lunedì 31 dicembre 2012

PER L’ANNO CHE ARRIVA


Un anno è passato. Tante cose sono successe e tante, in positivo, speriamo accadano.

Castrum Racalmuto Domani augura un Buon 2013  A:








TUTTI I RACALMUTESI RESIDENTI E NON SPARSI NEL MONDO

AI NOSTRI AMICI E LETTORI

AI DIPENDENTI, AI COMMISSARI, AL SEGRETARIO DEL COMUNE DI RACALMUTO

AI CARABINIERI DI RACALMUTO

ALLA POLIZIA MUNICIPALE DEL COMUNE DI RACALMUTO

A TUTTI I SACERDOTI DI RACALMUTO

AI DOCENTI E AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE DI RACALMUTO

AI DIPENDENTI POSTALI, BANCARI, AI PROFESSIONISTI E A TUTTI I LAVORATORI CHE OPERANO IN TERRITORIO DI RACALMUTO
  
AI CIRCOLI, ALLE ASSOCIAZIONI, AI VOLONTARI DI RACALMUTO

AI COMMERCIANTI DI RACALMUTO.

AI PENSIONATI, AGLI ANZIANI E AI GIOVANI DI RACALMUTO

AGLI AMICI DI MALGRADO TUTTO E REGALPETRA LIBERA

Che questo nuovo anno porti positività a tutti in tutti i settori.
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sabato 29 dicembre 2012

PER “ONOR DI CRONACA”


Scrivo di “concerto all’unisono”, suonato magistralmente col proprio strumento e secondo l’espressività di ognuno. In tutto ciò mi riferisco a una sensazione che mi arriva di rimando dai tanti discorsi, tanti confronti, tanti propositi. Non vedo coesione, noto piuttosto una ricerca a tentativi di una strada che sia la migliore o la risolutiva.

Poi scrivo, per “onor di cronaca” e racconto di una lettera di ringraziamento ricevuta “anche” da Castrum, insieme a Regalpetra Libera, Malgrado Tutto, l’arciprete Martorana e altri ancora (lettera che si trova, per chi non l’avesse ancora ritirata, in Comune). Parlo di denaro “offerto” anche dai Commissari per il Natale in paese.

Mi sembra corretto riferire quello che è stato fatto, che in molti forse ignoravano e altri che non ne parlavano. A prescindere da un operato commissariale che può essere soggettivamente condiviso o meno, per correttezza mi sono sentito in dovere di raccontare quanto appreso, su questo blog.

Mi scrive l’amico Ignazio Scimè, parla di sviolinate legando il post sulla “sinfonia” a quello di “Cesare”. Il primo, parla di comportamenti, apprezzabilissimi ma non ancora ben definiti, di quanti hanno intenzione di fare per il futuro del paese. Il secondo, quello di “Cesare”, tratta della descrizione di un fatto accaduto e ignorato o, mi rifiuto di crederlo, celato. La mia convinzione è che non si debbano , a tutti i costi,  evidenziare solo gli aspetti negativi ed evitare di menzionare quelli positivi.

Ho la piena certezza che il mio amico Ignazio possieda una correttezza, un’integrità morale, un’onestà intellettuale e una saggezza tali da capire che un conto sono le luminarie, un conto il futuro di Racalmuto.

Racalmutese Fiero
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venerdì 28 dicembre 2012

A CESARE QUEL CHE E' DI CESARE

Mi viene consegnata, stamane, una lettera a firma dei tre Commissari, dottor Emilio Saverio Buda, dottor Enrico Galeani, dottor Filippo Romano, con la quale si ringrazia anche Castrum Racalmuto Domani, per aver contribuito alle spese delle luminarie di Racalmuto. Non nego che leggere quelle righe mi ha fatto piacere. Avrei preferito, però, che tutto fosse transitato in maniera inosservata.
Contribuire per rendere qualcosa che si ama più lieta, meno triste, rappresenta già una soddisfazione interiore che supera di gran lunga ogni pubblico riconoscimento. Mettere del prorpio, adoperarsi per il paese a cui si appartiene, dovrebbe prescindere da ogni ostentazione. Del resto, non credo che un piccolo contributo possa superare la voglia e la volontà di fare dimostrata da tante persone, tante associazioni, che hanno contribuito, con le loro azioni, ad allietare questo Natale.
In mattinata mi sono recato al Comune, per un saluto ai Commissari. L'accoglienza è stata gioviale e mi ha permesso, in perfetto agio, di scambiare due chiacchiere col dottor Galeani. Tra uno scambio di vedute e un altro, ho appreso che anche la Commissione prefettizia ha contribuito ad abbellire il paese per queste feste natalizie. I tre Commissari hanno messo, infatti, mano alla tasca, mettendo del denaro personale. A differenza, però, di quanti pensano che bisognerebbe pubblicizzare quello che si fa, non è stata resa manifesta l'azione, come è giusto che sia. Non si da per far sapere, si dona per una soddisfazione propria, senza bisogno di alcuna pubblicità.
In mia presenza, un autista ha chiesto al dottor Galeani i soldi per il carburante, denaro che, senza batter ciglio, il commissario ha fornito prelevandolo dalle proprie tasche. I Commissari stanno operando cercando di traghettare il paese verso la legalità , limitando al minimo i danni e tutelando i posti di lavoro. Tanti gli argomenti che abbiamo trattato. Mi sento, in piena coscienza, di affermare che nessun componente la Commissione sia uno sprovveduto o un incapace. Si sta lavorando nell'ottica di tamponare le falle palesate negli ultimi tempi.
Reputo non sia produttivo intraprendere la strada della contestazione, per partito preso, di tutte le azioni che partono dalla Commissione e innescare un clima del malcontento e della sfiducia. La strada è lunga, ma con la collaborazione, con la fiducia, alla fine, sono sicuro, si arriverà alla soluzione. Per ora, lasciamoli lavorare.

