martedì 29 maggio 2012

Grazie a Patò


Mi raccontava mio padre, come fosse una favola, che un tale di  nciùria “Beddramatri” , scampato miracolosamente alla campagna di Russia, una volta ritornato in paese,  volle impiantare un vigneto in contrada Fico, al confine con Grotte, e per scavare certe conche adatte a collocarvi vitigni americani ingaggiò cinque braccianti. Scese di mattino presto nella Piazzetta, scelse gli uomini più robusti, pattuì il prezzo e se li portò in campagna.
Mentre costoro, con picconi e pali di ferro, scavavano l’ennesima buca, venne fuori dal terreno concavo un rumore secco, di quartara rotta, quasi impercettibile. Il rumore fu captato da chi aveva udito fine, acuito in guerra dalle insidie e dagli agguati.
-  Basta, picciotti, - disse di colpo Beddramatri con voce allarmata, - potete andarvene a casa.
-         Perché?  non è contento del nostro lavoro!?
-         Contentissimo.
-         E allora perché dobbiamo smettere? - obiettò un lavoratore. - Non sono ancora le cinque-
fece notare un altro. – Almeno, completiamo la buca che abbiamo tra le mani – disse un altro ancora. 
-         No, non c’è bisogno, - ribatté deciso il padrone, - per oggi avete scavato
abbastanza -.  E li rassicurò: - Non vi preoccupate, vi pagherò la giornata sana.
            Patò, ch’era un ingenuo, non capì perché dovesse smettere di lavorare prima che il sole tramontasse e incominciò a ripetere: - A jurnata rrutta, no. A jurnata rrutta, no.  
Gli altri giornatari non protestarono, rassicurati che la giornata sarebbe stata pagata per intero,
però si insospettirono della inconsueta magnanimità del tirchio Beddamatri, fecero finta di avviarsi a casa, sotto lo  sguardo vigile del padrone, e appena poterono  si nascosero dietro un macchione. 
Il proprietario del terreno, vistosi solo, finalmente, si mise a scavare di lena la buca lasciata a metà, fino a quando  estrasse dalla buca una quartara terrosa con la pancia bucata da un colpo di piccone, l’alzò al cielo quasi fosse l’ostia consacrata, la capovolse e tintinnarono sul terreno  monete luccicanti.
-         Marègni! – esclamò Beddramatrri.
-         Marègni d’oru!  - esclamarono, da dietro il macchione, i giornatari che avevano assistito
furtivamente alla scena. Con un balzo uscirono allo scoperto e, come fosse un loro diritto, reclamarono la loro parte.
            Colto di sorpresa, Beddramatri reagì male perché si sentì tradito e disobbedito. Di spartire il tesoro, manco a parlarne! Era suo, perché suo era il terreno in cui era stato trovato. Dopo un estenuante battibecco, per tacitare la cosa, si mise d’accordo con i testimoni, avrebbe ceduto alcune monete in cambio del silenzio.
Cercò, a parte, di prendere in giro Patò, ritenuto universalmente  babbeo, regalandogli pochi spiccioli delle lire correnti, invece dei marègni ritrovati che marenghi in realtà non erano anche se come l’oro luccicanti. Patò nella sua dabbenaggine abbozzò, ma una volta arrivato in paese corse difilato in caserma dove spifferò tutto ai carabinieri.
-         Ma quanti erano, questi marègni? – chiese il maresciallo.
-         Assai assai – fu la risposta, e siccome Patò non sapeva i numeri in astratto,  disse : -Prendi
le fave.
Il maresciallo si procurò le fave e ne rovesciò quattro pugni sul tavolo.  Patò, con l’indice
teso, fece scivolare in un angolo tante fave quante erano le monete ritrovate e suddivise tra il proprietario e i suoi compagni di lavoro.
– Bravo! – esclamò compiaciuto e un po’ divertito il maresciallo, battendogli la mano sulla spalla, e sottrasse una fava tra quelle accantonate. Patò se ne accorse e credendo che anche quella fava fosse preziosa come i marègni della quartara, si mise a strepitare finché non fu rimessa al suo posto. – Bravo! – ripeté  il maresciallo, questa volta poco compiaciuto e per niente divertito. Tante fave quanti i marègni! Né una di più né una di meno. E lasciò andare Patò.      
Non molto tempo dopo, a Beddramatri,  proprio  per la sua ingordigia, venne requisito il tesoro rinvenuto, dopo averlo fatto cantare in caserma, come si disse in paese,  a suon di bastonate. Venne recuperata anche la parte data ai braccianti.  
Nè iu né nuddu, - andava saltellando contento il babbeo Patò nella deserta Piazzetta.
Le monete racalmutesi, di epoca bizantina,  risalenti  ad Heracleone, storicissimo imperatore d’Oriente (641-645) a cui venne tagliato il naso, furono trasferite al Museo archeologico della Valle dei Templi dove andarono ad arricchire  il monetario che ha ricevuto e riceve tutt’ora visitatori da tutto il mondo. 
Va detto. Grazie alle fave di Patò.


