mercoledì 20 marzo 2013

COMMIATO


Come nella vita, come tutte le cose, anche questo blog, Castrum Racalmuto Domani, ha avuto un inizio ed è arrivato il tempo che abbia una fine. Esattamente un anno fa cominciava questa avventura che ha dato soddisfazioni, tante speranze e qualche amarezza, come è normale che sia. Voglio adesso terminare qui, con dispiacere. E lo faccio quando ancora il blog è in perfetta salute, ha i suoi lettori e i suoi commentatori. Ho raccontato una Racalmuto che vorrei vedere secondo un mio punto di vista. Non ho la presunzione di aver detto verità, né assolute  né  parziali. Ho scritto, però, col cuore, spinto da un attaccamento a questo paese che non mi ha dato i natali ma che ho assiduamente frequentato e amato. Una volta dissi che qui ho tutti i miei ricordi, tutto il mio passato, tutti i miei affetti. Mi auguro e auguro a tutti i racalmutesi, residenti e non, che Racalmuto possa risorgere e vivere, finalmente, un lungo periodo di positività. Ringrazio tutte le persone che hanno collaborato a questo blog. Quelli che hanno smesso, quelli che hanno  continuato, quelli che si sono aggiunti. Ringrazio tutti i lettori e quanti hanno inviato i loro commenti. Esprimo il mio dispiacere per qualche commento non pubblicato, ma non avrei proprio potuto farlo…Mi dispiace se qualche post fosse stato interpretato in maniera negativa o se qualcuno vi avesse letto  attacchi o offese personali. Non era mia intenzione. E’ stata, comunque, un’esperienza fantastica che ha permesso di confrontarmi, di conoscere nuove persone e rinsaldare rapporti con altre. Ringrazio tutti e idealmente vi abbraccio, augurandovi tanta, tanta fortuna.

Racalmutese Fiero
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martedì 19 marzo 2013

SAN GIUSEPPE


Lo vedevo passare ogni giorno davanti casa accompagnato da uno stuolo di gatti. Camminava a passi lenti, misurati, affidando ad un bastone  la stabilità del suo incedere. Era un vecchino piccolo di statura e magro, infagottato in una giacca dal colore incerto, di almeno due taglie più grande. Viveva da solo,  ma aveva la compagnia di tutti i gatti randagi del circondario che aveva adottato. Stava  a contatto più con loro che con gli umani. La sua casa,  ad un centinaio di metri salendo su per la strada dove abitavo, era una sorta di magazzino a pianterreno, dove ammassava  tutto quello che riusciva a raccogliere. Se ci si trovava a passare da lì ed era una bella giornata, capitava, a volte, di vederlo seduto fuori a prendere il sole attorniato dai suoi gatti con cui, solitamente, divideva i pasti. Non di rado lo si vedeva salire con scatole e scatoloni di cartone raccattati in giro per il paese.  Aveva poi una singolare abitudine, quella  di prendere tutte le immaginette di santi e i pezzetti di carta che trovava in giro e infilarli, dopo averli ripiegati con cura, nelle fenditure dei muri delle case vecchie. Quando scendeva giù per la strada era  preceduto da almeno due, tre  gatti che lo scortavano fino ad un certo punto, e poi se ne tornavano indietro, troppo pigri, forse, per proseguire o semplicemente perché il loro compito finiva lì. Lo andavano poi a riprendere quando risaliva. Era questa una cosa veramente strabiliante. Come riuscissero a prevedere il momento del rientro era proprio un mistero. Il suo modo di respirare somigliava al ronfare di un gatto e noi bambini pensavamo fosse causato proprio dallo stretto contatto con i felini. Non ne conoscevamo il nome e neanche la voce, per noi era semplicemente san Giuseppe. Questo perché una volta mia madre, come ex voto a san Giuseppe, a cui era devotissima, aveva allestito una tavolata, invitando, tra gli altri, anche lui, il vecchino che passava davanti casa.  Noi figli, per l’occasione, eravamo stati istruiti a dovere. Mia madre, che solitamente  era molto dolce e comprensiva, si dimostrava intransigente sul  comportamento. Dovevamo essere silenziosi, educati, cortesi, quasi invisibili. Nessuna deroga sarebbe stata tollerata. Avevo nove anni io e undici mio fratello.

Quel san Giuseppe improvvisato, seduto a tavola, aveva un’aria molto decorosa, dignitosa anche se un po’sperduta. Andava tutto benissimo e noi eravamo orgogliosi di noi stessi.  Mia madre ci guardava con approvazione e gli ospiti erano a loro agio. Il pranzo procedeva magnificamente quando, all’improvviso, quel vecchino pago forse di quanto fino ad allora aveva mangiato e pensando magari agli amici gatti, cominciò,  con estrema naturalezza, ad infilare nelle tasche della giacca le polpette che aveva nel piatto davanti a lui. Noi guardavamo e non credevamo ai nostri occhi. Quella scena, rimasta indelebile nella mia mente, ebbe su me e mio fratello lo stesso effetto che provocano gli argini di una diga che cedono improvvisamente e l’acqua, fino ad allora calma e tranquilla, diventa  impetuosa e prorompente, travolge  e sommerge  tutto quello che incontra. Il nostro comportamento, fino ad allora irreprensibile ed encomiabile, miseramente smise di esserlo per lasciare posto ad un ridere scomposto che ci costrinse ad alzarci velocemente e  riparare nella stanza vicina, da dove ci fu impossibile uscire per un po’.

Da quel giorno, quando quel vecchino passava, lo guardavamo con occhi  diversi, come se fosse entrato, oltre che nella nostra casa, anche un po’ nella nostra vita. Mi capitò poi di rivederlo tempo dopo, ancora una volta nelle vesti di san Giuseppe, in una tavolata organizzata  nella piazza del paese.  Allora il 19 di marzo era  festa nazionale e non si andava a scuola.

Non ho mai conosciuto la sua storia, il suo nome o saputo se avesse mai avuto una famiglia. Non ricordo neanche quando, da quella strada, non passò più assieme agli inseparabili gatti.  Per me, però, era ed è rimasto quel  san Giuseppe che a casa mia, con tutta la sua compostezza e dignità, infilava polpette nelle tasche.

                                                                                                                     Brigida Bellomo
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lunedì 18 marzo 2013

LE RICETTE DI RURU’ – PANAREDDA E CAVADDUZZI


Questi i dolci pasquali della nostra tradizione. Sostituivano le più costose e moderne uova di cioccolato. Ogni famiglia confezionava questi semplici dolci, gioia di grandi e piccini. Mi auguro, in questo anno, di avervi allietato con le ricette della tradizione antica racalmutese e di aver sollecitato la vostra fantasia in cucina. Un mondo di bene dalla vostra amica Rosa Clotilde (Rurù).