Racalmutese Fiero
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mercoledì 26 dicembre 2012

LA MUSICA VA SE I MUSICANTI SUONANO LO STESSO SPARTITO


La prima parte delle feste è passata. Tante persone in piazza, tanti gli incontri, gli auguri, le strette di mano. Serate in giro per novene, pietanze della cucina tradizionale racalmutese. Tanta atmosfera e tanti discorsi.

Non manca certo parlare di politica. Ognuno vuole dire la propria. C’è chi difende l’operato di questo o quel politico, chi si aspetta che prima o poi altri facciano i nomi di chi si è reso responsabile di una situazione che attualmente a me sembra in stallo. Se domani finisse il mandato dei Commissari – discutevo con alcuni amici – Racalmuto non sarebbe pronta ad identificare nuove forze in grado di guidare il paese.

E forse cadrebbe nuovamente in espressioni già viste, ampiamente provate che, se non redente, rappresenterebbero un passo indietro e mai, senza alcun dubbio, in avanti. Stasera al Circolo Unione ho ascoltato un dibattito sugli arcipreti di Racalmuto. Tra una domanda e un’altra, anche qui, si è finito per toccare l’argomento politica. I giudizi espressi hanno spaziato dal commissariamento, al degrado sociale ed economico, all'impegno dei giovani, all’ opportunità di uno scioglimento del Comune visto, da alcuni, come un fatto “esagerato”, da altri come un’ evidenza necessaria per scrollarsi di dosso un modo di operare che aveva fatto, col passare degli anni, normalità di gestioni errate.

In tutti i discorsi che si sono fatti in piazza, nei circoli, a ridosso delle novene, nelle case attorno a una tavola imbandita, ho avuto la netta sensazione che nessuno ha coscienza di cosa sia stato il passato, di quello che realmente sia successo, perché è successo e, soprattutto, cosa sarà il futuro, se non un procedere a tentoni provando e riprovando alleanze, dialettiche forbite e sbandierate, giustificazioni a totale o parziale discolpa, quando la colpa è esageratamente evidente. Molte parole, nessun fatto che possa far intendere un’organizzazione costruttiva per un tangibile cambiamento.

Troppi solisti con spartiti diversi. L’orchestra si compone di tanti musicanti che suonano lo spartito ed esprimono all’unisono una composizione magistralmente corale, ognuno col proprio strumento e con la propria espressività.  Molte le idee confuse, evidenza di una Racalmuto che sembra non essere ancora pronta a camminare con le proprie gambe.

Racalmutese Fiero 
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lunedì 24 dicembre 2012

BUON NATALE. SENZA SE E SENZA MA


Natale è arrivato. Sarebbe scontato scadere nel buonismo. Cercheremo di evitare frasi mielose o confezionate per l’occorrenza. Vogliamo semplicemente fare gli auguri ai nostri lettori, alle loro famiglie e non solo a loro, di serenità. Così, semplicemente come sentiamo di fare e non solo per questa occasione. Gli auguri sinceri di cuore per questi giorni di festività e  per tanti anni ancora in avanti, vogliamo estenderli a tutti, ma proprio a tutti, senza se e senza ma.

CASTRUM RACALMUTO DOMANI
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ECHI NATALIZI AL "SANTA CHIARA"













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domenica 23 dicembre 2012

LI CAPUNA PI NATALI

Altro che Christiaan Barnard! Mia madre sì che era una grandissima chirurga.
   
Tutti gli anni dopo la chiusura della scuola, si organizzava la “ campagnata “ . Puntualmente verso la fine di maggio, mio fratello Totò e mio fratello Gigi, venivano incaricati di andare ad imbiancare la casa di campagna che si trovava in contrada “CUTI”, per intenderci un chilometro più avanti, andando verso Canicattì, dal centro commerciale Le Vigne. Armati di pennelloni e tutto quanto l’occorrente necessario e senza molto entusiasmo, i miei fratelli svolgevano questa incombenza e, per renderla meno noiosa, si schernivano disegnando sulle pareti le loro caricature con relativo nomignolo.
 
Entro la prima settimana di giugno, una mattina arrivava il carretto dove veniva caricato tutto quello che bisognava trasferire in campagna, l’ultima operazione che mia madre faceva era quella di catturare i gatti e sistemarli dentro un sacco di iuta che una volta chiuso con lo spago veniva appeso sotto il carretto. Mio fratello Gasparino con la sua seicento ci trasportava comodamente in campagna, dove mia madre per prima cosa faceva ardere delle scarpe vecchie; era convinta che questo servisse a tenere lontano dalla casa le serpi.