Piero Carbone





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21 commenti:

  1. Questo racconto mi riporta indietro negli anni. Quasi giornalmente ci si riuniva in famiglia tra parenti e noi bambini ascoltavamo, in religioso silenzio, le storie raccontate dai grandi.

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  2. Anche in questo racconto si nota la bravura di Piero Carbone.

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  3. Caro Piero, i tuoi scritti danno sempre un'emozione. Grazie.
    Lillo

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  4. Caro Piero, sarebbe il caso, con i tempi che corrono, rimettersi a scavare. Magari qualche marengo d'oro è rimasto.
    Angelo

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  5. Un tempo, monete e vari reperti archgeologici, nelle nostre campagne, si trovavano sul serio. Tanti tombaroli, purtroppo, non furono babbei avveduti come Patò.
    Giuseppe

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  6. Una storia dalla quale poter ricavare una morale

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  7. leggendo questa storia una frase mi viene in mente:"megliu aviri acchi fari cu cientu sperti ca cu unu fissa", l'anticu nun za mai sbagliatu.

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  8. Mi piacerebbe saperne di più su le civiltà passate che hanno influenzato la storia di Racalmuto. Qui si parla di Heraclione. Ma prima e dopo?
    Mi piacerebbe sentir parlare di tutta l'architettura passata esistente a Racalmuto, chiese, castelli e altro.
    Antonella

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    1. Gentile Antonella,
      da indicazioni del prof Carbone, le consiglio il libro "Racalmuto Memorie e Tradizioni" di Nicolò Tinebra Martorana, dove potrà trovare alcune risposte alle sue domande.
      A presto
      Racalmutese Fiero

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  9. Racalmuto è, in maniera affascinante, sospesa nel tempo. Questa è la sensazione di una persona che non è di Racalmuto, non vive a Racalmuto.
    Lia

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  10. Già noi tutti, che abitiamo questo paese, siamo dei personaggi meritevoli di essere raccontati.
    Francesco

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  11. Piero quando scrive, racconta. Come se parlasse

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  12. Grazie a tutti e a ciascuno per gli apprezzamenti. Colgo una sintonia che mi gratifica. In effetti alcuni aspetti della realtà racalmutese meriterebbero altri approfondimenti, e le sorprese certo non mancherebbero.

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  13. Ma Beddramatri è esistito davvero?

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  14. Nel dialetto racalmutese, secondo me, si dice ngiuria e non nciuria. Non so se sbaglio.

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  15. Ngiuria e nciuria, forme entrambe corrette, sono sfumature fonetiche presenti in zone diverse della Sicilia: così dicono gli studiosi di lessicografia e lessicologia dialettali.
    Se Beddramatri sia esistito realmente, non so, presumo di sì, visto che il fatto raccontato è vero, o perlomeno vero è il "corpo del reato", le monete ritrovate a Racalmuto che arricchiscono il monetario del museo archeologico di Agrigento.

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  16. Tutto vero; è storia recente! Piero ce l'ha raccontata con grande bravura,risveglio della memoria di un paese appena trascorso.Le monete sono al museo, forse è il caso di ricominciare a pensare ad un museo tutto racalmutese e secondo me conun certo garbo i racalmutesi tirerebbero fuori tanti oggetti dai loro cassetti.
    Se magari cominciassimo a firmare gli interventi potremmo accendere un dialogo più partecipato.

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  17. Nel 2007 giaceva presso la Sovrintendenza di Agrigento un Protocollo d’intesa con il comune di Racalmuto; l’assessore di turno, recatovisi per riprendere le fila dell’intesa, constatò che il Protocollo era rimasto lettera morta; la Sovrintendente in persona s’incaricò di modificarlo e rinnovarlo; l’assessore prese l’impegno di individuare locali idonei per un Antiquarium ma non ebbe il tempo di segnalarli perché fu soppiantato dal successore. Se il successore e i successori del successore non hanno rinnovato il Protocollo d’intesa e non hanno segnalato i locali per l’istituendo Antiquarium, come avrebbero dovuto fare in una ideale staffetta, sarebbe bello e sorprendente che lo si potesse fare ora con i commissari.
    A proposito di staffetta, va detto che antecedentemente a quel Protocollo anche Carmelo Mulè, in qualità di assessore, si era interessato per valorizzare il nostro patrimonio archeologico subito dopo una proficua campagna di scavi a Racalmuto.

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  18. leggo con passione tutto ciò che ha a che fare con Racalmuto, sono certo che dai post proposti nel blog del miei amici verrà fuori un libro che racconti quella Racalmuto che per molto tempo è rimasta archiviata nei nostri pensieri

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  19. Ricordo Piero Carbone assessore al comune. Dimostrava impegno disinteressato. Tanta voglia di fare che si scontrava con una realtà immobile.
    Mariella

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    1. Uno agisce come agisce innanzi tutto rispondendo al tribunale della propria coscienza, ma se il senso dell’agire disinteressato viene colto e apprezzato da altri, si attenua per fortuna l'assordante solitudine. Grazie.

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