Gli ultimi periodi sono stati caratterizzati dal tramonto dei principi
fondamentali dell’essere, contraddistinti dal sopraggiungere di una crisi
economica sociale che domina. In un clima così caratterizzato, anche personaggi
del passato acquistano, quindi, connotazioni e spessori più complessi, quasi
nostalgici, che mostrano un problema di fondo dell’esistenza, ovvero la
delusione dell’uomo di fronte a realtà
attuali, che ormai annullano la fantasia, le proprie aspettative, la realizzazione di
un progetto di esistenza con cui l’uomo si identifica.
L’interpretazione sottopone tutto a diversi punti di vista, il che fa
perdere chiaramente l'esatto concetto di realtà. Una dimensione comica, a volte
tragica che dipende dall'inesistente congruenza
tra fatti e parole. L'accumulo di situazioni trasformano la realtà a seconda
della prospettiva cui la si guarda e incutono una sensazione di preoccupazione, di incertezza
che non trovano vie d’uscita. Il susseguirsi di nuovi eventi rappresenta ormai
la rifondazione dei vecchi su nuove basi in cui l'interpretazione, viene ad
intrecciarsi in una rete di corrispondenze a specchio tra azione e riflessione,
passato e presente, illusione e realtà.
Anche negli anni del suo più grande slancio, a questo paese è sempre
mancato qualche cosa. Un modo di vedere le cose, valutare situazioni che
affermi una certa necessità e che obblighi ciascuno nello sforzo di essere
protagonista oggettivo e non soggettivo. Proprio in questo scambio di ruolo il
declino, i cui frutti, agire e soffrire hanno formato la storia di una
comunità, che non deve minimizzare o considerare superfluo confrontarsi e integrarsi
in contesti più ampi dai quali ricavarne la propria personalità.
Per percepire questa volontà di
proiettarsi, bisogna innanzi tutto risolvere gli annosi problemi che sembrano
avere una prevalenza in una cultura prettamente conservatrice e che poggia
alcune basi del proprio agire sulla evasività. Caratteristica che adesso
reclama una liberazione. E che non viene avvertita da se stessi, né percepita da altri, se non
nel proprio contesto ma che rappresenta, alla fine, una mera solitudine
interiore di una vita vissuta nel proprio ambiente.
Quella essenza che ha sempre bisogno di rimanere legata a qualcuno, di
cercare riscontro negli altri, quasi ad elevarli a giudici di se stessi, ma non
per essere giudicati. Come uno specchio che ritorni figure e ne misuri
coscienza e genio. Immagine riflessa che mira, quindi, alla incertezza o alla esaltazione
tra l’uomo reale e quello che vuole apparire ma che restituisce,
realisticamente e definitivamente, un
riflesso di insicurezza, di indecisione.
Ne viene fuori quasi un ritratto di
geniale follia, quella follia che porta ad assolvere tutti da ogni misfatto, da
ogni stranezza, come a voler sgravare la propria coscienza dagli stessi peccati
in un unico grido, desiderio sopito di indipendenza e libertà.
Racalmutese Fiero