Una
tradizione nata negli anni prima della guerra, si interruppe con il conflitto
mondiale, per riprendere nel dopoguerra.
Dopo la fondazione della Pro Loco, marzo 1978 se non erro, il prof
Restivo , sull'esempio delle signore Morreale, una sposata Ignazio Petrotto,
che allestivano una novena nel cortiletto davanti casa, dietro la Matrice,
invitò alcuni giovani a costituire un gruppetto di cantanti e suonatori ( tra
questi: l’ing. Angelo Cutaia, Giovanna Lauricella, Pino Salemi, suoi parenti ecc.)
per sostenere la novena. Già nel 1979, le novene furono cinque e l'anno
appresso una ventina.
Si
era costituita una band di Peppino Salemi ed una di Stefano Matteliano. Il
libretto, a cura del prof Restivo, venne alla luce nel 1979 e per compiacere
uno dei promotori, l’ing. Angelo Cutaia, fu messa in copertina una foto del
Castello. Sarebbe stata da preferire, forse, la foto di una novena. Un anno si
fece il concorso della migliore vetrina di bar addobbata e altre iniziative
seguirono. Fortunatamente la risposta popolare fu positiva e le novene da
allora sono un impegno dei ragazzi del quartiere con band musicali che si
avvicendano ai canti, in giro fra di esse.
Racalmuto
non ha mai abbandonato le tradizioni natalizie. Fatte di semplicità e gioia.
Una festa per grandi e piccini che vede l’allestimento di presepi nei vari
cortili, angoli o piazze del paese. Le scene natalizie, così approntate,
vengono addobbate con i prodotti tipici della nostra terra: arance, alloro,
“murtidda”, “sparacogna” e fiocchi di cotone a rappresentare la neve. I
musicanti, chiamati “l’uorbi” – perché anticamente furono dei ciechi a girare
per il paese cantando le nenie - non solo gli zampognari con le loro
“ciaramedde”, facendo il giro del paese, sostano nei vari cortili e rendono omaggio
con musiche e canti alle immagini sacre,
esprimendo così la gioia per la nascita di Gesù Bambino che verrà alla
luce da lì a pochi giorni.
I
miei ricordi risalgono agli inizi degli anni sessanta. I bambini mostravano
tutta la loro eccitazione e, con gli occhi sgranati, resi assonnati dall’ora
tarda, le bocche atteggiate a meraviglia, il naso rosso e umido per il freddo,
ascoltavano in silenzio le nenie cantate dai musicanti. Tanti i dolci
casalinghi che si preparavano per l’occasione: “mustazzola”, “cuddureddi”
e “purciddrati”. I più fortunati
riuscivano a guardare le novene da dietro i vetri.
Nelle
case ardeva, unico riscaldamento per gli ambienti dai tetti alti, il carbone
nelle “brascere”, poste su un cerchio di legno, dove poggiavano i piedi dei
presenti disposti a circolo. Si usava mangiare arance, sbucciate con le mani e
buttare tra i tizzoni ardenti le bucce. La casa era pervasa da odori misti di
cibo, brace e agrumi. I grandi, scialle sulle spalle, intenti a schiacciare
poche noci che offrivano, più che altro, ai bambini. Non mancava certo un
bicchiere di buon vino di casa, che gli uomini, bevendo sorsi generosi dal
bicchiere, tracannavano, asciugandosi poi i baffi con il dorso della mano e
rimettendo tra le labbra mezzo toscano quasi spento.
La
televisione ancora in paese non aveva fatto la sua comparsa. Sicuramente
sarebbe stata un elemento di disturbo,
avrebbe distolto da un’atmosfera semplice e ancora serena che riempiva i
cuori di gioia, bontà e tenerezza. I bambini, già sonnecchiando sulle gambe e
tra le braccia dei nonni, venivano messi nei letti preventivamente riscaldati
dal “tancinu”. Appena il tempo di svegliarsi per sentire, in lontananza, le
nenie dei cantori che, affievolendosi sempre più, come ninne nanne cullavano e
conciliavano il sonno, giunto con dispiacere, ristoratore e ricco di sogni
innocenti.
Racalmutese Fiero
“Ascuntati, bona genti,
lu viaggiu è dulurusu,
cu lu friddu scanuscenti
tra Maria e lu so spusu.
San Gniseppi era cumpusu
pi la via c’avera a fari,
lu tiempu annivulusu
nun putiva abbiaggiari.
E un sapi cuomu fari:
si va sulu o accumpagnatu,
s’a Maria s’hav’a purtari,
lu so cori addiluratu…”
Nessun commento:
Posta un commento