Verso la fine di giugno da Palermo arrivava mia sorella Concettina con i miei tre nipoti, in verità essendo tutti e quattro quasi coetanei sembravamo fratelli. I giorni scorrevano piacevolmente, inventavamo ogni giorno dei nuovi giochi, eravamo liberi di fare qualsiasi cosa e avremmo voluto che quei giorni non passassero mai, a volte si litigava alla grande, ma non riuscivamo a tenerci il broncio per più di dieci minuti.
 
Verso la fine di agosto mia sorella con tutta la famiglia tornava a Palermo ed io restavo solo, il mese di settembre era diverso senza i miei nipoti con i quali potere giocare, ma in quel mese c’erano tanti lavori da svolgere, la raccolta delle mandorle e quella più impegnativa delle noci.

Ogni anno nel mese di settembre mia madre apriva “la clinica di li capuna”, mia madre era bravissima in questo che potremmo definire un vero e proprio intervento chirurgico, l’asportazione dei testicoli ai galletti, per trasformarli in capponi. Lo so! A pensarci oggi è terribile, una violenza inaudita a quelle povere bestiole, ma allora era perfettamente normale praticare questa terribile usanza.
 
Tutti i contadini delle vicinanze venivano da mia madre, perchè ad eccezione di qualcuno tutti i galletti sopravvivevano all’intervento. Ricordo in particolare quando veniva lu zi Beniaminu di “li shiumeti”, (contrada cometi), con due giumente che trasportavano quattro “cufina” pieni di galletti da operare. Quella mattina mia madre non prendeva impegni, avrebbe operato ininterrottamente tutti i galletti di lu zi Beniaminu.

La sala operatoria veniva allestita nella terrazza di tramontana e tutti noi avevamo un compito da svolgere: lo zio Beniamino porgeva il galletto a mia madre che lo stringeva tra le gambe ed iniziava l’intervento, io avevo l’incarico di porgere il piatto dove venivano posti gli organi asportati compresa la cresta tagliata e, nel caso in cui il povero galletto dava segni di non farcela più, “tipo lo stiamo perdendo, lo stiamo perdendo”, dovevo porgere immediatamente un contenitore pieno d’acqua dove venivano immersi i piedi del povero animale per fargli riprendere i sensi, una specie di defibrillatore casereccio. Mia sorella Ida era sempre pronta con ago e filo da dare a mia madre per la sutura. 
 
A pensarci bene oggi, una scena infernale, lo zio Beniamino finiti gli interventi, ritornava nella sua campagna contento perché tutti i galletti avevano superato l’intervento e a forza lasciava quanto asportato agli animali per una bella frittata con le uova, “pi li carusi” diceva.

Oggi fortunatamente tutto questo non esiste più e nessuno, credo, ne sente la mancanza; io ho voluto raccontare questa usanza semplicemente perché fa parte delle nostre tradizioni e anche per ricordare mia madre che ho perso un Natale di tantissimi anni fa.
 
Adesso i capponi, che non sono capponi, li compriamo al supermercato contenti che non abbiano ricevuto la tortura dei tempi andati, ma a parte l’insipidezza delle carni, siamo sicuri che il loro allevamento non sia stato peggio di quanto raccontato?

Colgo l’occasione della pubblicazione di quest’articolo per fare a tutti i miei compaesani e ai lettori del blog, gli auguri di Buon Natale e di un sereno Anno Nuovo.

                                                                                                             Roberto Salvo
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sabato 22 dicembre 2012

LO SCHERZO DEI MAYA

Niente di fatto, la terra ci dovrà sopportare ancora. La profezia non si è avverata. Tanti hanno preferito anticipare le partenze. Altri sono rimasti tappati in casa. Altri ancora hanno preferito spostarsi in località a loro gradite: quale migliore fine, nel posto migliore!
Ci si chiedeva chi sarebbe stato il prescelto per continuare la specie. Certo, la scelta sarebbe caduta sui giovani e non su quelle persone che, ormai, hanno poco da dire. Si puntava, quindi sul vigore e non sull'esperienza. C'era chi avrebbe preferito soccombere per non essere più costretto a sopportare le brutture e le ingiustizie di questo mondo. Una sorta di arca di Noè, insomma, dove rifugiare i buoni, i migliori e quanti destinati ad un compito difficile e, al contempo delicato; tramandare i geni e partecipare attivamente alla rinascita del nuovo mondo. Un mondo di giustizia, di uguaglianza, di altruismo.
Forse, osservando la realtà in cui versa il nostro pianeta e scendendo anche in ben più piccole realtà, che tutto ciò non sia successo, potrebbe essere stato un danno. A volte, situazioni incancrenite si risolvono solamente col rinnovamento e con uno spirito sicuramente propositivo. Lungi da quelle calunnie che soffocano il democratico pensiero e tendono a relegare quanti hanno visioni più ampie e credono che tanto si possa fare per ricostruire assieme, tutto quello che in molti si sono adoperati a distruggere, sfoggiando a volte, con sfrontatezza, e arrogandosi meriti di positività inesistenti.
La terra ha resistito e, probabilmente, resisterà per altri millenni. Almeno fino a quando gli uomini, col loro agire, con le loro calunnie, con mediocri e falsi atteggiamenti, saranno gli unici fautori di questa distruzione totale. Abbiamo, quindi, una sola possibilità: prendere coscienza che siamo gli unici artefici di noi stessi e, quindi, del nostro destino. Per ora, godiamoci ancora questo mondo. 

