lunedì 20 agosto 2012

Delitto Notarbartolo alla luce del "Il ritorno del Principe"

Secondo una versione schematica e semplicistica del processo per il delitto Notarbartolo, la Corte d’assise di Bologna giudica  colpevole il Palizzolo  con sentenza del luglio 1902, condannandolo a 30 anni di reclusione. Ma, a seguito della  pressione esercitata dal Comitato “Pro Sicilia”, la Corte di Cassazione, poco dopo, il 27 gennaio 1903, annulla la sentenza di Bologna per un “vizio di forma”, aprendo così la via all’assoluzione del Palizzolo. Questa versione, oltre ad ignorare il fatto storico di una grande manifestazione antimafia, la prima forse della storia, promossa dal partito antipalizzoliano  Renda in  Storia della mafia pag.154,  Umberto Santino antimafia civile e sociale), ed attribuire erroneamente al “sentire mafioso” dei Siciliani l’esito del processo,  non tiene conto che nella vicenda del processo per il delitto Notarbartolo, durata 10 anni, sono da tenere in considerazione  vari  fattori di natura politica e la concomitanza con importanti eventi storici. (Come fa notare Renda op.cit.paf.150 “Quando si scopre il cadavere del Notarbartolo sul treno fra Termini e Trabia, gli ospedali di Palermo sono ancora pieni dei feriti di Caltavuturo…. Non passano  che alcune settimane, e il movimento dei Fasci dei lavoratori dilaga impetuoso”  e più avanti: “Tecnicamente, fra la denuncia contro i fasci accusati di mafia e la mancata denuncia contro il Palizzolo come mandante in assassinio non vi è alcun rapporto. Nella realtà, il legame è assai profondo. Intanto per le autorità. Il clima di tensione. che subito dopo l’assassinio del Notarbartolo si instaura a Palermo, è tale che politicamente ne nasce un turbinio di situazioni difficili da classificare per ordine di importanza, chiamando magistratura e polizia a indagare contemporaneamente sulla mafia «vera» che ha eseguito l’omicidio dell’ex direttore generale del Banco di Sicilia e sulla mafia «presunta» che dovrebbe mettere a ferro e fuoco la Sicilia.). In “Il ritorno del Principe” di Saverio Lodato e Roberto Scarpinato (pag.206), leggiamo: “un eventuale condanna definitiva di Palizzolo era, dunque,incompatibile con gli equilibri politici esistenti?  Direi proprio di si.”  E ancora: “L’assoluzione del Palizzolo non era un’eccezione, ma un caso paradigmatico di quella che era la normalità” invece “ La consegna di mafiosi dell’ala militare, (ilFontana, esecutore materiale del delitto) mediante patteggiamento all’interno della classe dirigente con gli esponenti dell’alta mafia è sempre rientrata, nelle tradizioni del sistema mafioso”. (op. cit.pag.207). Il presidente del Consiglio Depretis alcuni anni prima, nell’ottica di questi equilibri politici, per mantenere un assetto di potere “che ripartisce le potestà sovrane dello Stato tra borghesia industriale del Nord e classe dirigente meridionale”  (in Il ritorno del Principe pag.202), aveva rifiutato di emanare il decreto ministeriale necessario a dare esecuzione all’articolo 7 della legge di pubblica sicurezza con il quale si disponeva che per esercitare la funzione di guardia campestre occorreva avere la fedina penale pulita. Una norma necessaria per contrastare la mafia.  A questo proposito scrive Renda (op. cit. pag 125): “Esisteva la legge , ma si faceva in modo che per legge non fosse impedito che il mafioso fosse campiere, curatolo o guardiano”. Caso emblematico del prevalere della logica degli equilibri politici era stato anche quello del procuratore generale  Tajani, del mandato di cattura da lui fatto spiccare contro il questore Albanese e degli ostacoli  e mancato sostegno che gli furono opposti dalle autorità governative locali e dallo stesso Ministero, delle sue dimissioni dalla magistratura in senso di protesta. (vedi ai nostri giorni De Magistris, Forleo, etc!).  Diceva Sciascia: “Il potere non è nel Consiglio comunale di Palermo. Il potere non è nel Parlamento della Repubblica. Il potere è sempre altrove. …...”In “Il ritorno del Principe” di Saverio Lodato e Roberto Scarpinato leggiamo: “Le imposture del potere non servono infatti solo a legittimarlo ma anche a celare la sua oscenità. Il vero potere è sempre “osceno”. Opera cioè nel fuori scena. Nel 2006 la voce della società civile siciliana riesce ad imporre nelle primarie la candidatura di Rita Borsellino. Ma la reazione dei vertici fu immediata e Rita fu lasciata priva di sostegno! (Il ritorno del Principe pag.23) Nel 2008 viene respinta a larghissima maggioranza la proposta di impedire che facciano parte  della Commissione Parlamentare Antimafia soggetti inquisiti per mafia e di detta Commissione entrarono a fare parte soggetti condannati per fatti di corruzione con sentenza definitiva. (Il ritorno del Principe pag.48). Non ci sono due Sicilie, non c’è nessun “spartiacque”: condanna di Palizzolo, assoluzione di Palizzolo, repressione dei fasci siciliani, “assoluzione” di Andreotti, Cuffaro senatore, vicenda di Rita Borsellino e quant’altro. Prevale sempre il potere osceno!  Finora!

Giuseppina Ficarra

 
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3 commenti:

  1. Lei pensa allora che non abbiamo scampo alla collusione mafiosa tra i vari poteri forti e non riusciremo ad avere mai del tutto una verità
    storica?

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  2. Penso che non ci sono le condizioni socio politiche per affermare la verità.
    Penso che un vero e sostanziale cambiamento non è nell'immediato possibile.
    Penso che l'unica opportunità sia quella di un diverso approccio educativo con le nuove generazioni; sarebbe una gran cosa se si riuscisse a spostare la barra direzzionale di qualche grado per giungere dopo lunga percorrenza ad una meta diversa da quella a cui la nostra società sembra essere condannata.
    Penso che si dovrebbe iniziare, ognuno per la propria parte, dalla comunità in cui si vive.
    Penso che Racalmuto,oggi, abbia una grande opportunità per spostare la barra. Il Commissariamento ha di fatto bloccato un meccansmo polico che garantiva lo status quo che nessuno poteva o voleva fermare.
    Tutto questo, contrariamente a quanto "si pensa", non è facile da attuare.
    Servono le migliori Persone che Racalmuto può offrire in questo momento.
    La rete contribuisce a renderne visibili alcuni; tanti altri restano ancora alla finestra.
    Spero che in questi due anni di commissariamento, con l'apporto democratico che la rete garantisce, possano essere sufficienti a convincere chi è alla finestra a scendere tra la gente per dare il proprio contributo al cambiamento.
    G. Guagliano

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  3. Qualcuno sosteneva che la Sicilia è una metafora. I mafiosi credono di comandare, ma sono semplicemente usati dai potenti, soprattutto politici. Il connubio mafia-politica è impossibile sradicarlo in questa terra e forse adesso in tutta Italia. Sino a quando ci saranno politici e partiti che inseguono i voti dei mafiosi, non c’è speranza. Ricordate quel segretario di partito che ha messo entrambe le mani sul fuoco , sull’innocenza di “vasa vasa”? Forse le ghigliottine, forse.

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