INGREDIENTI

Farina 00 1 Kg

Zucchero 300 gr.

Strutto 250 gr.

3 uova

Ammoniaca per dolci 10 gr.

Acqua q.b. per l’impasto

Uova sode 5

Una bustina di diavolina


In un recipiente mettere farina, zucchero, strutto, 3 uova, ammoniaca e acqua. Amalgamare e impastare fino a rendere il composto elastico. Formare “i panaredda” o “i cavadduzzi” e inserire, ricavando una tasca, l’uovo sodo intero (che sia freddo). Cospargere le figure così formate con la diavolina e infornare a 200° per 15 minuti.

E...BUON APPETITO DA RURU'

  

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domenica 17 marzo 2013

RITORNA LA “CASA DI CRISTALLO”


Quella “casa di cristallo”, proposta qualche mese fa da Castrum Racalmuto Domani, che non è piaciuta come idea ai politici di Racalmuto, viene adottata come leitmotiv dal neo presidente del Senato, Pietro Grasso. Un discorso semplice il suo, nel rispetto delle preoccupazioni degli italiani che trepidano per una stabilità politica che assicuri loro un assetto non più precario dal punto di vista economico-sociale-occupazionale. Con l’impegno, più che con l’augurio, che possa  finalmente partire la ripresa economica lasciando definitivamente alle spalle una crisi che da troppo tempo incide sulle famiglie.

Il richiamo a Moro, alle vittime di mafia, ma soprattutto alla trasparenza della politica come servizio ai cittadini, non più corrotta, non più intrisa dal malaffare, è servito al presidente Grasso ad affermare il bisogno che questa nostra politica italiana, questi nostri politici che con il nostro voto dovrebbero assicurarci garanzie di stabilità, non per concessione ma per diritto, riacquisti credibilità e si scrolli di dosso gli scandali e il tornacontismo.

Il riferimento ad Antonino Caponnetto che, in occasione del maxiprocesso ebbe a dirgli: “vai avanti, schiena diritta e segui soltanto la voce della  coscienza”. Che il sogno della casa di cristallo di Pietro Grasso, possa avverarsi e  risultare contagioso per le tante realtà anche a carattere locale.

Che finalmente, anche a Racalmuto, possa essere fatto proprio il concetto della trasparenza, del bene comune, dello spirito di servizio e dell’interesse, in piena trasparenza, di questo nostro Paese; a schiena diritta, seguendo la voce della coscienza.
Buon lavoro sig Presidente.

Racalmutese Fiero
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sabato 16 marzo 2013

UOVA DI PASQUA: STORIA E ISTRUZIONI PER L’USO


Già da alcune settimane hanno invaso gli scaffali dei negozi con le loro carte luccicanti e colorate sulle quali, in grandi lettere, si rassicura su sorprese non deludenti. Stiamo parlando delle uova di Pasqua o uova di cioccolato, golosa attrazione per grandi e piccini. L’uovo di cioccolato è un dolce tipico pasquale di recente produzione che, però, si ispira a lontanissime tradizioni e leggende. Per la sua particolare forma e per il suo prezioso contenuto, fin dall’antichità, l’uovo rappresentava la vita stessa, il mistero del cosmo e il sacro. I pagani credevano che la terra e il cielo fossero la metà dello stesso uovo. Gli antichi Egiziani ritenevano che l’uovo fosse il centro dei quattro elementi dell’universo (acqua, terra, fuoco, aria). I Greci, i Cinesi e i Persiani, invece, avevano l’usanza di scambiarsi uova decorate all’inizio della primavera per festeggiare la “rinascita” delle natura. E anche nel Medioevo si regalavano uova colorate alla servitù in primavera.

Nella religione cristiana le uova diventano il simbolo della risurrezione di Gesù e della rinascita dell’uomo. E ancora oggi molti dolci pasquali hanno come ingredienti principali o decorativi le uova che, durante il digiuno della Quaresima, venivano messi da parte per essere consumate a Pasqua.

Le uova di Pasqua acquistate nei centri commerciali, e che verranno scartate in fretta e in furia dai bambini domenica mattina hanno quindi, un’antica e interessante storia. È una tradizione che perciò va assolutamente rispettata, ma con alcune accortezze e attenzioni dovute ai cambiamenti dei tempi.

Per prima cosa è importante notare che i nostri bambini mangiano quasi tutti i giorni dolci e cioccolata, per cui è abbastanza inutile e dannoso regalare tante uova di cioccolato in un periodo di festa in cui, tra l’altro, si mangia più del solito. Un’idea potrebbe essere quella di regalare solo un uovo per famiglia e riservare ai bambini piccoli doni come libri, colori o puzzle.

Quando scegliete l’uovo di Pasqua leggete gli ingredienti del cioccolato e accertatevi che siano di qualità, dal momento che molto del cioccolato verrà mangiato dai bambini. Ad esempio, un cioccolato che contiene il suo burro di cacao senza grassi vegetali aggiunti è un cioccolato di qualità che, senza esagerare, potrà soddisfare la golosità di tutti senza rischi per la salute.

Oltre alla qualità, state attenti alla quantità di cioccolato che si consuma in appena due giorni, a Pasqua e a Pasquetta. Il peso di un uovo di cioccolato va dai 200 grammi in su. Ciò significa che l’uovo più piccolo fornisce dalle 1030 Kcal del cioccolato fondente, alle quasi 1100 Kcal del cioccolato al latte. Per cui, se si sono ricevute molte uova di cioccolato, va bene farle scartare e rompere dai bambini per “gustare” il momento della sorpresa. Ma poi è meglio nascondere il cioccolato (è pur sempre una forte tentazione) in un posto sicuro e asciutto, per poterlo utilizzare successivamente per preparare dolci, biscotti o gelati fatti in casa.

Infine, al momento dell’acquisto potete scegliere uova di Pasqua ecologiche, solidali ed ecosostenibili. Da anni ormai vengono proposti al mercato uova di cioccolato il cui cacao o zucchero provengono da paesi del Sud del mondo nel rispetto di un commercio equosolidale, o vengono confezionati con carta riciclata o fibre di scarto della seta. Ma ci sono anche uova pasquali, il cui ricavato sarà devoluto ad associazioni di volontariato. Si potrà così cedere ad un peccato di gola, sapendo di aver fatto qualcosa di “buono”.