Racalmutese Fiero
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giovedì 20 dicembre 2012

LA FAVOLA DEL PAESE DORMIENTE (e di un suo abitante)


C’era una volta, non tanto lontano da qui, e non tanto lontano dal mare, un paese molto bello. Tanto bello che nessuno voleva lasciarlo. E, il solo pensiero, faceva scorrere, giù per il viso, lacrime salatissime a chiunque. Un piccolo paese in collina che, come tanti paesi del sud, viveva di sole, di terra,  e di fatica. Gli abitanti  erano dei grandi lavoratori,  gente semplice,  vera, di poche parole che  lavorava dall’alba al tramonto. I divertimenti erano scarsi, giusto le feste comandate e, naturalmente, quella della patrona, a cui erano devotissimi tutti. Ma  nessuno si lamentava perché, per divertirsi, bisognava avere tempo e denaro da spendere e, queste, erano le sole due cose che scarseggiavano in quel paese laborioso e assolato, ricco di tanto altro. Era un popolo fiero. Negli ultimi tempi  era sorto un problema di non poco conto: sembrava, e i fatti lo dimostravano, che tutto andasse a rotoli. Sembrava che la terra si fosse scocciata di dar frutti e si beffasse degli affanni dei suoi lavoratori. Sembrava che il tempo si fosse scordato delle stagioni. E  la pioggia, al momento giusto, una benedizione, al momento sbagliato, una catastrofe, puntualmente, arrivava al momento sbagliato. Arrivavano le gelate, quando i germogli erano teneri. Le grandinate, quando i frutti erano quasi da raccogliere. Sfumava tutto quello per cui si era lavorato tutta una stagione. E poi un anno. Di anno in anno. Mancava solo l’invasione delle cavallette. Se in campagna andava male in paese andava peggio. Nessuno costruiva, nessuno vendeva, nessuno comprava. Nessuno si capacitava. Il paese sembrava  preda di un incantesimo. E tutto, veramente tutto, si era fermato.  Come in una fotografia. Eppure bastava volgere lo sguardo nelle terre dei paesi vicini, oltreconfine, e si potevano ammirare fiori e frutti in abbondanza. Raccolti  generosi. Campagne rigogliose. Era figlio di quel paese un uomo, un vagabondo cresciuto da  solo,  ( ma, non illudiamoci, in un paese non si è mai soli ) .Era un  vagabondo paesano, nel senso che, non si allontanava mai dai confini del paese. Si chiamava Calò. Alto, fisico asciutto. Il viso bruciato dal sole. Occhi furbi. Amava cantare e, quando passava per le vie, sfoderava tutto il suo repertorio musicale,   la sua voce lo annunciava a distanza. Quando qualcosa gli andava storto, e capitava a volte, allora il registro cambiava.  Dai canti passava alle litanie dei santi. Nel qual caso , se c’era qualche bambino in giro , meglio coprirne le  innocenti orecchie. Viveva di quello che riusciva a racimolare girando  per le campagne. La mattina presto, se il tempo era buono, andava a piedi e raccoglieva tutto quello che trovava:  verdure,  legna, lumache. Si piazzava poi  all’incrocio  della piazza e aspettava pazientemente che qualcuno si avvicinasse. A volte, capitava che vendesse pure delle uova, ma, quelle, non spuntavano nei campi. E se qualche massaia se la prendeva con le proprie galline, che non  facevano uova, pazienza. Peccati veniali. Viveva da solo,  da quando la madre era sparita. Allora aveva tredici anni, o poco più. Su di lei, in paese,  si era detto di tutto. Ogni paesano aveva la sua opinione in proposito, ed era convinto di essere il depositario della verità, lui e lui solo. Poiché il paese era abitato da circa quattromila abitanti esistevano una quantità infinita di verità assolute. E ognuno poteva scegliere quella che più gli piaceva! Oppure farsene una propria prendendo un po’ qui e un po’  là. Era cresciuto in fretta, ombroso e selvatico e viveva in una piccola, povera casa spoglia. Che era stata la casa della nonna paterna, morta poco tempo prima. Quattro mura racchiudevano una stanza che era tutto: ingresso, cucina, salotto, camera da letto. Per il bagno si usciva fuori,  la porta accanto. Soffriva di una forte intolleranza all’acqua e al sapone. Una volta, da ragazzo, alcune vicine premurose erano riuscite ad acchiapparlo, lavarlo e vestirlo con abiti  freschi di bucato. Sembrava un altro. Non si riconosceva. Calò, però, non aveva apprezzato   tante attenzioni. In paese,  ancora se lo ricordano. Strepitò e corse per tutto il pomeriggio, come un indemoniato. Quell’episodio lo rese celebre tanto che, tutte le mamme, con figli affetti dalla stessa sindrome, da allora in poi, lo citavano, appellando i figli con il suo nome. Non si sapeva la sua l’età, e, a guardarlo, era  indefinibile. Quaranta, cinquant’anni forse. Un giorno,  al solito giro per le vie del paese, Calò sentì nell’aria qualcosa di diverso. Uno strano silenzio regnava per il paese che, di solito, riecheggiava di grida di bambini e voci di donne  che parlavano in confidenza da un balcone all’altro. Una vecchina,  che prendeva il sole seduta davanti all’uscio di casa, in compagnia di alcune vicine, parlava di tempi brutti che non volevano passare. Calò, a sentirla, mugugnò: “Ma quali tiempi! la curpa è di lu nomi”. Che voleva dire? Nessuno capì  e nessuno si prese la briga di approfondire. Da allora, però, capitava di sentirlo borbottare spesso. Ripeteva quella frase a tutti quelli che incontrava. Per giorni e giorni. Ma nessuno gli badava. Da piccolo,qualcuno, forse il parroco, gli aveva spiegato l’origine e il significato del nome del paese. Glielo avevano dato gli arabi che, in epoca medievale, si erano insediati  lì, dove avevano trovato un villaggio decimato dalla peste. Quel nome, col passare del tempo, era rimasto sostanzialmente uguale, solo qualche “limatura”, nel passaggio dalla pronuncia araba a quella sicula.  “Villaggio morto”, in arabo: “Rahal Maut”. “Che futuro può avere un paese che, quando nasce, è già morto?” - Questo si deve essere chiesto Calò. E, in effetti, secondo questa logica i conti tornavano. Hai voglia di lavorare , di faticare, di buttare sangue. Non c’era futuro. Pian piano si era fatta  strada la rassegnazione.  Si era allargata.  Espansa. Aveva cominciato a far parte del DNA  di quel luogo, la si respirava nell’aria, la si beveva nell’acqua delle fontane, la si mangiava a tavola con il pane. Ecco, nomen omen,  tutto spiegato. Ma, una notte, uno degli abitanti di quel paese tanto bello, non riuscendo a dormire , girandosi e rigirandosi nel letto, ebbe una rivelazione: nella sua mente, scolpite, apparvero le parole di Calò e il loro  significato esatto.  Proprio così. Mentre tutti si erano arrovellati a cercare, e a non trovare una causa per quegli accadimenti, era arrivato lui  e aveva spiegato, in due parole, la ragione di tutto. Calò, l’uomo semplice, l’uomo della strada, aveva visto e trovato, quello che tutti non avevano  saputo vedere e trovare. Colto dall’eccitazione, corse fuori per  strada  e cominciò a gridare a tutti di scendere,  sembrava un forsennato, correva, correva e gridava. Spaventati scesero tutti. In poco tempo, tutto il paese si radunò in piazza. Fu come se un velo  fosse scivolato via e avesse svelato l’incanto di quello che era stato sospeso nel tempo. Tutti seppero in quel momento cosa fare. Tutti assieme si diedero da fare. A  volte la soluzione è così semplice che ci sembra banale e la scartiamo senza neanche considerarla. Fu un lavoro a cui parteciparono uomini, donne, bambini, anziani, per giorni. Alla fine, come primo atto,venne  bandita  dal paese la parola RASSEGNAZIONE. Per legge, nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe dovuto più  rassegnarsi ad un avvenimento contrario, un accadimento, se non dopo avere provato e riprovato più volte a rimediare, aggiustare, valutando tutte le possibilità , anche le più assurde. Questo per legge. Il nome del paese poi doveva cambiare per cambiarne la storia. D’altronde era già accaduto con Malevento, dopo la sconfitta di Pirro. Non fu cambiato  tanto, ma, quel tanto che bastò per dare un impulso vitale, un corso nuovo. Tutti collaborarono e lavorarono alacremente in armonia e sintonia per un obbiettivo comune: il benessere di tutto il paese e dei suoi abitanti. Lo vollero veramente e questo fece la differenza .Meraviglia delle meraviglie. La terra cominciò a dare abbondanti frutti. Le piante sembrarono rivivere di nuova vita. In poco tempo tutto cambiò. E fu così che , come in tutte le favole, vissero tutti felici e contenti.

