venerdì 30 novembre 2012

TUTTO PER BENE


Leonardo Sciascia ha definito il nostro paese veramente straordinario. Anche io sono convinto che Racalmuto sia davvero un paese straordinario e la lontananza di tanti anni  mi porta ad amarlo ancora di più.

Questo è il paese dove affondano le mie radici, dove ho vissuto con i miei familiari, dove ho conosciuto molti dei miei amici più cari; i miei ricordi più belli dimorano in questo paese che amo e che sento mi appartiene.

Questo è anche il paese che “odio”, perché vorrei vederlo diverso, un paese che sappia dare ai suoi figli, almeno, un valido motivo per restare.

Purtroppo come tutti sanno Racalmuto è stato commissariato e cosa più grave è preda di una crisi finanziaria terribile. I commissari prefettizi mirano al pareggio di bilancio e faranno di tutto per riuscire ad ottenerlo.

E’ di questi giorni la notizia che, a causa dei pochi fondi a disposizione, anche gli addobbi natalizi saranno sacrificati; forse i commissari pensano che sono misure di questo tipo ad evitare il dissesto paventato che allarma tutti quanti!

Un paese senza luci e addobbi natalizi? - si sono detti alcuni - ma vogliamo scherzare? Il giornale locale, i blog, la Chiesa, hanno organizzato immediatamente una colletta allo scopo di raccogliere fondi per far sì che anche per questo Santo Natale Racalmuto brilli di mille luci, e sembri un paese normale di cui tutti possano essere orgogliosi.

Sembrare... Questo è lo scopo della lodevole iniziativa o il problema, secondo il mio punto di vista, l’occasione per qualche distratto di riflettere su cosa sia successo. Mai nessuno a cui venga in mente di organizzare qualcosa per cercare di capire come il nostro paese si trovi in questa situazione, se ci sono dei responsabili, come e perché sia potuto succedere, in modo da evitare che possa ripetersi in futuro.

Il signor Giuseppe scrive su facebook e parla del silenzio assordante di tutti i partiti, a cominciare dal suo, su quanto è capitato al nostro paese e come cercare di porvi rimedio. Certo è già qualcosa, ma limitarsi alle semplici invettive serve a poco, è come dare i propri pesci al vicino per evitare che muoia di fame, mentre la cosa più intelligente, seria e giusta da fare volendolo aiutare, sarebbe quella di insegnargli a pescare.

Credo, signor Giuseppe, che alle parole dovrebbero seguire i fatti, specialmente da parte di chi intende proporsi per governare Racalmuto nei prossimi anni, tutti quelli come Lei che vivono in paese e hanno conoscenza dei fatti politici accaduti, sarebbe bene che li raccontassero pubblicamente, non crede?

Desidero comunque ricordare che nelle pagine di questo Blog più volte sono stati affrontati argomenti inerenti i gravi silenzi e i problemi che affliggono Racalmuto, e per averlo fatto il Blog e noi che ne facciamo parte, siamo stati attaccati e criticati, poiché alcuni credono che basti non parlarne perché i problemi scompaiano, salvo poi contraddirsi, “cliccando”  “mi piace” , su quanto denuncia il signor Giuseppe.

Come ho già detto non sono residente in paese, ma questo non mi impedisce di capire quanto basta per poter dire che, purtroppo, non sarà questa generazione a risolvere i problemi di Racalmuto. Per il momento, come qualcuno propone, pensiamo ad infiocchettare il paese per il Santo Natale. Tutto per bene, come in una famosa commedia del grande Luigi Pirandello.

                                                                                                              Roberto Salvo
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giovedì 29 novembre 2012

L’ INTERPRETAZIONE DEI FATTI


Che la tassa sui rifiuti solidi urbani a Racalmuto sia la più alta d’Italia, non ci sono dubbi. Che il Comune versa in situazioni economiche disastrose, è un dato assodato. Che le tasse, anche se  ingiuste, non si paghino, è chiaro che non  si rende un buon servizio all’economia del paese.

Detto ciò, bisognerebbe prendere finalmente coscienza di come stanno le cose a Racalmuto. C’è un Comune che, per colpa di precedenti amministrazioni e sicuramente non dei cittadini, è in disavanzo. Da qualche parte, per risanare il deficit e per evitare ulteriori danni, questi soldi andavano recuperati. Vogliamo anche sottolineare che è stata applicata la legge, anche se nell’espressione  massima e drastica e nessun abuso è stato fatto.

E non si pensi, in maniera facilona, che perseguire i responsabili di tale disastro servirebbe a risanare il debito.  Non dimentichiamo che il dissesto, per quanto scongiurato quest’anno, rappresenta sempre una spada di Damocle che incombe sull’amministrazione comunale .

Mi rendo conto che tanti sono i sacrifici di tutti quei racalmutesi – e non solo di quelli - che, con coscienza, pagano le tasse. E’ sotto gli occhi di tutti che la crisi attanaglia tutti i settori, che ci sono famiglie con serie difficoltà economiche.  E mi rendo pure conto che, pagare meno tributi, corrisponderebbe ad una qualità di vita migliore.

Se il Comune non riuscirà a “fare cassa” nel prossimo futuro, probabilmente si arriverà ad adottare conseguenze drastiche con tutto quello che ciò comporterebbe: aumento non solo della TARSU, ma di tutte le tasse e conseguente riduzione della forza lavorativa. Capisco quanto sia difficile accettare di pagare per le colpe di altri, ma Racalmuto ha bisogno di uscire al più presto, con l’intelligenza e l’impegno di tutti, da una situazione negativa, per evitare che altro danno si aggiunga al danno già fatto.

Racalmutese Fiero
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martedì 27 novembre 2012

NULLA DA DIMOSTRARE, SOLO PER ORGOGLIO


Oggi la Commissione prefettizia ha varato il bilancio, preannunciando misure restrittive per “far tornare i conti”. Sarebbe stato forse molto più semplice dichiarare il dissesto – finanziario o controllato – ma si è voluto evitare di mettere sul lastrico numerose famiglie.Tante le cose ancora da fare, tanta la disponibilità ancora da mostrare. Segno di fiducia e di consapevolezza che molto è da ricostruire insieme, per tutti.