Dott.ssa Maria Anna Tomaselli
Dietista
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venerdì 15 marzo 2013

VIVERE PER LAVORARE O LAVORARE PER VIVERE?


Esiste una frase abusata che dice: “Il lavoro nobilita l'uomo”. Mai di più attuale in un particolare periodo di crisi occupazionale nel quale molti giovani sono costretti ad accettare dei compromessi di scelta, se fortunati o a vagare tra un’agenzia di collocamento e un’altra alla ricerca di una qualunque occupazione che rischia di non arrivare. Saremmo disposti a svolgere qualunque attività pur di lavorare,   liberarci dalla noia, dall'ozio, renderci autonomi  e  dare uno scopo alla nostra esistenza. Ci risuona nella mente costantemente, come un tarlo  quanto importante sia il ruolo del lavoro nelle nostre vite.

Ma siamo così sicuri che nell'epoca contemporanea, l'era supertecnologica, il lavoro si possa ancora intendere come un valore aggiunto che serva a dare senso alla nostra vita? O piuttosto non sarà proprio il lavoro a immergerci in una realtà in cui il nostro fare è completamente sganciato da uno scopo? Non sarà che siamo pedine di un meccanismo senza coinvolgimento alcuno, rappresentando un qualunque ingranaggio di un sistema? L'artigiano di un tempo esprimeva se stesso attraverso la sua opera, il tecnico e il manager di oggi esprimono se stessi, oppure semplicemente l'impianto razionale del processo di produzione di cui fanno parte? È possibile immaginare, oggi, una dimensione lavorativa nella quale ognuno di noi possa testimoniare la sua unicità attraverso il proprio agire?

Il lavoro rappresenta ancora un quotidiano molto rilevante nella nostra vita, attraverso il quale diamo molto per scontato. Certezze che potrebbero sgretolarsi se pensassimo   quanto un lavoro, seppur gratificante e ben remunerato provochi in noi uno stress correlato.  Da considerare ,anche , le nuove generazioni, quelli  che portano il lavoro a casa, che non conoscono stacco dalle ore lavorative e relegano la loro vita privata a spazi ridotti che si risolvono, tutto sommato, come un’aggiunta di stress. Tutto viene vissuto con preoccupante frenesia: gli amici, la famiglia, i propri hobby. La mente è sempre rivolta al lavoro che sembra aspettarci come una scadenza e dal quale non riusciamo a staccarci. 

Alla lunga  questi comportamenti finiscono per condizionare ogni rapporto  e rendere difficile persino la convivenza con noi stessi. Siamo costantemente nervosi, preoccupati, ansiosi. Comportamenti che rischiano di sfociare in vere patologie. La società moderna, il ritmo dei manager, i giovani rampanti, gli arrampicatori, gli ambiziosi di carriere,  non si concedono  tregua e quel lavoro che prima ci appariva come una fortunata quanto incredibile soddisfacente conquista, rischia di tramutarsi in una trappola dalla quale non riusciamo a venirne fuori. Lo spazio vitale si riduce e la nevrosi o le malattie cardiovascolari possono fare la loro pericolosa comparsa.

Siamo ancora in tempo! Riappropriamoci della nostra vita, dei nostri spazi, concediamoci le giuste pause  e, se non stiamo lavorando, stacchiamo la spina e godiamo di una giornata, di una piacevole cena con gli amici o semplicemente, della compagnia della  persona cara. Questo ci salverà da un vortice pericoloso che rischia di risucchiare tutta la nostra esistenza. Lavorare con impegno e passione sì, ma per vivere e non vivere per lavorare.

Racalmutese Fiero
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FRANCESCO, COME IL FRATE DI ASSISI


Abbiamo il Papa. Dopo la rinuncia di Benedetto XVI, dopo quattro fumate nere, viene proclamato Pastore della Chiesa cristiana un cardinale dell'America latina. Prende il nome di Francesco.

Mi auguro che il nuovo Pontefice possa impersonificare la dottrina e gli insegnamenti del frate di Assisi e condurre il suo mandato nell'interesse della comunità' cristiana e non "dell'azienda chiesa". Una dottrina che riporti fedeli, credenti e non verso la fiducia nei confronti del clero e della Chiesa, intesa come servizio ai poveri, agli emarginati, agli oppressi.

Abbiamo avuto dei grandi Papi, uomini capaci, di polso, figure carismatiche che sono riusciti a conciliare gli interessi della Chiesa con le esigenze dei fedeli. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crisi religiosa, pesantemente condizionata dal crollo dei valori della dottrina cristiana e marcati dagli scandali che hanno coinvolto prelati in molte parti del mondo.

Che il nuovo Papa, pastore di anime, successore di Pietro sul soglio pontificio, rappresenti l'umilta' e sia conforto e sostegno di tutti i credenti. L'America latina ha attraversato e sta attraversando periodi di profonda crisi , flagellata da tanti, troppi problemi. Forse Francesco, che ha vissuto il dolore di tali mortificazioni e tormenti, saprà interpretare al meglio il servizio pastorale al quale è stato chiamato, facendosi portavoce e conciliando le esigenze del mondo cattolico e laico, ma soprattutto adoperandosi verso le fasce più deboli della società mondiale.

Racalmutese Fiero
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mercoledì 13 marzo 2013

TEMISTOCLE, CHE SIA UOMO O DONNA


Temistocle è stato un politico e generale greco antico.Tra i primi politici di spicco nella giovane democrazia di Atene, condusse una politica a favore del popolo, con il supporto delle classi meno abbienti della città e generalmente in contrasto con le famiglie nobili. Eletto Arconte nel 493 a.C., fu l'artefice della potenza navale ateniese, che diventerà la più grande e potente di tutta la Grecia.

Allora in tutta l’Ellade erano l’ambizione e l’onore a dominare la scena politica/militare e a caratterizzarne le peculiarità salienti di ogni uomo, politico o semplice cittadino che fosse. I valori erano rappresentati dalla Patria, la terra natìa che prevaleva su ogni altra appetibile ambizione. Si preferiva morire, allora, piuttosto che macchiarsi di una tra le più esecrabili colpe: il tradimento, la congiura contro il suolo natìo. Temistocle riuscì a coinvolgere nel suo progetto gli uomini semplici, costruendo, così, una grande forza, quella che oggi potremmo definire un grande movimento di pensiero culturale e popolare. Fu  la vera forza di questo politico e generale, aggregare quanta più gente possibile e far nascere in loro l’amore per la propria terra.