FINE
                                                                                                                  Brigida Bellomo
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mercoledì 19 dicembre 2012

NATALE 2012, IL CASTELLO SI VESTE DI SUONI E COLORI


Continuano le iniziative per questo Natale che assume un’importanza particolare. E’ il vero Natale tutto dei racalmutesi e di un paese capace di dimostrare che sa esserci nei momenti cruciali. Alle luminarie, alle tante risposte positive, alle serate al Circolo Unione, si aggiungono le iniziative del Castello Chiaramontano diretto dal poliedrico Piero Baiamonte, che ha confezionato interessanti eventi e traccia un consuntivo di un anno che sta per concludersi. Già in cantiere la programmazione per il 2013.

Racalmutese Fiero
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A conclusione dell’intenso programma 2012 del Castello Chiaramontano di Racalmuto una iniziativa in occasione delle festività natalizie,  promossa dagli “Amici del Castello” all’insegna della partecipazione, collaborazione attiva e solidale da titolo: “RI>TROVARSI”, convivio artistico di Arte, Musica, Moda, Recitazione, Poesia, Danza - direzione artistica di Piero Baiamonte  - Giovedì 27 dicembre ore 18,30 sala convegni Castello Chiaramontano.

La manifestazione coinvolgerà diversi giovani artisti di talento, Associazioni e forze attive racalmutesi in un incontro di varie forme espressive che evidenziano creatività e passione.

