime stangate.
Ci vorrebbe, per l’occasione e
non solo per questa, un risolutore, un uomo capace, un cavaliere senza macchia
che, per amore, per spirito di sacrificio e solo per quello, sia disposto a dimorare
in questo paese tanto umido e tanto disarmato e, spesso, sprovveduto.
Occorrerebbe, per questa e per tante future occasioni, un sindaco che abbia polso,
favella e cultura e che sia ottimista in
maniera innata, costituzionale.
Ma dove e come trovare un simile Lancillotto
disposto, gratuitamente, a sobbarcarsi i tanti problemi che Racalmuto ha
attraversato e sta ancora attraversando? E dove trovare dei sostenitori validi
disposti anche loro ad agire in perfetta sintonia col nostro Lancillotto e
salvare la “Patria”?
Forse qualche “ripescaggio” potrebbe essere possibile
rovistando vecchie glorie che il paese ha prodotto. Persone che, come “forieri
d’alloggiamento”, siano capaci logisticamente di preparare un buon terreno,
facendo digerire qualche piccolo boccone indigesto. E come api attorno ad un
favo di miele, siano pronti a suggere quel prelibato nettare.
Racalmutese Fiero
Quale augurio migliore di un felice ritorno,sono veramente amici carissimi per un simile pensiero.E, si costruiscono come muri, gli amici; pietra su pietra, ad incastonare l'una all'altra, allineate e connesse sino a fare un tutt'uno.
RispondiEliminaLunghi muri allineti, paesaggi ad orizzonti aperti,serate di luna piena vissute nel tempo e nel luogo e anche di rigidi inverni; appartenenza vera.O lancillotto sindaco in un paese scientificamente trascinato nel caos. ORDO AB CAOS!
Il desiderio che una sola persona possa risolvere tutto e' solo pia utopia! No, proprio no. Ci vuole ben altro. Ci vuole che ognuno di noi non deleghi mai ad altri compiti che ognuno deve mantenere per se: controllo costante di ogni decisione sia politica sia amministrativa- controllo della spesa pubblica - controllo di cosa hanno fatto quelli a cui abbiamo dato il voto etc ... etc...
RispondiEliminaNon e' semplice fare cio'. Ma se si sceglie la strada della delega sono inevitabili i disastri in cui ci troviamo a livello locale e/o nazionale Ettore Liotta
Sono un osservatore (per la verità non assiduo)delle vicende sociali e politiche della nostra Racalmuto e non solo.
RispondiEliminaSe posso, in merito al documento scritto dal dott. Alfano, vorrei sottoporre alla vostra attenzione un possibile criterio per individuare non la persona ma il gruppo che potrebbe proporsi al governo della città.
(Resta sottinteso che ogni criterio possibile non potrà mai compensare le evidenti carenze culturali di fondo che i Racalmutesi hanno, compresi quelli che si credono "intellettuali" senza in realtàesserlo).
Il criterio oggettivo, dicevo, potrebbe essere quello di osservare e valutare la storia di ognuno.
Ovviamente stiamo parlando dell'impegno e dell'attività prestata senza scopo di lucro in favore della collettività in un arco di tempo tale da escludere finalità di "scopo" dal corto respiro.
Anche la stessa attività politica, fatta nel suo significato autentico, può essere considerata azione sociale.
Chi può dimostrare di saper conciliare adeguatamente, l'attività politica con quella dell'azione sociale volontaria ottenendo il miglior risultato, potrà leggittimamente, a mio parere, proporsi come classe dirigente di questo paese.
Di contro i cittadini dovrebbero emarginare politicamente tutti quelli che in questi anni hanno dimostrato assoluta insensibilità ai problemi generali, anzi sono stati essi stessi forieri di tante "disgrazie".
Gradirei un parere del dott. Alfano
Gentile Anonimo,
RispondiEliminami sarebbe piaciuto, visto che mi esorta ad esprimere un parere, che avesse firmato il suo commento. Comunque, ogni azione "cristallina" non può che trovare d'accordo il sottoscritto e, sicuramente, tutti quelli che vogliono risolvere i problemi di una piccola comunità, quale Racalmuto o di una realtà più ampia, nazionale. E non credo che i buoni sentimenti debbano albergare esclusivamente negli "intellettuali", ma ognuno, per la sua parte, può dare un valido contributo. Cordialità
Gentile anonimo del 12 gennaio 2013 ore 21:00, non credo che Lei sia un "attento" osservatore dell vicende sociali di Racalmuto, altrimenti non avrebbe asserito che i Racalmutesi (tutti?) hanno evidenti carenze culturali di fondo. Scusi ma che significa tutto cio? Gradirei, se possibile una Sua risposta.
RispondiEliminaMi creda ognuno di noi può far bene per il paese a prescindere dal grado di "cultura".
Cordialmente
Ducezio (fieramente ignorante)
A volte essere intellettuale peggiora le cose, ma poi, chi la fa la radiografia ad un intellettuale anonimo?
RispondiEliminaNon volevo sollecitare più di tanto la suscettibilità di Ducezio.