Adesso, apprendiamo da www.malgradotuttoweb.it che l’orientamento della Commissione è quello di una politica al risparmio, a cominciare dagli addobbi natalizi. Castrum Racalmuto Domani si rende disponibile a collaborare con chiunque volesse farlo: lo stesso Malgrado Tutto, il blog  Regalpetra Libera, la ProLoco, Castello Chiaramontano, le rappresentanze ecclesiastiche, le formazioni politiche, le istituzioni e tutte le associazioni culturali e non,  per trovare soluzioni – anche semplici collette tra i cittadini – per dare al paese, nel periodo natalizio, un aspetto meno triste.

Mi piace ricordare qui che non si corre nessuna corsa, nessuna gara. Nessuno deve arrivare primo stracciando l’ipotetico avversario,  tentando di oscurarne i mezzi ma tutti dovremmo concorrere per un unico fine. Questa proposta, senza pretesa che possa essere l’unica o la più valida – siamo disposti a portare avanti qualunque iniziativa da chiunque arrivi che serva a risolvere il problema - vuole rappresentare un impegno, una speranza che un  cambiamento è possibile  e si possa intraprendere la strada giusta della collaborazione fattiva. 

Racalmutese Fiero
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IL VECCHIO NON VERRA’ ROTTAMATO ?


Meno del 9% di voti hanno separato Bersani da Renzi. Una differenza che non è bastata però a far sì che il candidato ad aver ricevuto più preferenze, vincesse. Si va al ballottaggio. 

Occorrerà un’altra settimana  nella quale il segretario del partito e il sindaco di Firenze, dovranno giocarsi il tutto per tutto per primeggiare nei confronti dell’avversario. Tutto sommato, il concetto di rottamazione non è bastato  a far prevalere Renzi su Bersani .

Non del tutto convinta la dichiarata voglia di cambiamento degli elettori. Unica novità: i dati forniti ufficialmente non convincono  Renzi che chiede vengano messi in rete i risultati di ogni singola sezione. Possiamo dire che allo scontro sono due generazioni. Ma il dato più sorprendente è che le nuove leve, i giovani, quelli che vorrebbero un cambiamento radicale, non siano stati in grado di esprimersi in maniera compatta e dimostrare, con il voto, quanto più volte sentito, specialmente negli ultimi tempi, in ogni slogan scandito nelle piazze.

Staremo a vedere, inoltre, a chi dei due contendenti andranno i voti dei tre esclusi, soprattutto Vendola, che ha raccolto quasi il 16% delle preferenze. Racalmuto non si discosta più di tanto dal risultato nazionale. Quei giovani che rappresentano le nuove espressioni, con volontà di cambiamento in un paese che, come sappiamo, attraversa un periodo particolare, non sono riusciti a soppiantare una rappresentanza politica  che è riuscita, fino ad ora, a rimanere sulla cresta dell’onda. Tutto è rimandato a domenica prossima.

Racalmutese Fiero
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lunedì 26 novembre 2012

SAREBBE BASTATO UN MICROSCOPIO


Una sera di qualche anno fa ero a cena dal mio amico Gaetano, tra gli ospiti c’era un collega della moglie, Giovanni, un simpatico medico. Durante la cena Giovanni mi chiese quale fosse  il mio paese d’origine, gli risposi che ero di Racalmuto , lui mi disse che conosceva Racalmuto per via del grande Marcantonio Alaimo.


Rimasi sbalordito, di solito il paese viene associato a Sciascia.  Marcantonio Alaimo mi richiamava solo la stradina dissestata che percorrevo per andare a casa dell’amico Carmelo Mulè, nient’altro.  Giovanni invece,  nato e cresciuto a Bollate vicino Milano, sapeva bene chi era, ne parlava con grande riverenza, diceva che era stato un grandissimo scienziato, che si era laureato in medicina a vent’anni, che aveva avuto grandi riconoscimenti nel campo della medicina ed era stato anche docente universitario.

Giovanni raccontava che il Vicerè gli diede l’incarico di occuparsi del flagello della peste,  Marcantonio per primo capì che le uniche armi a disposizione dei medici, per contrastare la malattia erano l’igiene e il fuoco. Ma la cosa più sbalorditiva, aggiunse il mio amico, fu  la geniale intuizione in merito alla segala cornuta. 

Mi sentivo come anestetizzato, come era possibile che fossi totalmente e vergognosamente ignorante su un personaggio così importante del mio paese?  Marcantonio Alaimo, continuò  a raccontare Giovanni, registrò che nella sua Racalmuto vi erano moltissimi casi di pazzia e, che quasi tutti i casi interessavano la popolazione meno abbiente. I dati statistici erano chiari , a Racalmuto c’erano molti più casi che nelle zone limitrofe, quindi pensò che il problema dovesse essere di natura locale. 

Indirizzò i suoi studi verso le abitudini alimentari e,  poiché quella dei poveri era costituita prevalentemente da farinacei,  indirizzò  la sua ricerca verso la coltivazione del grano.  I risultati delle sue ricerche evidenziarono la presenza di molta segala spontanea nei campi coltivati a grano e che questa veniva attaccata da un fungo parassita , dalle protuberanze di colore nero che sembravano delle corna, sospettò si trattasse di un fungo tossico che con la macina finiva nella farina usata per la panificazione e quindi se ingerita causava effetti devastanti al sistema nervoso.

Oggi sappiamo che questo fungo contiene alcaloidi derivati dall’acido lisergico, in parole povere una droga identica alla LSD.  Marcantonio Alaimo non aveva a disposizione laboratori con la tecnologia necessaria per dimostrarlo, come invece ha potuto fare, nel 1993 il prof. Albert Hofman.

Chiedo a tutti gli amici lettori del blog di fare qualcosa perché i nostri ragazzi sappiano di questo illustre loro compaesano.  Sarebbe utile fare una petizione, per esempio, chiedere di intitolare una piazza di Racalmuto a  MARCANTONIO ALAIMO (Medico e scienziato Racalmutese).

                                                                                                       Roberto Salvo
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domenica 25 novembre 2012

PER TUTTI I GIORNI


Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne. A pensarci bene, se esiste una tale ricorrenza  vuol dire che l’uomo non ha ancora imparato a comportarsi da uomo. Ma soprattutto, e questa è la constatazione più grave, significa che la celebrazione della giornata serve a tacitare le coscienze, per poi dimenticare il tutto per un altro anno intero. Come accade con le giornale in memoria di altre vittime: si ricordano in una celebrazione e poi nulla più, passata la ricorrenza, i discorsi, ci si è puliti la coscienza e si è convinti di aver fatto abbastanza.