Conducono la serata il giornalista di Malgrado Tutto Salvatore Picone e Cinzia Chiarelli, giovane e promettente animatrice – ospite della serata Totò Nocera.

si esibiranno i musicisti dell’Accademia Musica Moderna di Racalmuto, le  giovani promesse della scuola di Canto “Venus” di Anita Palumbo, la scrittrice Valeria Salvo con le sue poesie, il duo di musica Folk Leonardo Alaimo Di Loro e Salvatore Macaluso, le danze orientali della maestra Angela Castellano, la stilista Maria Elisa Chiarelli con esposizione di abiti e sfilata di moda di sue creazioni, il Centro socio culturale “Regalpetra” con interventi di recitazione.

Un intenso anno di attività quello appena trascorso ricco di iniziative, esposizioni d’Arte, convegni ed incontri culturali, concerti musicali e rassegne che si conclude nella cornice storica del Castello Chiaramontano.

Tanti gli appuntamenti e i motivi d’incontro con l’Arte, di dibattito rivolto a nuovi impulsi creativi, nuovi traguardi di crescita culturale ben accolti dalla Commissione Straordinaria, sia negli gli aspetti propositivi che di richiamo turistico.

Un riappropriarsi della propria identità culturale che ci appartiene e che spesso ci contraddistingue attraverso personalità illustri nel campo della letteratura, della musica, dell’Arte nonostante le crisi di varia natura e le ristrettezze economiche.

Molti i visitatori, i turisti, i gruppi e le associazioni (oltre 12.000 in un anno) a cui si aggiungono le diverse e crescenti richieste di utilizzo sale per convegni, dibattiti, manifestazioni, cerimonie che consentono il rientro economico delle spese nonchè una maggiore visibilità e promozione del territorio.    L’antica struttura custodisce al suo interno: il museo delle bandiere del cero dei borgesi, un sarcofago in monoblocco in pietra del 400 DC, una Pinacoteca comunale recentemente istituita con la collezione di importanti opere d’arte esposte in permanenza, una sala dedicata all’artista racalmutese Giampiero Cacciato con esposizione permanente di opere che riassumono il suo consistente percorso artistico costellato di riconoscimenti e consensi internazionali - In corso di definizione il programma per il 2013.

                                                                                                                Piero Baiamonte
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martedì 18 dicembre 2012

IL CIRCOLO UNIONE PROTAGONISTA DEL NATALE


Anche il Circolo Unione, come detto nel precedente post, farà la sua parte per queste festività. Le iniziative cominceranno il 20 dicembre, con  “I ricami della fede”, una mostra curata da Giusy Mulè.  Continueranno con l’esibizione del gruppo “Amici delle Novene”. Seguirà, il 26 dicembre, una conversazione tra Salvatore Picone e Don Diego Martorana su due importanti figure del recente passato ecclesiastico racalmutese: gli arcipreti Casuccio e Puma. Dopo una serata  - il 5 gennaio -all’insegna del Bio,  con degustazione, gli incontri si concluderanno il 9 febbraio, serata nella quale sarà messo in scena, nella sala del Circolo, il dramma “Fra Diego La Matina”.

Tutto si svolgerà sotto l’attenta supervisione del Presidente Francesco Marchese, che ha voluto anche quest’anno, animare le serate racalmutesi. Il Circolo Unione apre le porte alla cittadinanza. Uno scambio di cultura, di opinioni  e di idee  per una Racalmuto che arranca, è vero, verso un cammino irto di difficoltà, ma che comincia ad intravedere, anche se ancora lontana, con l’apporto di tutti i cittadini, la fine della salita.

Di oggi la notizia che è stata  approvata la procedura di riequilibrio finanziario del Comune e che si avvia la fase del risanamento spalmato in dieci anni. Questo dovrebbe permettere di tirare un sospiro di sollievo, fare il punto della situazione, approvare le giuste manovre che tengano anche conto delle difficoltà e delle necessità di tutti i racalmutesi e cercare di uscire, tutti assieme, da una situazione che comincia a stare stretta.

Racalmutese Fiero
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lunedì 17 dicembre 2012

DIAMOCI UNA MANO


Alcuni miei amici non condividevano e, probabilmente, continuano a non condividere il fatto che si ricorresse ad una colletta tra i cittadini di Racalmuto per assicurare, anche per questo Natale, le luminarie. Il Comune, vista la situazione economica in cui versa, non ha potuto far fronte alle spese necessarie per gli addobbi natalizi. I miei amici interpretano la colletta come una sottolineatura delle condizioni economiche e paragonano tale iniziativa a quelle che si fanno per aiutare i disadattati, i poveri, gli emarginati. Nulla di tutto questo. Nulla è più errato di questo significato.

I racalmutesi dimostrano in questo modo, l’orgoglio di appartenenza e si adoperano, contribuendo tutti in perfetta armonia, dimostrando uno spiccato spirito collaborativo a dimostrazione che il paese non è soprattutto e solo negativo ma che anche qui albergano i buoni sentimenti, l’onestà, l’altruismo, la generosità, l’integrità morale, espressione di buona parte degli abitanti. Don Diego Martorana, che con piacere notiamo molto attivo, si è adoperato in tutti i modi garantendo, con la quasi totalità della somma occorrente, le luminarie natalizie.