RispondiEliminaIo per cultura non intendo conoscenza (che ne rappresenta una perte non essenziale), ma semplicemente la capacità di saper comunicare e ascoltare rispettando il prossimo ma anche se stesso.
Cultura è predisposizione e coraggio nel sostenere l'interesse comune.
Cultura è sensibilità, altruismo.
Cultura è dare anche senza ricevere.
(Racalmuto è piena di gente super scolarizzata la cui unica ragione di vita è il perseguimento del materialismo; e poichè secondo un certo modo di pensare solo chi ha o chi è capace di acquisire beni materiali è una persona di successo, la gente ha creduto opportuno (spesso) di affidare le Istituzioni a costoro con i risultati che tutti conosciamo).
Io intendevo carenze culturali in questo senso.
E proponevo quel criterio di valutazione perchè lo considero il solo oggettivamente valido.
Avevo chiesto un parere in merito a queste valutazioni.
Grazie.
Mi scusi ma spesso mi viene il mal di testa quando leggo e non capisco ciò che viene scritto. Ricapitoliamo, Lei non intendeva la cultura quale termine che discende dal verbo latino colere, "coltivare", poi esteso a quei comportamenti che imponevano una "cura verso gli dei", da cui il termine "culto". E forse nemmeno il concetto moderno che viene definito come quel bagaglio di conoscenze e di pratiche acquisite ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. e forse neanche una concezione pragmatica che presenta la cultura come formazione individuale, volta all'esercizio di acquisizione di conoscenze "pratiche". In tale accezione essa assume una valenza quantitativa, per la quale una persona può essere più o meno colta (racalmutesi?);Oppure una concezione metafisica che presenta la cultura come un processo di sedimentazione dell'insieme patrimoniale delle esperienze condivise da ciascuno dei membri (Morale/Valori), delle relative società di appartenenza (Sociologia/Istituzioni), dei codici comportamentali condivisi (Morale/Costumi), del senso etico del fine collettivo (Escatologia/Idealismo), e di una visione identitaria storicamente determinata(Antropologia identitaria/Etnicità), come espressione ecosistemica di una tra le multiformi varietà di gruppi umani e civiltà nel mondo. Concerne sia l'individuo, che i grandi gruppi umani (Sociologia/Collettività), di cui egli è parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al singolare, riconoscendosi ciascun individuo quale membro "di diritto", del gruppo etno-culturale di appartenenza etno-identitaria, nonché nel "patto di adesione sociale" e nelle sue regole etiche ed istituzionali volte al fine della "autoconservazione" del gruppo etnico stesso. O meglio ancora una concezione di senso comune che vede la cultura come luogo privilegiato dei "saperi" locali e globali, tipico, delle Istituzioni "superiori", come le "conoscenze specializzate"(Scienza/tecnologia), la Politica (Parlamento/Partiti), l'Arte (Spettacolo/Rappresentazione), l'Informazione (Media/Comunicazione), la interpretazione storica degli eventi ( Storia/Ideologie), ma anche la influenza sui fenomeni di costume (Società/Modelli), e sugli orientamenti (Filosofia/Credenze religiose), delle diverse popolazioni, fino a livelli di misura planetaria. O infine una concezione di tipo istituzionale (Educazione/Pedagogia), che vede la cultura come strumento di formazione di base e di preparazione al lavoro nell'ordine di una società economica, meritocratica e delle competenze remunerabili;
RispondiEliminaOops, ho sbagliato pure io, a forza copiare e incollare da Wikipedia mi è ritornato il mio mal di testa, beh vedrò domani " a menti sirena" come posso perseguire quel materialismo che è l'unica ragione della mia, o nostra (racalmutesi) vita.
Egregio amico, se così La possa chiamare, mi creda Racalmuto è piena di gente che comunica e ascolta rispettando il prossimo, che è predisposta all'interesse comune, che è sensibile ed altruista e che dà senza ricevere.
Cordialmente e senza rancore
Ducezio
Non capisco l'attegiamento di Ducezio.
RispondiEliminaSi percepisce in lui l'umore di chi sembra avere la coda di paglia.
La difesa proposta da Ducezio a "danno" ingiustificato di tutti i Racalmutesi non è certamente necessaria in quanto il mio giudizio riguarda solo una parte di essi.
Con la nota di cui sopra ci ha voluto dimostrare che anche lei appartiene alla categoria dei "super scolarizzati", e daltronde lo pseudonimo con cui si firma non lascia spazio a diverse valutazioni.
Avevo chiesto, semplicemente, un parere su un possibile criterio di selezione della classe dirigente, consapevole (come lei) che ci sono tanti Racalmutesi che possono rientrare nella mia definizione di "cultura".
Può essere che lei rientra in quella fascia di Racalmutesi che oltre ad essere "super scolarizzati" sono anche "sensibili" al bene comune e con una storia personale che lo dimostra.
In questo caso non avrei nessuna difficoltà a proporla come classe dirigente (sempre che lei lo voglia).
L'unico problema è quello che per far ciò deve qualificarsi.
Mi associo alla mancanza di rancore e al mal di testa.