Si direbbe: “concetti impensabili oggi!” Ma se si vuole risorgere dalle ceneri, risollevare le sorti di un luogo che ha visto nascere personaggi dotati di acume e capacità e che continua a vedere i nostri figli vivere e lottare per un posto di lavoro, per la sopravvivenza, bisogna comprendere che l’altruismo, il disinteresse, il bene comune, dovrebbero essere le uniche motivazioni a spingere chiunque abbia capacità e voglia di adoperarsi onestamente per la cosa pubblica.

Leggevo che Racalmuto avrebbe bisogno di un sindaco donna che possa concentrare forza nuova e capacità imprenditoriale per amministrare abilmente il paese. Penso che il comune avrà bisogno necessariamente di un Temistocle che possa amministrare nel bene della cittadinanza anteponendo tutto il suo sapere, la sua abilità all’interesse privato. Dimentico del passato, capace di esprimere un nuovo modo di fare politica, lungi dai vecchi sistemi, dagli interessi, dalle calunnie per annientare l’avversario, dalle disonestà, dal malaffare, dalla corruzione e disposto a sostenere con ogni mezzo, con ogni cellula del suo essere una comunità che anela considerazione e rispetto.

Temistocle fu di una saggezza e di una intelligenza incredibilmente grandi; si dice che a lui si avvicinò un uomo  particolarmente colto e gli promise che gli avrebbe insegnato l’arte della memoria; egli domandò  che cosa mai quell’arte potesse fare e il dotto rispose che sarebbe servita a ricordare tutto. Temistocle rispose che gli avrebbe fatto cosa più gradita se gli avesse insegnato a dimenticare ciò che voleva, piuttosto che insegnargli a ricordare.

Che il futuro sindaco, uomo o donna che sia e tutta l’amministrazione comunale futura di Racalmuto dimentichino i vecchi modi di fare politica e si proiettino verso un nuovo sistema trasparente per un pronto recupero del paese e della comunità.

Racalmutese Fiero
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lunedì 11 marzo 2013

“ SAREMMO MALIZIOSI A SOSPETTARE UNA CERTA MALIZIA… “ (Dalle parti degli infedeli – Leonardo Sciascia)


Molte le persone che in questo lungo anno ho conosciuto in  paese. Alcuni si sono arrogati la paternità di avermi lanciato in quel di Racalmuto e di avermi presentato innumerevoli, degnissime e importantissime persone. Addirittura hanno fatto a gara per accaparrarsi l’esclusiva di avere attuato tutto questo per me. C’è chi, nientemeno, mi avrebbe lanciato da chiome frondose direttamente in paese e sempre da sotto quelle fronde mi avrebbe fatto conoscere le persone più in vista di Racalmuto.

E’ il fenomeno della bilocazione e della dislocazione. La prima, la presenza simultanea in due luoghi differenti, la seconda il trasferimento di una persona da un luogo a un altro; in questo caso il sottoscritto, misero sconosciuto che non avrebbe mai potuto sorbire un buon caffè in compagnia di un degnissimo racalmutese. Io avrei avuto bisogno di tutto ciò e di questo non solo dovrei ringraziare, ma dovrei essere eternamente grato, ossequioso, deferente, quasi prono e, soprattutto, affermare una condita realtà che anche se non risulta, piace dirla per comodità o per presunti quanto improbabili meriti. Non importa se questi pigmalioni li ho incontrati una sola volta in piazza in occasione della conoscenza e poi ho continuato a frequentarli esclusivamente sotto la frescura di un fitto fogliame.

Poi sempre certi personaggi non hanno mai mancato l’occasione di riferire fatti su altri, addossando colpe ai malcapitati, vantando  ragioni e meriti propri, ignari, forse che le tanto ripetutamente decantate, pregevoli azioni andrebbero riconosciute dagli altri e non ostentate da se stessi. Altri ancora si sono spinti oltre, costruendo ad arte intrecci, rocambolesche spiegazioni contorte, da veri racconti surreali.

A me piace ascoltare, l’ho sempre detto e più sto in silenzio e ascolto, più le persone parlano e parlano, non rendendosi conto di quanto via, via si scoprono. Poi mi piace sentire il parere anche degli accusati e – avrete probabilmente difficoltà a crederci – nessuno di queste “colpevoli persone” si è mai permesso di parlare male degli accusatori o semplicemente nominarli. I discorsi sono sempre stati generalmente o particolarmente rivolti al paese, esprimendo e valutando diversi punti di vista e svariate soluzioni per risolvere i problemi di Racalmuto. Non voglio trarre conclusioni, lascio ad ognuno di voi la libertà di farsi un proprio convincimento.

Permettetemi però di dire che preferisco i “pazzi”, perchè nella follia alberga l’intelligenza. Preferisco il contrasto con le persone, purchè dimostrino capacità e non appiattimento. Preferisco avere torto con chi è abile a convincermi, motivando il proprio punto di vista. Preferisco avere amici originali, mai banali, imprevedibili ma schietti. Uomini che ti arricchiscono sol perché esprimono le proprie idee in piena libertà. Preferisco chi agisce senza tornaconti ma nell’esclusiva coerenza ai propri princìpi e anche, perché no, alle proprie ambizioni. Non potrò mai temere nulla dai coerenti, dai liberi di pensiero, senza reconditi fini, sensibili ai valori dell’amicizia, del rispetto e della reciproca stima. Non amo le trame, disprezzo la calunnia. Mi infastidiscono le persone che si arrampicano sugli specchi per rendere veritiere situazioni secondo l’univoca interpretazione, incuranti  dell’intelligenza altrui e di un’educazione che impedisce risposte inadeguate. A queste persone non andrebbe mai negata la totale e perenne ragione, figlia di arrogante presunzione. Amo la libertà delle mie idee, in piena autonomia, senza condizionamento alcuno.

Per chiarire e per concludere: i buoni, disinteressati consigli, attestazione di stima e amicizia, li ho ricevuti in questi ultimi tempi da chi è stato additato e condannato dai frequentatori dei pulpiti  dalle prediche facili.

Racalmutese Fiero
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domenica 10 marzo 2013

LE RICETTE DI RURU’ – PASTA SMINUZZATA CU LU MACCU DI FAVI


“Lu maccu di favi” è un antico piatto della cucina povera siciliana che viene sfruttato così com’è oppure, come nel nostro caso, accompagnato con la pasta sminuzzata. Anticamente la pasta veniva posta in vendita in cassetti che contenevano i vari formati. Allorché  i cassetti si svuotavano, restavano rimasugli di pasta spezzettata che il negoziante metteva in vendita a minor prezzo; ed è questo il tipo di pasta che veniva impiegato per realizzare la pasta cu’ lu maccu, che veniva e viene realizzato previa lunga cottura, si riduce in una densa purea e una volta  raffreddato, poteva essere tagliato a fette, così da costituire la colazione per i contadini.