L’idea della colletta partita dall’amico Sergio Scimè di Regalpetra Libera, un blog sempre vicino ai problemi dei racalmutesi, contemporaneamente ripresa da Castrum Racalmuto Domani, è stata condivisa e  coordinata con maestria ed efficienza da Malgrado Tutto. Alla fine il risultato è quello che conta; tante le dimostrazioni ricevute e tanti i cittadini che hanno voluto partecipare e continuano a chiederci di fornire loro maggiori informazioni a chi affidare la quota che si vuole offrire. Salvatore Picone, giornalista anche di Malgrado Tutto, si rende generosamente disponibile a raccogliere le somme. Una parte di queste, servirà per le luminarie. La restante parte sarà impegnata in iniziative sociali. Sarà nostra premura rendere informati tutti i cittadini.

Non meno meritevole quanto è stato fatto dalla società Empedocle e dallo stabilimento Italkali che hanno fornito la capanna e il presepe di sale. Un plauso va alla signora Franca Palumbo per il presepe realizzato all’interno della Matrice. Instancabile l’attività del Maestro Carrara che darà vita alla tradizione delle Novene. Il Coro Terzo Millennio, diretto dal Maestro Domenico Mannella, allieterà con i canti i cittadini di Racalmuto. Grande impegno del Direttore artistico del Castello Chiaramontano, Piero Baiamonte, con un ricco programma di arte e cultura. Il Presidente Francesco Marchese, del Circolo Unione, con la collaborazione dei soci, ha allestito tante iniziative. Tra queste ci piace sottolineare l’esposizione di quadri del piccolo Giovanni Domenico Marchese, vero talento racalmutese, prematuramente scomparso. Non ultima la Pro Loco, con incontri e offerta di vin brulè. Tutte iniziative gratuite.

Racalmuto c’è.  I racalmutesi intendono lanciare un chiaro messaggio che tanto si può fare. Occorre la disponibilità di tutti e la consapevolezza e l’intento che il dialogo debba prevalere sempre per ridare a Racalmuto l’appellativo di PAESE STRAORDINARIO.

Racalmutese Fiero
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domenica 16 dicembre 2012

LE NOVENE A RACALMUTO TRA FEDE E PASSIONE


A dire il vero, questa meravigliosa esplosione di fede popolare, di socialità, di musicalità, di tradizioni locali, attraverso le "Novene" a Racalmuto, aveva avuto dei precedenti inconsapevolmente preparatori degli sviluppi successivi. Andiamo con ordine.

Sappiamo tutti, per sentito dire, che anticamente le Novene venivano suonate e cantate da ciechi tanto da indicare i gruppi che le eseguivano come " L'UORBI". Non esiste però documentazione storica certa, comprovata e inconfutabile. Però ha tanto fascino che viene accettata da tutti. Ora se chiamiamo a raccolta i ricordi di ciascuno, come quelli miei personali, che risalgono a 50 anni fa (mezzo secolo), ritroviamo per le strade e le viuzze di Racalmuto quattro persone, ormai scomparse, che andavano in giro per le strade, le viuzze, e dietro ciascuna porta ad eseguire le Novene. Ricordo come se fosse ora. Tutti racalmutesi questi quattro antesignani e precorritori delle attuali Novene.

Ai primi di dicembre iniziavano a chiedere in ogni strada e ad ogni abitante se gradivano l'esecuzione musicale delle Novene, per tutto il periodo dal 16 al 24 dicembre, ogni sera dietro la propria porta. Se la risposta era sì, veniva incollata dietro la porta la famosa "Santina", un'immagine sacra a carattere natalizio. Veniva pertanto preso impegno di ricompensare i "sunatura, l'uorbi" con poche centinaia di lire. Diventava così anche occasione di una piccola entrata per chi si prestava ad assolvere questo impegno. Per il periodo natalizio si tenevano occupati a suonare dalle ore 20,00 circa fino all'una o le due di notte di ogni sera, fino a completare il giro delle richieste. Alla fine delle esecuzioni venivano sempre offerti a "i sunatura" dolci tipici del periodo natalizio e del buon vino fatti in casa. Li ricordo perfettamente, " 'u zi' Giuggiu Capitanu, zi' Ninu Puma, zi’ Marsiò, zi' Raziu Cacciatu".

Conosciuti in tutto il paese per le diverse attività lavorative che svolgevano ma anche per questa loro passione di trasformarsi per Natale in cantanti e musicisti, con il gradimento da parte di tutti. Secondo me è a questi signori che dobbiamo la ripresa delle Novene a Racalmuto, subito dopo la seconda guerra mondiale. Poco prima della fine degli anni '60, però, non proseguirono più in questa attività di trasferimento delle Novene alla seconda metà del XIX secolo. Non conosco le ragioni. Conosco però la necessità del racalmutese a non rinunciare a questa tradizione.

Altre persone si incaricarono di proseguire questa attività e io stesso fui contattato, anche se molto giovane, ad impegnarmi come fisarmonicista. Accettai. Mi ritrovai così alla fine degli anni '70, con la fisarmonica in braccio, insieme a "u zi' Ninu Campanella, Raziu Borsellino, Lillo Restivo e 'mbari Franciscu " a percorrere le vie e suonare dietro le porte , sempre accolti con manifestazioni di consenso, di affetto e di stima, oltre che con i soliti dolci e buon vino.