La disparità tra i sessi inizia proprio da queste giornate. Per l’uomo in generale, per le istituzioni che latitano in campagne di sensibilizzazione , per i mariti maneschi. Non  esiste una festa “dell’uomo” ma quella della donna sì, non esiste una giornata per gli “uomini uccisi”, per le donne sì.

Forse sarebbe più utile cancellare la giornata contro la violenza sulle donne e impegnarsi sul campo e fare una cultura della convivenza e della non violenza, iniziando dall’educazione a tali principi fin dalle scuole, fin da quando si è bambini, proprio come si fa per le vittime di mafia e del terrorismo: insegniamo ai nostri figli ad essere nel futuro dei bravi mariti. Perché capiscano che un uomo che picchia o uccide un donna è un vigliacco. E non lo è un giorno all’anno ma per sempre. E, soprattutto, lo Stato non  deve ricordarsene solo in occasione della ricorrenza.

La violenza sulle donne è una piaga sociale grave, e che purtroppo vede un incremento nel nostro paese  di anno in anno ed è presente in ogni contesto lavorativo, istituzionale, familiare. E non va dimenticato che la violenza sulle donne e la discriminazione vengono consumate e perpetrate  in mille modi. Di seguito alcuni dati:

“Le vittime in Italia sono oltre centoquindici dall'inizio dell'anno. Ogni 60 minuti una donna viene uccisa nel mondo e l’Italia, purtroppo, non fa eccezione. Nel 2011 sono state 127 le donne uccise nel nostro paese, circa una ogni 60 ore, mentre nei primi nove mesi di quest’anno sono già più di 100, e di queste 74 sono rimaste vittima della violenza di mariti e fidanzati. In Italia infatti la prima causa di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni è la violenza domestica e, secondo le anticipazioni dei dati 2012 di Telefono Rosa, le violenze all’interno di rapporti sentimentali sono in ulteriore aumento: questo tipo di abusi ha raggiunto l’85% di tutte le violenze, il 3% in più del 2011.

Secondo l'Istat in Italia almeno il 5% delle donne è stata vittima di stupri o tentati stupri e una italiana su tre tra i 16 e i 70 anni (più di sei milioni di donne), è stata vittima nella sua vita dell'aggressività di un uomo, di molestie fisiche o sessuali. Quasi 700 mila donne inoltre, sempre dati Istat, hanno subito violenze ripetute dal partner e avevano figli al momento della violenza, e nel 62,4% dei casi i figli hanno assistito a uno o più episodi di violenza.

Dati allarmanti anche quelli relativi al fenomeno dello stalking, in costante aumento negli ultimi anni: secondo l'Osservatorio nazionale sullo stalking, il 10% circa degli omicidi avvenuti in Italia dal 2002 al 2008 ha avuto come prologo atti di stalking, l'80% delle vittime è di sesso femminile e la durata media delle molestie insistenti è di circa un anno e mezzo”.

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sabato 24 novembre 2012

ADOLESCENZA E ALCOL: EFFETTI E CATTIVE ABITUDINI


L’adolescenza è un periodo di grandi sconvolgimenti ormonali, fisici ed emotivi, di passaggio dall’essere bambini al mondo degli adulti, e proprio in questo periodo della vita per ragazzi e ragazze è fondamentale essere parte di un gruppo e dunque sposare tutte le scelte e le mode che “il gruppo” impone, anche quelle che poi così corrette o così sane non sono. E tra le mode, o meglio cattive abitudini, diffuse tra i nostri adolescenti vi è l’eccessivo consumo di alcol, il cui potenziale pericolo viene valutato solo, purtroppo con rammarico, nel corso di un evento drammatico o degli anni quando ci si rende conto dei danni che questa sostanza ha creato al proprio corpo.

L’etanolo è una sostanza che induce dipendenza e pur essendo un nutriente capace di fornire energia il suo abuso può indurre malnutrizione perché interferisce con l’assunzione e la biodisponibilità di altri nutrienti importanti. Quando assunto viene assorbito nel tratto gastroenterico e viene poi metabolizzato nel fegato in acetaldeide, sostanza molto tossica per il nostro organismo.

L’eccessivo consumo di alcol ha effetti dannosi su molti organi e tessuti, primo tra tutti lo stesso fegato, dove si manifesta in forma di “steatosi alcolica”, cioè fegato grasso causato dall’alcol; ma anche esofago e stomaco sono coinvolti, con la comparsa di esofagite e gastrite, sia acute che croniche. L’alcol determina inoltre una sensazione di calore, e di conseguenza una vasodilatazione; in ambienti freddi può perciò avvenire una perdita di calore da parte del corpo, che, non essendo avvertita, può portare ad ipotermia, cioè al raffreddamento eccessivo: questa è la ragione per cui spesso avviene che, d’inverno, degli ubriachi, resi incoscienti dall’ebbrezza alcolica, finiscano per morire di freddo per strada, poiché non avvertono la perdita di calore.

Sul sistema cardiovascolare, poi, una cronica assunzione di alcol può indurre ipertensione arteriosa e cardiomiopatia congestizia. Ancora, meno frequentemente della steatosi epatica, ma pur presente, può insorgere una pancreatite, malattia spesso mortale e comunque sempre gravissima. Tra gli effetti sul sistema nervoso centrale, oltre quelli acuti, vi sono la sindrome di Wernicke-Korsakoff, una forma di demenza, l’atrofia cerebellare, che causa instabilità e imprecisione nei movimenti, e la polineuropatia. Perfino a carico dell’osso è stata descritta una malattia da alcol, in forma di osteoporosi.
Se fino a qualche anno fa queste patologie riguardavano il povero emarginato che vive per strada o il depresso cronico, oggi esse sono presenti – al pari dell’abuso di alcol – in tutti i ceti sociali e purtroppo iniziano a vedersi anche tra quei piccoli uomini e donne in divenire che sono gli adolescenti, e che sono ancor più vulnerabili degli adulti agli effetti psichici ed organici dell’alcol.