INGREDIENTI

400 grammi di fave secche senza la buccia

Un mazzetto di finocchietto selvatico

300 grammi di pasta sminuzzata

Qualche cucchiaio di olio extravergine d’oliva

Pepe macinato al momento

Sale q.b.


PROCEDIMENTO

Pulire bene il finocchietto, tagliarlo a pezzi e metterlo da parte. Mettere le fave sgusciate in acqua fredda per una notte. Mettere le fave a bollire in abbondante acqua, aggiungere i finocchietti tagliati (conservarne qualche rametto) e far cuocere, a fiamma dolce, per un paio d’ore, schiacciando le fave saltuariamente con un cucchiaio di legno.

Quasi a fine cottura aggiustare di sale e quando la purea sarà pronta aggiungere la pasta e completare la cottura.

Servire spolverando con il pepe, condire con l’olio e completare depositando sulla minestra qualche rametto di finocchietto messo da parte in precedenza.


E…BUON APPETITO DA RURU’


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sabato 9 marzo 2013

BASTONCINI DI PESCE: SONO DAVVERO BUONI?


Dorati e appetitosi, piacciono proprio a tutti, grandi e piccini. C’è sempre una scorta nel congelatore e servono pochissimi minuti per prepararli. Basta una padella con un po’ di olio o un forno ben caldo e, oplà!, sono pronti. Stiamo parlando dei bastoncini di pesce, tanto amati dai bambini e anche dalle mamme, convinte di offrire del pesce che, si sa, fa tanto bene.

Il pesce, è vero, è un alimento eccezionale da un punto di vista nutrizionale. È fonte di proteine definite “nobili” perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali, cioè quelli indispensabili. A seconda del tipo di pesce si ha poi una quantità variabile di grassi che sono costituiti principalmente da acidi grassi essenziali omega 3, importanti nella prevenzione delle malattie cardio-circolatorie. Più è grasso il pesce, come ad esempio le sardine che hanno 15 grammi di grassi ogni etto, più il pesce sarà ricco di questi preziosi acidi grassi essenziali. Il pesce è, inoltre, fonte di sali minerali come il fosforo e lo iodio e di vitamine del gruppo B, vitamina A e vitamina D.

Tutte queste qualità nutrizionali appartengono anche ai bastoncini di pesce? Si può rispondere a questa domanda mettendo in confronto la composizione in nutrienti del filetto di merluzzo e dei bastoncini di pesce:

100 grammi di merluzzo contengono 17 g. di proteine e solo 0,3 grammi di grassi con un apporto calorico di 71 kcal;

100 grammi di bastoncini, invece, forniscono 11 grammi di proteine, ben 10,1 grammi di grassi e 15 grammi di carboidrati, per un totale di 191 Kcal, cioè quasi 3 volte quelle fornite dal merluzzo (fonte: Tabelle di composizione degli alimenti, INRAN 2000).

Ciò significa che un bastoncino di pesce che pesa circa 25 grammi fornisce 48 Kcal di cui il 47% provengono dai grassi, il 31% dai carboidrati e solo il 22% di proteine. Per cui si può affermare che i bastoncini di pesce sono particolarmente ricchi di grassi e carboidrati e meno di proteine.

Questa loro diversa composizione è dovuta al processo di impanatura e a quello di frittura che spiega la loro alta percentuale di carboidrati e di grassi rispetto al pesce fresco. I bastoncini di pesce, infatti, sono un prodotto industriale che viene prima impanato con pangrattato, farina di grano o fecola di patate e aromi, e poi fritto con oli vegetali, tra l’altro spesso neppure specificati come tipo, e della cui qualità dunque ben poco si può dire. Il caratteristico colore brillante della panatura è dovuto alla presenza di aromi come la paprica e la curcuma, mentre la sua alta appetibilità è data, oltre che all’olio usato per friggere, anche dall’alto contenuto di sale che viene sì riportato nella lista degli ingredienti, ma non nella tabella nutrizionale sulla confezione.

Quindi c’è una bella differenza in nutrienti. E la qualità di pesce che viene usato? Purtroppo la legge non obbliga i produttori a specificare a che tipo di specie appartiene il merluzzo usato in questi prodotti. Così tra gli ingredienti troviamo scritto solo “filetto di merluzzo” senza specificare la specie. Per ovvi motivi economici non viene mai utilizzato il merluzzo della pregiata specie del Merluccius Merluccius del mar Mediterraneo, ma quasi sempre un tipo di merluzzo proveniente dal Pacifico o dall’Atlantico come il meno pregiato Pollack d’Alaska.

Se vogliamo ricapitolare le caratteristiche di questi “appetitosi” bastoncini possiamo quindi descriverli come un secondo piatto:

più ricco di carboidrati che di proteine;

troppo ricco di grassi anche quando a casa vengano cotti al forno, perché sono comunque pre-fritti;

troppo calorico rispetto a un filetto di pesce fresco o surgelato;

troppo ricco di sale;

povero di acidi grassi omega 3 rispetto a una fetta di salmone.

Non si tratta perciò di un secondo di pesce ma di un prodotto industriale a base di pesce che per le sue caratteristiche nutrizionali e qualitative non va offerto settimanalmente ai nostri bambini. I bastoncini di pesce devono essere considerati una sfiziosità e non un’alternativa a una spigola o a un filetto di platessa.

Basta un po’ di tempo e un po’ di fantasia in cucina per preparare gustose ed invitanti polpettine di merluzzo, hamburger di pesce spada o involtini di sogliola con un bel contorno di verdure. Creando così un piatto leggero ed equilibrato, che piacerà certamente a piccoli e grandi.

Dott.ssa Maria Anna Tomaselli
Dietista
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venerdì 8 marzo 2013

8 MARZO


Molti, erroneamente, la chiamano festa della donna, ma non è una festa. Penso, anzi, non ci sia nulla da festeggiare. Non certo la violenza fisica, psicologica, sessuale, economica, educativa, di cui ancora oggi è fatta oggetto la donna in molte parti del mondo.  Non certo la violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato attraverso condotte misogine. Il   femminicidio, lo stalking. La barbarie vive e cammina accanto a noi. Le cronache a questo proposito ci raccontano storie orribili, che colpiscono le nostre coscienze. Storie di brave ragazze perseguitate, uccise da ex fidanzati. Storie di mogli, di compagne, di figlie, di sorelle che hanno in comune il fatto di aver voluto decidere delle proprie vite.  Ogni due giorni, in Italia, viene uccisa una donna da chi, invece, dovrebbe amarla e rispettarla. O lasciarla semplicemente vivere  in pace.