Durò pochi anni e per vari motivi anche questo gruppo cedette le armi, non girò più nessuno per il paese e le Novene stavano per conservarsi soltanto in un ricordo. Subito dopo la nuova rinascita, le Novene per tutti, non più eseguite a pagamento, organizzate anche dalla Chiesa, favorite dalla Pro-Loco, fino ad oggi. Conclusione, il racalmutese non farà mai a meno di questo modo di esprimere se stesso, la sua religiosità, il suo essere, la sua tradizione, nel rispetto di tutte le regole.

                                                                                                        Domenico Mannella
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giovedì 13 dicembre 2012

VENITE ADOREMUS


Una tradizione nata negli anni prima della guerra, si interruppe con il conflitto mondiale, per riprendere nel dopoguerra.  Dopo la fondazione della Pro Loco, marzo 1978 se non erro, il prof Restivo , sull'esempio delle signore Morreale, una sposata Ignazio Petrotto, che allestivano una novena nel cortiletto davanti casa, dietro la Matrice, invitò alcuni giovani a costituire un gruppetto di cantanti e suonatori ( tra questi: l’ing. Angelo Cutaia, Giovanna Lauricella, Pino Salemi, suoi parenti ecc.) per sostenere la novena. Già nel 1979, le novene furono cinque e l'anno appresso una ventina.

Si era costituita una band di Peppino Salemi ed una di Stefano Matteliano. Il libretto, a cura del prof Restivo, venne alla luce nel 1979 e per compiacere uno dei promotori, l’ing. Angelo Cutaia, fu messa in copertina una foto del Castello. Sarebbe stata da preferire, forse, la foto di una novena. Un anno si fece il concorso della migliore vetrina di bar addobbata e altre iniziative seguirono. Fortunatamente la risposta popolare fu positiva e le novene da allora sono un impegno dei ragazzi del quartiere con band musicali che si avvicendano ai canti, in giro fra di esse.

Racalmuto non ha mai abbandonato le tradizioni natalizie. Fatte di semplicità e gioia. Una festa per grandi e piccini che vede l’allestimento di presepi nei vari cortili, angoli o piazze del paese. Le scene natalizie, così approntate, vengono addobbate con i prodotti tipici della nostra terra: arance, alloro, “murtidda”, “sparacogna” e fiocchi di cotone a rappresentare la neve. I musicanti, chiamati “l’uorbi” – perché anticamente furono dei ciechi a girare per il paese cantando le nenie - non solo gli zampognari con le loro “ciaramedde”, facendo il giro del paese, sostano nei vari cortili e rendono omaggio con musiche e canti alle immagini sacre,  esprimendo così la gioia per la nascita di Gesù Bambino che verrà alla luce da lì a pochi giorni.

I miei ricordi risalgono agli inizi degli anni sessanta. I bambini mostravano tutta la loro eccitazione e, con gli occhi sgranati, resi assonnati dall’ora tarda, le bocche atteggiate a meraviglia, il naso rosso e umido per il freddo, ascoltavano in silenzio le nenie cantate dai musicanti. Tanti i dolci casalinghi che si preparavano per l’occasione: “mustazzola”, “cuddureddi” e  “purciddrati”. I più fortunati riuscivano a guardare le novene da dietro i vetri.

Nelle case ardeva, unico riscaldamento per gli ambienti dai tetti alti, il carbone nelle “brascere”, poste su un cerchio di legno, dove poggiavano i piedi dei presenti disposti a circolo. Si usava mangiare arance, sbucciate con le mani e buttare tra i tizzoni ardenti le bucce. La casa era pervasa da odori misti di cibo, brace e agrumi. I grandi, scialle sulle spalle, intenti a schiacciare poche noci che offrivano, più che altro, ai bambini. Non mancava certo un bicchiere di buon vino di casa, che gli uomini, bevendo sorsi generosi dal bicchiere, tracannavano, asciugandosi poi i baffi con il dorso della mano e rimettendo tra le labbra mezzo toscano quasi spento.

La televisione ancora in paese non aveva fatto la sua comparsa. Sicuramente sarebbe stata un elemento di disturbo,  avrebbe distolto da un’atmosfera semplice e ancora serena che riempiva i cuori di gioia, bontà e tenerezza. I bambini, già sonnecchiando sulle gambe e tra le braccia dei nonni, venivano messi nei letti preventivamente riscaldati dal “tancinu”. Appena il tempo di svegliarsi per sentire, in lontananza, le nenie dei cantori che, affievolendosi sempre più, come ninne nanne cullavano e conciliavano il sonno, giunto con dispiacere, ristoratore e ricco di sogni innocenti.

Racalmutese Fiero

“Ascuntati, bona genti,
lu viaggiu è dulurusu,
cu lu friddu scanuscenti
tra Maria e lu so spusu.

San Gniseppi era cumpusu
pi la via c’avera a fari,
lu tiempu annivulusu
nun putiva abbiaggiari.

E un sapi cuomu fari:
si va sulu o accumpagnatu,
s’a Maria s’hav’a purtari,
lu so cori addiluratu…”
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