lunedì 18 febbraio 2013

“L’ AMERICA E’ QUI! “


“Alò…”, dall’altra parte del filo mia zia dal Canada, sorella di mio padre. L’America in quegli anni vide tanti sbarcare sul suo suolo in cerca di fortuna o fatti arrivare da mariti, fratelli, cognati, padri. A Racalmuto molte famiglie vantavano almeno un parente emigrato. 

A Toronto, ad Hamilton e in altri luoghi di quella lontana terra, c’erano intere famiglie, nuclei numerosissimi che avevano costituito una comunità, un’illusione di trovarsi  sempre in Sicilia, di non essere mai partiti. Il loro mondo si svolgeva in quei quartieri di College o della 57.ma Clovelly, abitati per lo più da persone imparentate tra loro che non avevano neanche l’esigenza di uscire fuori da quei ghetti per integrarsi con la comunità locale. Sarebbero dovuti passare molti anni prima che le cose cambiassero e magari i figli dei figli si “mischiassero” a quegli americani divenendo parte integrante di un vastissimo Continente. 

All’inizio era uno scambio di lettere, cartoline illustrate, fotografie. All’interno delle buste spesso trovavi alcuni dollari di carta, significato di generosità e modo di comunicare che gli zii d’America avevano fatto fortuna, stavano bene. Ogni tanto qualche pacco con le cose più strane: oggetti di metallo finto oro, souvenir di silver, qualche indumento che non lasciava dubbio allo scarso gusto. Si ricambiava con gondole di plastica o portasigarette carillon, tanto desiderati dai parenti d’oltre oceano. 

I primi ritorni in terra natìa lasciavano gli emigrati sorpresi dal benessere conquistato dai parenti siciliani, tanto da farli esclamare: “l’America è cca!”. Si assisteva a scene strazianti di sorelle e fratelli che si abbracciavano piangendo e quasi non si riconoscevano a causa degli anni trascorsi. Tutto finiva dopo i primi giorni; si riprendevano discorsi passati: “la casa, la mamma avrebbe dovuto lasciarla a me… no a me, a te aveva dato il terreno…”. I pianti riprendevano alla partenza, abbracciati  non mancavano di ricordare, ognuno all’altro, quanto avessero ragione sulla faccenda della casa, su quel terreno. “Ormai nni vidiemmu ddassusu…”, suonava come un triste presagio. 

L’avvento del telefono nelle case dei siciliani, sintomo di benessere, migliorò le cose. I tempi cambiavano rapidamente e anche la Sicilia conquistava la sua America. Chiamare gli zii era un rito. Si calcolava l’ora giusta per non disturbare e trovare tutti a casa. Ci si riuniva attorno al telefono, tra il pollice e l’indice un biglietto con su scritto il numero, si parlava con la signorina del “170” , chiamate internazionali, che metteva l’utente in comunicazione col numero desiderato. “Alò…”, due  domande  non mancavano mai: “chi tiempu fa”… “chi ura su dduocu”…

Racalmutese Fiero 
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