Nulla da festeggiare quindi, ma  RICORDARE sì. Ancora oggi, in molte parti del mondo, i diritti  garantiti alle donne non sono gli stessi che vengono garantiti agli uomini.  Accade in Pakistan, Nigeria, Sudan, Arabia e molti altri paesi ancora. Anche in quei paesi in cui le leggi assicurano uguaglianza e parità per entrambi i sessi, come i paesi occidentali,  vi è una colpevole carenza  nella loro applicazione.

  
Ma ricordare nella giusta maniera, oggi, sembra un esercizio difficile.  Specialmente se, nel corso degli anni, è prevalsa la tendenza a  svilire, banalizzare, adattare ogni cosa ad un uso non proprio “nobile”. Commerciale. La nostra è una società gravemente affetta da consumismo e tende a trasformare tutto in consumo. Una giornata da ricordare si deforma e diventa una festa da pianificare. Il contorno diventa piatto principale. Materia per ristoranti, pizzerie,  pasticcerie e fiorerie che, per l’occasione, trasformano anche l’umile e semplice mimosa nella regina dei fiori(almeno nei prezzi). Un business. Una sorta di san Valentino bis  per sole donne. Forse, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituì, nel 1997, la “Giornata Internazionale della Donna”, riconoscendo l’urgenza di eliminare tutte quelle discriminazioni che le impedivano una piena e paritaria partecipazione alla vita sociale e civile , e ribadendo  l’importanza del  ruolo che riveste, non aveva in mente proprio questo.


La GIORNATA della donna è diventata quindi, per molti,  la FESTA della donna. Da aggiungere a quella della mamma, del papà…ecc… L’attenzione si allontana dalla condizione femminile  e si sposta sulla festa che si risolve, solitamente, in  una cena. Si avverte il disagio di mancare un’occasione importante. Ma, come è possibile che  il tutto si riduca ad una cena, rigorosamente “al femminile”, magari  con spettacolo a tema?  Ancor di più colpisce sapere di certi comportamenti. Alcune, in nome di un’apparente uguaglianza, ne  travisano il significato  e scimmiottano nei comportamenti gli esponenti del sesso opposto. Così facendo non acquistano  o conquistano parità. Perdono soltanto la loro peculiarità: l’essere donna. Sono le stesse a cui si sente dire che, se una ragazza viene molestata e indossa la minigonna,  se l’è cercata. La  violenza NON HA e NON PUO’ avere giustificazioni.


Nulla in contrario alle cene, ovunque le si voglia fare, ma, non lasciamoci distrarre. Per passare una serata assieme alle amiche non è certo necessario aspettare l’8 marzo. Lo si può fare, e lo si fa, in qualsiasi momento. Non bisogna invece perdere l’occasione per ribadire  l’importanza dell’applicazione e dell’osservanza di diritti  conquistati e  pagati ad un prezzo altissimo. Sin dai tempi della caccia alle streghe.  I diritti sono delle tenere piante da difendere e custodire affinché possano mantenersi vivi, crescere e fortificarsi. Bisogna, se necessario, reclamarli ad alta voce, ricordarli a chi tende a dimenticarli. Basilare il diritto alla vita e all’integrità psico-fisica. La parità, scritta su di un pezzo di carta e non praticata, suona come  una tragica beffa. Una farsa. A ricordare tutto questo, forse, passa anche la voglia di  cenare. Che quest’anno l’otto marzo sia un proficuo e fruttuoso Otto Marzo di riflessione per tutte le donne e gli uomini di buona volontà.

                                                                                                            Brigida Bellomo
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giovedì 7 marzo 2013

STAGIONE ARTISTICO/CULTURALE 2013 –CASTELLO CHIARAMONTANO RACALMUTO


Si avvia il programma 2013 approvato dalla Commissione Straordinaria, con la Direzione Artistica di Piero Baiamonte, ricco di appuntamenti più che mai aperti alle innovazioni espressive che annualmente accolgono Artisti di livello internazionale caratterizzando le proposte culturali ed artistiche come lo è stato in precedenza con la Mostra fotografica di Robert Capa, l’antologica del maestro dell’iperealismo contemporaneo Giuseppe Carta, la collezione di opere dal ‘900 ad oggi della fondazione FML (opere di Sironi, Fiume, Sassu, Talani etc.), specchio di un’Italia da riscattare, di una crisi etica oltre che economica da riequilibrare, e questo piccolo Comune non si stanca mai di lanciare segnali positivi attraverso il coinvolgimento di artisti provenienti da palchi importanti come La Biennale di Venezia, da collezioni museali o prestigiose gallerie internazionali. Quest’anno sarà la volta della multicultura con l’artista argentino Fernando Parrotta, pittore e fotografo di Buenos Aires - Consapevoli, quest’anno più che mai, della necessità di evidenziare tutto il bello che ci circonda e l’importanza di allungare lo sguardo oltre gli immediati limiti territoriali, la linea artistica ruoterà intorno al concetto di multicultura, patrimonio territoriale e culturale suggerendo nuovi stimoli, nuove possibilità di confronto e di apertura ai giovani talenti.

Nella mostra “Photography, orizzonti per immagini e dintorni” i ritratti, i paesaggi, la natura, raccontati attraverso lo sguardo di quattro fotografi in mostra: Peppe Cumbo, Giuseppe Parello, Alessandro Giudice e Andrea Sardo.
L
Si proseguirà con “’Arte del canto lirico” nel bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi e in omaggio al tenore Beniamino Gigli, uno dei più celebri tenori italiani del secolo scorso - in mostra dischi di musica classica, lirica, abiti e oggetti di scena, documenti e testimonianze, concerti e dibattiti per ripercorrere le tappe più significative della nostra lirica con visite guidate nella sala espositiva del Teatro Regina Margherita dove sono custoditi gli abiti di scena del Tenore Salvatore Puma, nativo racalmutese.

Dal 05 Luglio al 30 agosto, con il Patrocinio del Ministero della Cultura Argentina, il pittore e fotografo latino-americano Fernando Parrotta sarà il protagonista della scena in Visioni d’oltreoceano - La mostra ospiterà tele e fotografie dell’artista che si muove con disinvoltura in una pittura astratta, suggestiva e di forte impatto visivo e nell’Arte fotografica dove gioca sui contrasti di luce e ombra, staticità e movimento. Evidenti sono i richiami alla propria terra e alla propria cultura nell’uso dei colori, nella tecnica espressiva, nella gestualità di rappresentazione.