Una indagine del 2011 dell’ISTAT ha verificato che è cresciuto fortemente il consumo di alcolici fuori pasto da parte dei giovani, passando da un 15,5% nel 2001 al 18,8% nel 2011 nella fascia d’età compresa tra 14 e 17 anni, il che tradotto in numeri significa che circa 14 milioni di individui di 11 anni e più consumano giornalmente bevande alcoliche.

Non bastasse questo, ormai non solo più all’estero ma anche in Italia si è andata diffondendo l’abitudine – “moda” la chiamano spesso i giornali, ma è mortale! – tra i giovani e giovanissimi di bere per sballarsi o ubriacarsi. Quest’abitudine, presente sia tra i ragazzi che tra le ragazze, si associa spesso al binge drinking (analogo al Disturbo di condotta alimentare noto come binge eating, o alimentazione compulsiva), cioè il bere compulsivamente dai sei o più bicchieri di alcolici e/o superalcolici in meno di due ore, spesso senza mangiare nulla.

Questa disturbo è stato sicuramente favorito dalla moda dilagante dell’happy hour, un’ora intera, o a volte più tempo, durante la quale i giovani si incontrano e possono bere alcolici spesso ad un prezzo scontato.

Occorre ricordare che, benché in alcune regioni sia la famiglia stessa ad abituare precocemente al consumo di alcol, l’alcol non è un nutriente essenziale e l’OMS raccomanda l’astensione totale da esso fino a 15 anni.

Sicuramente in questi comportamenti di gruppo l’emulazione gioca un ruolo fondamentale, come ha dimostrato una ricerca che ha valutato la maggior assunzione di alcolici tra gli abituali fruitori di film nei quali nelle più svariate occasioni di vita gli attori consumavano bevande alcoliche o come la già citata ricerca ISTAT che dimostra una maggiore diffusione del binge drinking tra gli assidui frequentatori delle discoteche.

Si può pensare che il fenomeno interessi soprattutto i ragazzi, ma anche una buona percentuale di ragazze ha iniziato a bere in compagnia, spesso aumentandosi l’età, e la cui motivazione è la ricerca di un rapporto migliore con gli altri, rapporto che a quanto pare senza l’annullamento dei freni inibitori dato dall’alcol non riescono ad avere, sia per insicurezza che per incapacità di mostrarsi simpatici e “all’altezza”, ma che iniziano a bere anche per essere più disinibite (ma lo stesso vale per i maschi) nell’approccio con un eventuale partner, approccio che evidentemente attrae e terrorizza allo stesso tempo.

È dunque indispensabile scoraggiare lo”sballo” dei nostri ragazzi, e questo va fatto anche spiegando loro a quali conseguenze a breve e a lungo termine vanno incontro, ma è altrettanto indispensabile cercare di prevenirlo: in tal senso occorre evitare sia l’incoraggiamento ai bambini da parte di genitori, nonni ecc. ad assumere bevande alcoliche se non a partire da una certa età, in quantità minima ed esclusivamente in occasione di eventi di particolare importanza, che un atteggiamento troppo rigido da parte dei genitori nei confronti dell’alcol in genere, atteggiamento che può diventare per l’adolescente un invito al consumo per quella ribellione e voglia di sovvertire le regole propria dell’età.

Dott.ssa Assunta Martina Caiazzo
Medico Specialista in Scienza dell’Alimentazione


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venerdì 23 novembre 2012

L’ INFANZIA NEGATA


Le immagini di quei piccoli corpi straziati da violente esplosioni vengono rapidamente diffuse sui social network, meno sulle televisioni. Un uomo porta in braccio una bimba esanime. Il suo viso è color cenere, bruciato e sfigurato dalla violenza delle armi. Una seconda immagine mostra altri quattro bambini all'obitorio. Gli occhi sono leggermente socchiusi, ma è un'illusione.

Chi è nato a Gaza nel 2000 ed ora ne conta dodici ha subito i durissimi giorni dell'Intifada al-Aqsa, è scampato ai missili e ai proiettili di Piombo Fuso.

Oggi a Gaza non ci sono più bambini, ma sopravvissuti. Sopravvissuti che hanno nomi e storie, così come nomi e storie hanno tutti i loro coetanei che sono morti fino ad oggi. Una realtà dei fatti che stride pesantemente con le recenti dichiarazioni del portavoce del primo ministro israeliano, Alex Selsky, secondo:“There are no children hurt by the IDF” (“Non ci sono bambini feriti dall’esercito israeliano”).

Save The Children ha provato in questi giorni a lanciare l'allarme in merito ai danni psicologici che i bambini possono aver subito nel corso degli attacchi. Quello dell'organizzazione internazionale è però solo l'ultimo appello teso a sottolineare le drammatiche condizioni in cui si trovano a vivere i bambini di Gaza, quelli che non muoiono durante i conflitti a fuoco, quelli che scampano alle bombe e che schivano i proiettili.

Il 2 giugno, Amnesty International rilasciava un comunicato dall'eloquente titolo "Gaza’s lost children" (“I bambini perduti di Gaza”). Secondo il dottore Fadil Abu Hayan, circa il 50% dei bambini di Gaza soffre di insonnia a causa dei traumi subiti. Moltissimi hanno paura del buio, così come hanno attacchi di panico e vivono con un continuo senso di paura che non li abbandona mai. Sono tempi difficilissimi persino per chi deve ancora nascere. Nel 2016, afferma l'Onu, l'acqua di Gaza non sarà più potabile. Del resto già oggi il 90% dell'oro blu che scorre nei rubinetti delle case dei palestinesi della Striscia non rispetta gli standard della World Health Organisation (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Chi vede la luce quest'anno si ritroverà nel 2025 a vivere insieme ad altre 2 milioni e 700 mila persone che affolleranno i 365 chilometri quadrati di terra che compongono l'enclave palestinese. In un rapporto sempre di quest'estate, Save The Children analizzava anche l'impatto dell'embargo imposto da Israele sulla salute dei bambini. L'assenza di cibo fresco e la scarsa qualità (nonché in molti casi quantità) degli alimenti ha reso malnutrito il 10% dei bambini sotto i cinque anni. Il 58,6% dei bambini in età scolastica soffre di anemia per mancanza di ferro ed addirittura la medesima problematica riguarda il 68% dei minori di età compresa fra i nove ed i dodici mesi.

