martedì 27 marzo 2012

PERCHE' DICO NO AL RICORSO


Lo scioglimento del Consiglio Comunale deve essere momento di riflessione tra le forze politiche che devono passare al vaglio critico gli ultimi vent'anni di attività. Come ho letto nell'articolo di La Licata, questa analisi già avrebbe dovuto impegnare l'intera collettività e i partiti da tempo.
Avverto nel paese un orientamento di segno opposto. Si comincia a ventilare l'ipotesi di attivarsi per proporre ricorso avverso il decreto di scioglimento.
Questa scelta è legittima ma, allo stesso tempo, sarebbe la migliore per perdere una occasione, quella di fermarsi, appunto, a ragionare. Tralascio il merito delle motivazioni, che non conosco, adottate dalla Commissione Ispettiva e l'opinione che ho della normativa che disciplina la materia, per evidenziare che il fermo necessario, di diciotto mesi prorogabili per altri sei, è da cogliere come opportunità per superare una asfittica fase politica, delineare un significativo progetto di rilancio del nostro Paese, liberando tutte le energie positive e le capacità di ripresa, in un clima di sereno confronto.
Con il ricorso è possibile passare al vaglio tutti gli eventuali punti critici del decreto di scioglimento e dell'atto presupposto (la relazione ispettiva) ma, a mio modesto parere, sarebbe opportuno, invece, che i partiti e la società civile si impegnino a scandagliare, con forte tratto autocritico, le ragioni per le quali Racalmuto, oggi, si trova ad affrontare questo momento buio. Dall'individuazione dei punti di debolezza e, poi, possibile rialzarsi più irrobustiti e così “vedremo poi se questi mali valgano per una loro propria forza o solo per la nostra fiacchezza”.

                                                                        Avv. Carmelo Brucculeri
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1 commento:

  1. Finalmente un politico serio esce dal guscio e parla l'alto linguaggio della Politica. Quella nobile, quella elaborata dal pensiero greco, il cui DNA noi racalmutesi veraci possediamo in larga misura. Politici come Brucculeri si autoflagellano come costume in certe chiese laiche. I nuovi politici, giovani e meno giovani, vecchi e restaurati, piangono o bruciano le vesti. Facciano pure e addossino agli altri le loro colpe e diassimulino le loro speranzelle di facili guadagni tra i pianti delle monache seplolte alla Badia. Ommia consumatum est! Ed a questo punto non sarò più io a fare i ricorsi che un tempo proponevo e che all'ammattonato del castello chiaramontano persino certi miei sodali politici dileggiavano. Pare che ora sull'onda di quel che trapela dalla relazione della Triade di Diomede vogliono praticare. Troppo tardi! Comunque, buona fortuna.
    Calogero Taverna

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