Rimane confermato anche quest’anno in settembre l’appuntamento “Nei luoghi di Regalpetra” giunto alla IV^ edizione con personali di pittura a cura dello Studio Erato di Nello Basili, evento collaterale ad “AgrigentoArte” e non può mancare uno spazio dedicato ad artisti emergenti con la rassegna “Ingresso libero” aperto alla pittura, fotografia, scultura.

Prosegue l'appuntamento con la mostra concorso dedicata al piccolo talento artistico di Giovanni Domenico Marchese, giunto alla IV edizione, curato dalla scuola secondaria di I° grado Pietro D'Asaro di Racalmuto che si conferma ormai un importante riconoscimento per i giovani alunni.

“Tracciati…senza filo conduttore” è la mostra dedicata ai vincitori del concorso “Selezione Spazio Arte” che si è tenuto l’Ottobre scorso al Castello in cui sono stati selezionati da un’apposita giuria gli Artisti: Elisa Cella, Sarina Cusenza, Enrico Di Puma, Antonio Grifo e Lorenzo Lo Vermi con opere che spaziano dall’iperealismo, all’astrattismo, al concettuale, al figurativo. 

All’interno della struttura è visibile l’esposizione permanente delle bandiere del cero dei borgesi, la Pinacoteca comunale con la collezione permanete di opere d’Arte, un sarcofago in monoblocco in pietra del 300 DC con bassorilievo raffigurate il ratto di Proserpina.

E’ possibile organizzare all’interno convegni, dibattiti, cerimonie - per informazioni Tel. 0922948820                              



                                                                                                       Il Direttore Artistico
                                                                                                         Piero Baiamonte
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mercoledì 6 marzo 2013

IL POTERE DELLA MENTE


Tutto può la mente. Smisuratamente influente il potere della suggestione  che riesce a dominare il cervello, attraverso il quale comandiamo tanti altri nostri organi. E così spesso accusiamo sintomi di patologie inesistenti sol perché la nostra mente si autoconvince che siamo ammalati. Suggestionati, viviamo periodi anche lunghi di stress emotivo e di intensa preoccupazione. Poi, come per incanto, basta appurare la reale condizione organica per far sparire, all’improvviso, ogni sintomo, ogni sofferenza e tornare ad essere sereni e ottimisti.

A quanti di noi sarà capitato di vivere una situazione suggestiva e di uscirne fuori dalla sera alla mattina sol perché abbiamo certamente appurato l’inesistenza del problema. E così accade anche nella vita e con le persone. Capita di lasciarsi suggestionare da individui dotati di forte personalità, dalla favella pronta e ricca di argomenti, per convincerci dell’esattezza di quanto ci viene prospettato.

Il suggestionatore è individuo abile e capace di argomentare descrivendo i fatti nei minimi particolari, tanto da indurre l’interlocutore, “ipnotizzato” dai minuziosi e abili discorsi a convincersi fermamente della validità degli argomenti. La suggestione, che si differenzia dal plagio, condiziona, spesso, la vita di tutti i giorni e abbraccia diversi aspetti del quotidiano. Possiamo convincerci di fatti o avere impressioni su persone che non corrispondono alla realtà ma che la nostra mente ci indicherà sempre in quel modo.

Il quotidiano è rappresentato da sensazioni dettate dalle certezze del nostro cervello. E le nostre azioni, in definitiva, saranno influenzate dalle nostre tendenze, dalle nostre certezze, dalla nostra suggestione. A volte tutto questo rappresenta positività, espressione di fiducia e ottimismo. Molte altre la suggestione ci fa imboccare dei percorsi tortuosi e negativi che rischiano di influenzare negativamente i rapporti col nostro prossimo o semplicemente la connessione tra il cervello e il nostro organismo.

Racalmutese Fiero
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martedì 5 marzo 2013

IL TEATRINO DELLA PARROCCHIA


Ricordo perfettamente gli anni della mia infanzia, quando la vita scorreva semplicemente e ci si accontentava di quel poco che quei tempi, poco esigenti, offrivano. Non c’erano molti svaghi in città e i pomeriggi, dopo i compiti, venivano trascorsi in parrocchia. Tra un tantum ergo e una messa in latino, il tempo trascorreva  nelle sagrestie. Si giocava a calcio balilla o a ping pong o ci si cimentava in interminabili partite a monopoli.

Tanti i ragazzini che frequentavamo la Chiesa, quasi tutti chierichetti, era l’unico luogo che permetteva a genitori e preti di sottrarci alla strada. Spesso facevano la loro apparizione i seminaristi, ne ricordo in particolare due, inseparabili, sempre assieme a parlare fitto, fitto tra loro. A volte ci spostavamo in un altro fabbricato adiacente la sagrestia. Una sala rettangolare, buia con in fondo un palco. Mi affascinava poter salire sulla scena e improvvisarmi attore, recitando frasi sconnesse o spezzoni di commedie mal ricordate.

Ogni tanto quel palco si accendeva di tante luci e veniva calcato da giovanotti più grandi che mettevano in scena spettacoli per lo più comici. Stavamo a guardare ammirati quegli imberbi attori che ci apparivano come i migliori esistenti sulla piazza. Quasi con una certa invidia sognavamo di potere un giorno recitare anche noi sul palcoscenico di quel teatrino parrocchiale. Queste strutture non avevano pretese, gli spettacoli erano a costo zero e gli spettatori, ancora piccoli, non si accorgevano certo di qualche scena recitata male. Per un quartiere, un paese, quei teatrini hanno rappresentato il diversivo alle giornate, alle domeniche di tanti ragazzi che non potevano o non avevano voglia di spendere poche lire. Spettacoli a costo zero! Divertimento assicurato!

Adesso sarebbe impensabile rimettere in scena quegli spettacoli così semplici o riaprire quei piccoli teatrini parrocchiali che ospitavano, all’occorrenza, anche le scolaresche. I tempi sono cambiati, reclamano organizzatori preparati, introdotti, il pubblico è diverso e gli spettacoli si sono perfezionati, non saranno a costo zero ma la qualità, la platea competente, le esigenze di cassa, impongono ritmi e offerte per tutti i gusti, per palati da intenditori e nell’ottica di ritorni economici. I teatrini parrocchiali restano nella memoria di chi rimane un sognatore, un inguaribile nostalgico, un eterno, arrogante, pretenzioso, immodesto bambino.