Il rapporto osservava infine quanto i risultati dell'operazione Cast Lead (Piombo Fuso) avessero influito sulla salute mentale dei più piccoli. Ci sembra interessante riportare alcuni dati in merito, perché se i metodi del Pillar of Defense (Pilastro della Difesa) sono gli stessi del Cast Lead, lo saranno probabilmente anche le sue conseguenze sui bambini di Gaza. Circa la metà delle 3.017 famiglie intervistate ha riferito che almeno un membro della famiglia ha mostrato segni di irritabilità, attacchi di pianto, incubi, insonnia e paura del buio. Oltre un terzo ha riferito di aver sperimentato con sempre maggiore frequenza ripetuti pensieri di morte.

I bambini di Gaza sono in gran parte malnutriti, spaventati e psicologicamente instabili. Hanno visto la morte di parenti, genitori, fratelli o sorelle. Hanno paura del buio, perché ricordano il frastuono delle esplosioni, e poi le grida e il sangue. Secondo Aida Kassab, del Gaza Community Mental Health Program, moltissimi bambini soffrono del post traumatic stress disorder (disturbo post-traumatico da stress), esattamente lo stesso disturbo di cui soffrono i militari americani tornati dall'Iraq o dall'Afghanistan. Se un bambino soffre delle medesime problematiche di un soldato addestrato e pronto per la guerra, si può facilmente immaginare quali saranno le ripercussioni sulla sua vita futura.

Questo è un altro dato che non si può ignorare. Questi bambini, maltrattati, violentati nella loro infanzia, prigionieri di un vortice di violenze inspiegabile ai loro occhi, rappresentano il futuro della Palestina.

                                                                                                        Marco Di Donato
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giovedì 22 novembre 2012

STANNO TUTTI BENE


Ricordate il film di Tornatore, con Marcello Mastroianni, “Stanno tutti bene”  Un padre che decide di andare a trovare i figli, sparsi per l’Italia, che sa ricchi e felici; questa è la realtà propinata da loro al vecchio padre, che si accorge, purtroppo, di persona, quanto sia lontana la verità da  quello che i figli hanno voluto fargli credere. Sì,  stanno tutti bene…

E’ un  meccanismo di protezione  che può a volte funzionare  per singoli individui, ma di sicuro è dannoso per la società  nel suo complesso, in quanto imprigiona  energie potenziali di benefico rinnovamento. Convincersi di qualcosa, chiudere gli occhi per non vedere, rappresenta una  forma di cecità mentale, come accade per altre forme di pregiudizio. Se scrivo questo è perché,  in verità,   temo che tale meccanismo  rischia, a volte, di contagiare  anche  me, limitando l’esternazione del mio reale pensiero,  ed è difficile comprendere  su  quali mie idee opera.

A volte, cercando di mettere in guardia chi  legge,  si rischia di non essere capaci  di  mettere in guardia  se stessi; la speranza è che si possa essere così bravi da  sgomberare la  mente dalle falsificazioni  non  ancora riconosciute.  Quando si leggono notizie, stati d’animo, opinioni ripetutamente divulgate, bisognerebbe pensare che quello che serve  è solo un gruppo di persone capaci di pensare, programmare e agire, incurante di tutto ciò  e proiettato esclusivamente  verso  un dovere sociale, espresso nella capacità di azione e di servizio.

Il discorso in realtà è molto più ampio e generico e certe distorsioni trovano la loro base in una caratteristica tipica dell'essere umano, ossia quella di considerare vere le proprie intuizioni e le proprie idee prima ancora di sottoporle ad un'analisi razionale. Un simile egocentrismo è alla base delle assurdità e delle storture di gran parte della storia di una comunità:  per prima cosa si assume per vera la propria intuizione, la propria visione generalizzata  e  le proprie affermazioni, dopo si cerca di utilizzare qualsiasi sorta di giustificazione   fino ai  ragionamenti poggiati su basi inconsistenti,  travisandola dai ragionamenti  se non dalle  dimostrazioni. Un  ragionamento logico, in sostanza, che parte da una visione propria, giusta o sbagliata che sia, per arrivare  alla fine solamente a delle ipotesi.  E’ purtroppo tipico del nostro modo di essere e del  nostro modo di pensare.

D'altronde un simile modo di procedere a volte porta persino a dei risultati positivi per se stessi, in quanto alcuni atteggiamenti prevenuti, alcuni preconcetti, ci portano ad avere delle intuizioni che a volte risultano  vantaggiose . Peccato che  spesso  tali intuizioni si rivelino semplicemente  errate, fuorvianti, peccato che non tutti abbiamo la pazienza e l'onestà di passare le nostre  intuizioni, le nostre azioni  al vaglio della ragione.

Racalmutese Fiero
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mercoledì 21 novembre 2012

LO ZIO PIPPO


Quando con l’ipad, - così almeno ci si può vedere - chiamo  casa della signora Anna, per chiacchierare con i suoi figli, spero sempre che ci sia anche lo zio Pippo. Una figura d’uomo che sembra uscita da un film.

L’aria è vispa, scaltra, intelligente. La sua voce, così squillante e dai toni alti, riempie tutto il volume esistente per sopraggiungere,  più che chiara e forte,  ai timpani. Ride di cuore, lo zio Pippo. Conosce i detti antichi e tanti personaggi della Racalmuto di una volta e ne descrive vizi e virtù. 

Non si ha la sensazione di parlare con una persona già avanti negli anni e che dovrebbe , secondo canoni comuni, possedere mentalità antiquata, tanto da far propendere l’ascoltatore verso l’acquiescenza . Sicuramente le sue origini, la sua sana e mai banale curiosità, il suo interesse verso la lettura, ne hanno fatto un uomo intraprendente e aperto. Conosce la vita, disincantato dalle malie, molto critico verso  gli aspetti superflui, parla chiaro, dice pane al pane e vino al vino. Ecco anche perché parlo volentieri con lo zio Pippo.

Dalla battuta pronta, fonte di tanti aneddoti, l’altra sera raccontava la preparazione del pane da parte di un familiare. La descrizione che ne faceva era esilarante:“ messo lì, in cucina a caddiari l’impasto, con la farina ca va di cca e di dda, mischinu tuttu sudatu, con tanta buona volontà prepara stu pani. Ecco perché nun po ngrassari mai! Quando lo mangiamo, gli dico sempre: è venuto buono ma è una schifezza .”

Lo zio Pippo regala vino e aceto, descrivendo minuziosamente la preparazione di quest’ultimo con la “madre”. Per alcuni vini, dice ironicamente, non occorre la madre, sono già aceto subito dopo  la pigiatura dell’uva. A volte, se contrariato, si fa serio e sbotta mostrando tutto il suo carattere sanguigno. Ha mille interessi, scrive libri, spesso la notte, quando non riesce a dormire o è costretto a prendere appunti, che gli vengono in mente, con il timore di dimenticare la mattina dopo. Lo zio Pippo è un chiaro esempio che una mentalità aperta rende l’uomo sempre giovane e al passo con i tempi.

Racalmutese Fiero
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martedì 20 novembre 2012

IL COMUNE DI RACALMUTO E’ SALVO


I Commissari salvano il Comune di Racalmuto dal dissesto. Nessuna manovra invasiva, quindi,

NESSUN DISSESTO FINANZIARIO O CONTROLLATO.

Un comunicato da parte della commissione composta dal dottor Galeani, dottor Romano, dottor Buda  che ci conforta:

NESSUN LAVORATORE PERDERA’ IL POSTO DI LAVORO.

Questo è stato detto a chiare lettere in un incontro avuto oggi con i sindacati e con le rappresentanze dei lavoratori  Una notizia, questa, che ci rende felici.

Noi siamo  con tutti i lavoratori che hanno trepidato in questi giorni e che hanno ritrovato la serenità e la dignità nel loro ruolo e  nell’affermazione di un diritto sancito dalla costituzione: il diritto al lavoro. Siamo felici per le loro famiglie, per i loro figli e ci auguriamo che il loro futuro  possa essere sereno e lontano da nubi.

Racalmutese Fiero
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IL MIO RICORDO

Oggi ricorre l’anniversario della scomparsa di Leonardo Sciascia – 20 novembre 1989 -


La mia mano di bambino stringeva quella ruvida  di mio padre, incallita dal lavoro di ferroviere. Amava portarmi con sé, nei giorni di pausa concessi dal lavoro. Ci recavamo al dopolavoro e, con fare timido e impacciato, poco propenso al vanto di un piccolo figlio che però lo inorgogliva nel cuore, mi presentava ai suoi colleghi.

Dispensavo baci e saluti, ricevendo a volte caramelle, come se un’affettuosità non spontanea, valesse eppure un premio. Lungo la strada, prima di arrivare in quel grande palazzo dall’aspetto triste, un giorno incontrammo Leonardo Sciascia – credo che allora abitasse a Caltanissetta –

Ricordo quest’uomo serio in volto, una figura non tanto alta e di corporatura normale. Un vestito grigio, una sigaretta tra l’indice e il medio della mano destra, radi i capelli tirati all’indietro, lasciavano  intravedere una pronunciata stempiatura. Bambino non conoscevo  fisicamente chi fosse Sciascia, anche se esisteva nei discorsi dei miei genitori; di mio padre che vantava giochi di infanzia con lo scrittore, essendo suo coetaneo e di mia madre che ne attestava vicinanza in contrada Noce.

Mio padre mi strinse più volte la mano, scuotendola un po’ e chinando il capo, storcendo la bocca verso di me,  con voce bassa ma orgogliosa mi bisbigliò: ” vedi quello? È Leonardo Sciascia, lo scrittore di Racalmuto” Poi, quando gli passammo accanto, con un leggero inchino: “buongiorno, professù”.

Più avanti negli anni, ormai più che ventenne, verso la metà degli anni 80’, rivedo Sciascia sulle strade sterrate della Noce con Francesco Cossiga,  una mano reggeva un bastone e l’altra poggiava sul braccio dell’allora Presidente della Repubblica. Avevo già letto alcuni suoi libri e visto il film, tratto dal suo omonimo romanzo, “il giorno della civetta”. Passandogli accanto, con una certa emozione, mi rivolsi dicendo: “buonasera Presidente, buonasera Maestro”. La sua risposta non si fece attendere, limitandosi ad un sorriso,  espressione di un carattere schivo ma gentile.

Racalmutese Fiero

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lunedì 19 novembre 2012

IL CASO E LA NECESSITA’


Verso metà degli anni settanta ho avuto il piacere di leggere un libro che mi ha turbato e mi ha fatto riflettere sul significato dell’esistenza e su quale fosse il senso e la spiegazione più logica possibile della vita.  Il libro si intitola “Il caso e la necessità” , l’autore è Jacques  Monod , biologo francese, premio Nobel 1965 per la medicina.

Jacques Monod, riferisce la sua teoria in ambito medico, in particolare al fenomeno evolutivo. Volendo sintetizzare al massimo e con parole semplici, possiamo dire che Monod ritiene che i cambiamenti genetici negli esseri viventi non siano dovuti a fattori esterni, ma essi avvengono al loro interno e cosa fondamentale accadono casualmente e in maniera accidentale.

Possiamo affermare, quindi, che condizioni avvenute per caso, necessariamente  causano il cambiamento del miracolo evolutivo, questa è la sola teoria compatibile con quanto osserviamo e all’esperienza che abbiamo acquisito. 

Volendo banalizzare con un esempio potremmo dire che se riproduciamo un CD moltissime volte, per una qualunque causa accidentale, prima o poi accadrà che si verificheranno degli errori di copiatura.

“DIO NON GIOCA A DADI”, scrive Albert Einstein al suo amico Bohr, “soltanto dalla limitatezza del pensiero umano nasce la necessità di dare una descrizione che prevedesse il caso”.

Bohr gli rispose dicendogli: “smettila di dire a Dio cosa fare con i suoi dadi!”, e ancora, “non solo Dio gioca a dadi, ma bara pure”.
Riflettevo se sia mai possibile applicare questa teoria di Monod al di fuori del campo genetico, alla vita di tutti i giorni, per esempio, a tutto quello che ci accade attorno, persino alla vita sociale.  Dobbiamo veramente credere che siamo alla mercé del caso per sperare di avere una mutazione?, oppure oltre alla remota speranza nel caso anche la volontà degli individui può creare le condizioni che per necessità causeranno la mutazione?