Racalmutese Fiero
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lunedì 4 marzo 2013

CHI ME L’ HA FATTO FARE


Qualcuno si chiede, più che chiedere, a cosa sia servito questo blog. E oltre a porsi la domanda, azzarda pure calunnie, risposte e soluzioni, inerpicandosi in spiegazioni o processi alle intenzioni su quello che si proponeva il blog e quale risultato avrebbe ottenuto e cosa avrebbe disatteso. Poi, gratuitamente, vengono messe nella bocca del “saccente gestore” frasi che denotano stizza e che suonerebbero semplicisticamente come esortazioni a non leggere quello che non piace, inoltrandosi in consigli sull’opportunità di scrivere o meno.

Un modo più che meschino di annientare una voce libera, preoccupazione più che interpretazione di ostacolo a futuri, improbabili disegni, che se trovassero attuazione, rappresenterebbero un danno per il paese. Un modo di agire e una mentalità che denotano un chiaro retaggio infimo e meschino dai quali appare evidente l’impossibilità di liberarsi e di comprendere ciò che questo strumento ha creato, operato in solo un anno di attività. Il blog, senza pretesa alcuna, credo abbia messo a confronto il  pensiero di ognuno e sia servito a mettere in discussione chi, con coscienza, maturità e intelligenza ha voluto autonomamente riflettere rivedendo  atteggiamenti e pensieri, modificando modi di pensare e di agire. E’ chiaro che non ha captato le simpatie generali; a qualcuno è piaciuto, ad altri meno. Però, alla fine è stato motivo di confronto con se stessi.

Ho sempre pensato  che val sempre la pena mettere in atto l’altruismo. Impegnarsi per il paese, la famiglia, gli amici, anche i conoscenti. Spinti dal rammarico per fatti comuni che turbano, si è propensi ad adoperarsi per far sì che nulla precipiti in situazioni ancor più incresciose, ma possa risolversi in fatti positivi sintomo di inequivocabile rinascita. Un risveglio di una coscienza che ispiri mentalità nuove adattabili ad azioni di vero, produttivo, disinteressato e sincero rinnovamento. E così mi sono ritrovato, a volte – dire spesso potrebbe sembrare presuntuoso – a colloquiare, consigliare, “ammonire”, pienamente coinvolto nei problemi altrui. All’inizio ho avuto la sensazione che l’interlocutore capisse, preoccupato si compenetrasse in quelli che potessero essere i risvolti futuri, facesse ammenda e mostrasse sintomi di ravvedimento .

Questo è stato il momento in cui il mio io ne ha tratto  maggiore soddisfazione; recuperare situazioni, far comprendere a qualcuno  errori commessi, mentalità sorpassate, atteggiamenti inopportuni, esagerati, mi ha ripagato da ogni fatica o tempo impiegato. Poi, mi sono accorto che il lavoro a monte, fatto di tante discussioni, opposizioni, punti di vista opposti, tentativi di convergenze e quanto altro, a volte si è infranto miseramente in pretestuosi ragionamenti, distorte interpretazioni e, seppur ancor lontano dai vecchi modi, ha  finito per raggiungerli rapidamente. E qui, diciamolo pure, la delusione mi ha attanagliato, il personaggio mi è scaduto e il mio pensiero si è rivolto alle persone a lui vicine incolpevoli o tanto ree da non essere riuscite a dire basta e troncare sul nascere quello che prima, poteva essere vanagloria per una improbabile ambizione, ma che rischia di diventare adesso un volontario quanto incosciente tuffo nel precipizio.

Fortunatamente non è stato sempre così. Qualcosa è cambiato, tanti gli atteggiamenti modificati, adattati a una civile quanto fattiva convivenza e convergenza di un unico intento: la rinascita di Racalmuto. Ne è valsa la pena.

Racalmutese Fiero
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domenica 3 marzo 2013

LE RICETTE DI RURU’ – LA TORTA DI MELE


Una piccola porzione della classica torta di mele è perfetta sia a colazione con un bicchiere di latte o uno yogurt, sia a scuola o per merenda al pomeriggio.

 Quantità per: 4 porzioni

INGREDIENTI

1 kg. di mele
250 gr. di farina 00
200 gr. di zucchero
1 limone
2 uova
1 bustina di lievito in polvere
1 dl. di latte
Sale
Burro e farina per lo stampo

PREPARAZIONE

Sbucciate le mele e, dopo averle tagliate a spicchi, mettetele in una terrina cosparse di succo di limone affinché non anneriscano. Sbattete i tuorli con 150 gr. di zucchero e aggiungete la farina setacciata con il lievito, il latte e un pizzico di sale. Lavorate il composto fino ad amalgamare e quindi incorporate le mele ben sgocciolate. Trasferite il preparato in una teglia imburrata e infarinata. Cospargete con lo zucchero rimasto e infornate per un’ora a 180°.


E…BUON APPETITO DA RURU’


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venerdì 1 marzo 2013

MOLTI PENSAVANO CHE…


Molti pensavano che la commissione prefettizia amministrasse senza alcun coinvolgimento emotivo, freddamente spinta dalla necessità di pareggiare esclusivamente il bilancio prima di lasciare il paese nella facoltà e nel diritto di scegliere democraticamente i propri amministratori. In corso d’opera, possiamo dire, i tre commissari hanno corretto le loro posizioni e si sono avvicinati sempre di più alla cittadinanza, esortando questa ad avere maggiore fiducia nelle istituzioni.

Si pensava che il loro compito dovesse rivolgersi solamente all’aspetto amministrativo/burocratico, senza assunzione di alcuna iniziativa o soluzione tecnica e pratica. Adesso, in pochi giorni, dopo la dimostrazione di una maggiore disponibilità verso le problematiche collettive, abbiamo assistito con piacere ad alcune azioni che smentiscono quanti pensavano che la commissione non fosse intenzionata a prendere decisioni in merito al futuro e al buon funzionamento del paese.

La maggior parte delle buche nelle vie principali del paese sono state rattoppate. Una lettera circa il futuro dei lavoratori a contratto è stata spedita alla Regione Siciliana, con l’esortazione al Presidente Crocetta di dichiarare, in tempi brevi, la volontà circa i finanziamenti concessi dall’assemblea regionale per i lavoratori precari. Ma l’azione più rilevante è stata l’approvazione del PRG, che dopo le opportune eccezioni e verifiche, verrà varato con la speranza che porti sollievo all’economia del paese.

Ci auguriamo che questo sia solo l’inizio di tante azioni volte a salvaguardare l’economia , la vivibilità e la tranquillità di Racalmuto e di tutti i racalmutesi. Chissà che anche questi commissari, venuti da altre province, abbiano a cuore questo straordinario paese?

Angelo Marchese
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