Ai posteri l’ardua sentenza. Bisogna affidarsi al caso o bisognerà essere i fautori del proprio destino determinando volutamente le condizioni necessarie perché avvenga la realizzazione delle proprie speranze?

                                                                                                                Roberto Salvo
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domenica 18 novembre 2012

MAI DIRE CLANDESTINO


Domani, 19 novembre, al Castello Chiaramontano, il seminario dal titolo: “Mai dire clandestino”, organizzato da Malgrado Tutto.

Il nostro non è un Paese razzista.. Non c’è dubbio tuttavia, che vi siano state, a volte, delle intolleranze verbali verso chi, per fuggire a una guerra, alla miseria o alla oppressione, ha deciso di espatriare e fissare la dimora in questi nostri luoghi.

Del resto, tutta l’Italia non può essere definita una nazione xenofoba, anche se, schieramenti politici del nord hanno fatto della lotta contro l’immigrazione un obiettivo pretestuoso, finendo poi per privilegiare altri temi. Tuttavia c’è una  stigmatizzazione dello straniero e un disagio prodotto dal faticoso impatto tra residenti e immigrati. Qui sta il nodo cruciale dell’intero problema.

Una preoccupazione collettiva nei confronti dello straniero, tanto più in una fase di acuta crisi economica, è un sentimento, per certi versi spiegabile:  erroneamente si pensa che lo straniero tolga lavoro ai residenti in una realtà marcata profondamente dalla crisi occupazionale. In verità, gli stranieri che giungono nel nostro paese, si adattano a svolgere lavori che, noi residenti, rifiutiamo di svolgere. C’è inoltre, una questione di linguaggio che, separando due opposti fratelli, favorisce il termine  per l’identificazione di chi è in posizione, in maniera supponente, di inferiorità: clandestino. Un meccanismo, a volte istintivo che porta l’uomo al rifiuto del nuovo o del diverso. Quello che succedeva, ad esempio, negli anni sessanta con i nostri migranti , forzati a cercare lavoro al nord e mortificati nella loro dignità di uomini nel leggere i cartelli affissi negli usci dei bar: “vietato l’ingresso a meridionali e cani”.  Vengono chiamati clandestini quanti sbarcano sulle nostre coste e mostrano i loro volti alla curiosità dei residenti e di noi tutti, privi di ogni cosa e totalmente disarmati,  semi nudi, febbricitanti e comunque assolutamente inermi. Per questi esseri umani, abusiamo troppo spesso del termine clandestino. Che fa pensare, soprattutto, a una  figura  che agisce nell’ombra e, dalla quale, ci sentiamo minacciati.

Racalmutese Fiero

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venerdì 16 novembre 2012

DISSESTO CONTROLLATO – DISSESTO FINANZIARIO. CONSEGUENZE


Ho appreso da locali fonti di stampa – Malgradotuttoweb.it -  che non è esclusa per il Comune di Racalmuto la dichiarazione di dissesto.

Sembrerebbe, infatti, che sul tavolo di lavoro dei Commissari ci sia l’ipotesi del cosiddetto “dissesto controllato”.
Ipotesi che il Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali di cui al Decreto Legislativo
18.08.2000, n. 267 e s.m.i. non disciplina e che cercherò di chiarire ai cittadini di Racalmuto.
Importante definire  la differenza tra Dissesto controllato e Dissesto finanziario considerando le conseguenze negative  a carico  non solo dei dipendenti del Comune ma, anche e soprattutto, per i cittadini.  Ciò perché sarà, ancora una volta,  inevitabile, l’intervento sulle tasse ed imposte comunali.
Il Comune di Racalmuto si trova in gravi difficoltà finanziarie. La crisi economica aggrava la situazione.
E’,  pertanto, necessario, rafforzare la responsabilità delle figure interne, (i cosiddetti “responsabili di servizio”) ed innovare il sistema dei controlli con particolare riferimento alla verifica dei risultati da parte del nucleo di valutazione.

Il Dissesto controllato è una sorta di procedura di pre – dissesto per gli enti che si trovano in una situazione di squilibrio finanziario.
Per questo è necessario pensare a strumenti di risanamento per evitare la dichiarazione di dissesto che comporta per il paese servizi meno efficienti ed aumenti di tariffe.
Come dichiarato dal Ministro Cancellieri,  occorre amplificare la responsabilità in capo agli enti in fatto di trasparenza sulla gestione finanziaria e ciò soprattutto nei confronti dei cittadini affinché questi possano esercitare forme di “controllo sociale”.
Un ruolo importante in merito ai controlli è svolto da segretari comunali,  revisori contabili e  dirigenti dei settori economici finanziari.
In caso di problemi finanziari gravissimi solo oggi la normativa offre alle amministrazioni comunali lo strumento del cosiddetto “dissesto controllato” a cura  della Corte dei Conti la quale, quando incontra falle irreparabili nei conti, può spingersi fino a condurre  l’ente verso il default.
Questa procedura che ha già interessato alcuni comuni Foggia, Napoli, Reggio Calabria - pur garantendo un controllo più stringente sui casi di disordine contabile, presenta il difetto di tempi lunghi.

E’ opportuno evidenziare che si ha stato di dissesto finanziario nei casi in cui l’ente non è in grado  di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ossia di quei servizi che rappresentano le condizioni minime di organizzazione di servizi pubblici locali. Servizi dei quali non si può assolutamente fare a meno.

In caso di dissesto i Commissari sono tenuti a deliberare imposte e tasse locali, ad eccezione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, aliquote e tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per cinque anni.
Diversamente avviene per  la TARSU in relazione alla quale gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio.

E’ opportuno riepilogare  le pesantissime conseguenze del dissesto:

·        Aumento di imposte, tasse e tariffe con gravame sui cittadini e sugli utenti;

·        Divieto di indebitamento

·   Rideterminazione della dotazione organica e dichiarazione di eccedenza del personale in soprannumero

·        Congelamento dei crediti vantati dai fornitori. 

Considerando improrogabile un’azione correttiva, auspico che i Commissari adempiano ai compiti assegnati dalla legge affinché vengano adottate tutte le iniziative finalizzate al recupero degli squilibri finanziari per evitare il  dissesto. Ciò sicuramente con una politica finanziaria di riduzione delle spese correnti che,  inevitabilmente, porrà rimedio ad alcune situazioni create negli anni passati.

                                                                                                              Giuseppe Cardillo 
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giovedì 15 novembre 2012

IL FRINIRE DEL GRILLO


Che fatto strano, ancora a pensarci non so se sia stato qualcosa di veramente accaduto o semplicemente un sogno. Ma tanto vale raccontarlo. Il 27 del mese scorso, ottobre, mi trovavo la sera tardi a Racalmuto, a passeggiare da solo in piazza. Ero assorto nei miei pensieri e mi godevo la vista del paese deserto. Avevo appena superato l’imbocco della via Matrona  e mi apprestavo a percorrere il tratto davanti la Matrice e girare a destra sfociando in quel pezzo di corso che viene chiamato la “chiazza”.

I lampioni gialli accesi davano una luce incerta per definire i dettagli. Tanto che quella figura, addossata alla statua di Leonardo Sciascia mi sembrò più un’ombra che una persona in carne e ossa. Ne percepivo, con gli occhi, i contorni e i piccoli movimenti, ma non distinguevo chi fosse. Affrettai il passo per raggiungerla e, giunto a pochi metri, spontanea dalla bocca partì un’esclamazione: Beppe Grillo! Non mi sembrava possibile, se non fossi stato certo della buona salute del comico, adesso politico, che pochi giorni prima aveva attraversato lo stretto di Messina a nuoto, vista l’ora tarda, le 23,50 circa, avrei potuto pensare si trattasse di un fantasma. Invece era proprio lui, in carne e ossa.

Mi fermai davanti e lo salutai, chiamandolo per nome. Gentilmente mi rispose, rimanendo accanto alla statua di bronzo del nostro amato Sciascia. Il suo braccio sinistro stava sulla spalla dello scrittore e come due vecchi amici, che sembrano comprendersi anche senza parlare, stavano così, come a condividere pensieri e scambiarsi opinioni magari su un paese che, per certi versi, avrebbe potuto pure accomunarli. Si staccò per venirmi incontro e assieme ci spostammo verso quelle due sedie che, forse non a caso, Tommy aveva dimenticato fuori prima di chiudere il suo bar. Non mi sembrava vero stare accanto a Grillo e  poter chiedere tutto ciò che avrei voluto sapere.

Le mie domande si rivolsero verso i problemi sociali, gli ideali e i programmi di un movimento nato da poco e che in così poco tempo aveva attecchito. Ovvio chiedere il motivo di tutto ciò. Beppe con aria sorniona, calma, mi disse che la gente era stanca di tutto quello che non andava da tanto, troppo tempo: corruzione, arrivismo, sete di potere, egoismo, menzogna e che lui, insieme ai suoi sostenitori rappresentava il nuovo alternativo, così si espresse. Io non volli contraddirlo ma tra me e me pensai che tanta esperienza andava ancora fatta e che un conto era la teoria e un altro la pratica che spesso si scontra con la realtà, ma non glielo dissi.

Volli fare un accenno a Racalmuto, tralasciando i problemi reali del paese, che Beppe ben conosceva e concentrandomi su quello che nell’immediato lui pensava si potesse fare. Non fece alcuna diagnosi, non prescrisse nessuna cura, si limitò solamente a dire che bisognava puntare sui giovani, vera risorsa e ricchezza di ogni paese e che spettava però a loro impegnarsi e dimostrare di poter rappresentare una significativa alternativa, una forza del nuovo. Concetti semplici, ovvi. Ma detti da Beppe Grillo apparivano come la giusta cura per tutti i mali.

L’aria si era fatta piuttosto frizzante, si decise di salutarci e avviarci ognuno verso direzioni diverse; io verso la Matrice, Beppe Grillo verso la piazzetta. Incamminandomi, dopo un po’ mi voltai per un ultimo cenno di saluto. La strada era deserta…

Racalmutese Fiero
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mercoledì 14 novembre 2012

NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE


Sono sempre di più quelli che vorrebbero che sui frontalini dei televisori ci fosse scritto:

NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE – TENERE LONTANO DAI BAMBINI.

L’avvertenza naturalmente non si riferisce al mezzo, ma a ciò che attraverso esso arriva direttamente alle menti di chi la guarda.

La televisione indubbiamente è stata uno strumento educativo formidabile, stando comodamente seduti in salotto ci permette di apprendere, ci informa in tempo reale di fatti e notizie a livello globale. Ritengo anche che ci abbia uniti come identità nazionale, divulgando la lingua e i costumi del nostro paese. Anche la parte che riguarda l’intrattenimento è importante, ha permesso a tantissimi di conoscere e apprezzare il mondo della cultura e dell’arte e ci distrae con spettacoli di ogni tipo. Ma allora dove sta il problema? Gli esperti ci dicono che la televisione può manipolarci, può farci perdere la facoltà di scindere la realtà dalla fantasia facendoci credere di vivere in un mondo irreale, può manipolare lentamente il nostro pensiero, farci credere di avere dei bisogni di cui in verità potremmo fare benissimo a meno. I giovani possono credere che la massima aspirazione della vita sia partecipare a certe trasmissioni e molte ragazze sognano di realizzarsi facendo le veline. Tralascio volutamente di parlare dell’uso politico terrificante di cui il mezzo è capace.

L’aspetto più pericoloso sul quale tutti gli esperti sono concordi, riguarda gli effetti sui più piccoli.  Molti psicologi sono preoccupati del fatto che la televisione provoca in loro un aumento degli istinti aggressivi, i bambini vengono desensibilizzati e le scene di violenza vengono dopo qualche tempo viste senza emozione, come normalità. I bambini tendono a parlare e a comportarsi, come se fossero adulti, di violenza, sesso, ma essi sentono e pensano ancora da bambini.

Anche la vita familiare viene influenzata; spesso durante il pranzo e la cena si guarda la televisione e questo impedisce ogni possibilità di dialogo, la sera si guardano i programmi preferiti a volte in stanze separate. I genitori in questo modo perdono il contatto con i figli, non parlando con loro li conoscono superficialmente e i ragazzi crescono da soli. E’ vero, nuoce veramente, ma se impariamo a dosarla ed assumerla con intelligenza, è un mezzo veramente stupefacente.

                                                                                                                       Roberto Salvo
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